Gli Absurd Universe in teoria sono una nuova band, in pratica sono la stessa line-up dei Sinister sotto mentite spoglie. Il genere di appartenenza è il medesimo, gli Absurd Universe si dedicano anima e corpo al death metal nelle sue sembianze crude, essenziali, spogliato da astrazioni e intellettualismi nonché da pretese estetiche e velleità artistiche fuorvianti rispetto a un genuina lesson in violence. “Habeas Corpus” è un condensato di note furibonde, ossa rotte e membra spolpate, che riecheggiano il sanguinario impianto narrativo, abbastanza singolare per il death metal; si parla infatti di corsari e dell’epoca in cui l’Olanda era una delle massime potenze mercantili, anche grazie alle navi da corsa, che depredavano a prezzo di orrendi massacri le navi battenti bandiera straniera.
A parte i temi delle lyrics, non ci sono stratagemmi volti a sottolineare una natura di concept per il disco, improntato a composizioni basilari nelle quali si possono ravvisare gli stilemi di massima del death agli albori degli anni ’90. La velocità di crociera è sostenuta ma non esasperata, la doppia cassa è bene in evidenza e non sfora mai in blast-beat incontrollati, allo stesso modo vengono concessi ben pochi cambi di tempo all’interno della singola canzone. Queste vanno dritte al punto, mirano generalmente a un ritmo da testa roteante a bordo palco senza prestarsi a grandi elucubrazioni fuori dagli schemi. Le chitarre sono a loro volta né troppo grosse né eccessivamente trancianti, piuttosto livide e scorbutiche, rozze senza sconfinare nel bieco marciume. La mancanza di coloriture specifiche nel sound, di atmosfere particolarmente enfatizzate o di prestazioni dei singoli degne di nota non deve però far pensare a una release di scarso valore. La lunga militanza sulla scena salta fuori, in questo caso l’arte di arrangiarsi con mezzi tecnico-compositivi non eccelsi sforna un lotto di pezzi divertenti e di facile presa. L’accattivante intransigenza del gruppo, truce come un manipolo di brutti ceffi riuniti al bar di un quartiere malfamato, in fin dei conti può conquistare il death metaller medio, che probabilmente non collocherà “Habeas Corpus” tra le uscite top degli ultimi anni, ma non potrà fare a meno di provare rispetto per l’operato di questi cinque olandesi.