Quando mi sono trovato ad ascoltare questo “Inside My Mind Part I” dei BLUT sono rimasto
piuttosto spiazzato. Un lavoro che per stessa ammissione del mastermind del progetto Alessandro
Schumperlin è uno sfogo artistico che non bada a etichette e generi. Potremmo definirlo alternative
ma ci sono molti elementi classic metal, potremmo definirlo industrial per l’uso di suoni particolari
ma verremmo poi contraddetti da aperture melodiche molto efficaci.
Insomma definirlo è seriamente difficoltoso per questo non metteremo alcun voto lasciando libero il lettore di valutarlo con un suo ascolto. Quello che non è per nulla difficile è l’essere d’accordo con la
definizione di sfogo artistico libero e stravagante.
L’album si apre con “Inside The Evil“, traccia aggressiva ma pur sempre (relativamente)
melodica di cui si può visionare un lyric video su youtube ad opera di Andrea Falaschi dei
Deathless Legacy. Brano d’impatto con un mood a tratti davvero inquietante, seguito a ruota da
“Where Are They“, song cadenzata molto interessante e di presa grazie anche alla bellissima voce
di Marika Vanni degli Eternal Silence in veste di guest femminile.
“Forget Paris” è la terza traccia ed è anche il primo singolo estratto da questo album e
rappresenta il primo cambio drastico di registro poichè si tratta di un brano molto diverso, molto più
arioso e melodico, quasi pop oserei dire.
Notevole l’assolo ad opera di Davide Rigamonti, chitarra
solista dei già citati Eternal Silence di Varese.
Dopo questa apertura melodica è il turno di “They Put A Worm Inside My Head” che reputo
il brano più ostico e meno convincente del lotto. Una voce quasi recitata su una base di pianoforte e
batteria che sembra maggiormente un esperimento rispetto alle altre song. Davvero indefinibile
anche se forse questo effetto è dato dalla vicinanza con brani fuori dagli schemi ma più digeribili
come la successiva “Alice” (insieme a Forget Paris il brano più melodico del lotto ndr). Qui entra in
scena la bellissima voce di Silvia Sciacca che si contrappone al growl di Schumperlin creando
un’alchimia strana e indecifrabile.
Con “The Walking Corpse Syndrome” si torna sui toni dei primi due brani con una song
oscura, dominata da taglienti chitarre di stampo quasi classic ma con l’aggiunta di suoni elettronici e
molto oscuri a spezzare il ritmo.
Una cosa piuttosto particolare è sicuramente la struttura di tutti
questi brani, anomala e a volte spiazzante. Potrebbe essere un pro come un contro per il progetto
BLUT ma questo si potrà capire meglio seguendo l’evoluzione del loro lavoro (essendo un part I
immagino sia in previsione un secondo capitolo).
“La Via di Cappuccetto” è senza ombra di dubbio l’episodio più stravagante del lavoro, una
song veloce, quasi punk nelle sue influenze, cantanta interamente in italiano e dove si incastrano
Schumperlin con la Vanni nuovamente tra strofe quasi recitate e un ritornello di facile presa che
richiama armonizzazioni anni ’30.
Follia? Può darsi, difficile davvero da inquadrare…
L’album si chiude, quasi a voler disegnare un circolo, con “How Can I Kill Her?“, brano
cadenzato, oscuro e dominato da un’atmosfera cupa e malinconica. Tirare le somme è difficile, forse impossibile, ma sarebbe anche ingeneroso
ricevere un disco che vuole essere libero da etichette e paletti per poi rinchiuderlo in una casella di
un database musicale. Attendiamo con curiosità il prossimo capitolo per capire quale sarà la direzione
definitiva di questo strano progetto.
Consigliamo l’ascolto magari partendo dagli episodi più melodici e strutturati per poi avventurarsi (a
vostro rischio e pericolo) verso lidi più complessi.