L’ondata di reunion non tende ad arrestarsi e coinvolge anche numerose cult bands, che si rimettono assieme per la gioia di un numero di fan sicuramente non vastissimo ma più fedele di quello degli act mainstream. Fans che spesso hanno sognato di rivedere all’opera musicisti dalla carriera troppo breve e che da tempo erano dati per dispersi. I Bitter End, dopo una lontananza di quasi 20 anni dalle scene, sono tornati sotto l’egida della Metal On Metal con quello che doveva essere il loro secondo album, “Have A Nice Death!”, e sono recentemente ripartiti anche nel contesto live. Abbiamo parlato della rinascita dei thrashers di Seattle con il chitarrista Russ Stefanovich.
A più di 20 anni dalla release di quel gioiello dimenticato che risponde al nome di “Harsh Realities”, sono stato molto sorpreso di sapere del vostro ritorno sulle scene. Avevo preso il vostro disco di esordio nel 2010, seguendo un suggerimento del mio rivenditore di dischi e avevo pensato che era davvero un peccato che un album del genere non avesse avuto un seguito. Mai avrei creduto di poter sentire del nuovo materiale dei Bitter End! Come è arrivata la decisione di rilasciare il materiale inedito tramite la Metal On Metal Records e per quali motivi avete deciso di riformare il gruppo?
Stavo lavorando con la Metal On Metal Records per l’album “Sworn To The Night” dei Midnight Idols, ho fatto cenno a Jowita (Kaminska, proprietaria dell’etichetta insieme al marito Simone Peruzzi, n.d.r.) che il famigerato materiale inedito dei Bitter End esisteva davvero. Lei mi è sembrata subito interessata, così ho messo i brani sul mio server e le ho passato il link per ascoltarli, e da lì siamo partiti per arrivare poi alla pubblicazione degli stessi.
Perché non avete pubblicato “Have A Nice Death!” all’epoca? Quali problemi lo hanno bloccato? Avete cambiato qualcosa nelle canzoni rispetto a come erano state composte ai tempi?
I pezzi sono identici a come li avevamo registrati nel ‘91/’92. Nessuna variazione quindi. All’epoca ci stavamo preparando per il secondo disco, poi ci sono stati alcuni punti di conflitto con la label su come sarebbe stato gestito l’immediato futuro artistico della band. La Metal Blade ci ha lasciato liberi di uscire dal contratto e di cercarci delle alternative, ma in quel periodo l’interesse per il thrash tecnico che proponevamo noi stava scemando, per nessuna label quel genere era una priorità e così l’album non è mai uscito fino ad oggi.
Come mai interrompeste la collaborazione con la Metal Blade dopo un solo album? Che tipo di problemi erano sorti con questa casa discografica?
L’A&R (il responsabile del reclutamento dei gruppi, in pratica chi li scopre e li mette sotto contratto, n.d.r.) che aveva scritturato i Bitter End lasciò la Metal Blade solo poco tempo dopo che avevamo finito di registrare il debut. Questo ha reso difficile coordinarci con l’etichetta e comunicare con loro in maniera ottimale. La mancanza di un punto di riferimento al loro interno, di qualcuno che avesse personalmente investito su di noi, si fece sentire. Purtroppo i rapporti, dopo l’uscita di questa persona dal loro staff, non sono più stati ottimali e alla fine il rapporto con la Metal Blade si è interrotto.
“Have A Nice Death!” è abbastanza simile al primo album, ma si nota che stavate prendendo una direzione diversa, con brani leggermente più diretti e focalizzati sui chorus e su melodie che avessero un forte impatto già al primo ascolto. In che senso pensi che si sarebbe evoluto il vostro sound se la vostra carriera fosse proseguita?
Effettivamente qualche mutazione nel nostro suono stava avvenendo. Stavamo diventando in un certo senso più efficienti come songwriters: di solito il giovane musicista fatica proprio nella capacità di sintesi, tende a mettere troppa carne al fuoco, a mettere in mostra le sue capacità perdendo a volte di vista la struttura base del pezzo. Mantenere gli arrangiamenti semplici, logici, introdurre delle parti che si fanno subito ricordare non è affatto una cattiva cosa. Personalmente, credo che stessimo sviluppando uno stile più epico ed accessibile. Lo snellimento del sound ci stava portando ad avere un maggiore dinamismo, nel senso che una struttura più semplice delle composizione riusciva a sottolineare meglio certe dinamiche che una maggiore complessità poteva soffocare.
Dal lato meramente tecnico/esecutivo, ritengo che l’aspetto più interessante siano le linee di basso, molto originali e poste giustamente in risalto nel mix sia in “Harsh Realities” che in “Have A Nice Death!”. Perché avete deciso di dare così tanta enfasi al basso? Non c’erano molti gruppi all’epoca del vostro esordio che davano tutta questa importanza e questo spazio alle linee di basso e lo mettevano così al centro della loro proposta.
Chris (Fox, bassista e fondatore dei Bitter End, n.d.r.) è un bassista mostruoso, quindi è venuto naturale porre al centro dell’attenzione quello che suonava in fase di missaggio. Inoltre il suono di basso che eravamo riusciti a ottenere nelle sessions di registrazione con Jack Endino (co-produttore degli inediti di “Have A Nice Death!”) era davvero devastante, eravamo riusciti a tirare fuori proprio quello che volevamo, e sarebbe stato criminale tenerlo troppo basso nel mix.
Immagino che siate stati spesso paragonati ai Megadeth, che per molti aspetti non sono tanto differenti da voi. Come avete vissuto (e vivete) questo confronto con la band di Dave Mustaine? Quali pensi siano le differenze e quali le similitudini tra voi e i Megadeth?
Devo dire che non mi piace molto il fatto che veniamo messi a confronto con i Megadeth. Voglio dire, i primi due dischi che hanno fatto sono dei classici, non si discutono, ma nulla di quello che hanno fatto uscire successivamente mi ha mai esaltato. Ho sempre pensato che se avessero avuto un cantante veramente capace sarebbero stati molto meglio. Io sono un grande fan degli Slayer e ho sempre sperato di sentirmi dire che la nostra musica assomigliava alla loro, con la differenza che c’era Malmsteen a suonare gli assoli. Comunque il paragone è lusinghiero, Chris Poland è un chitarrista fenomenale, e da tempo ho imparato a convivere con questo accostamento stilistico.
Il crossover, quello di D.R.I. e The Accused, è stato sempre presente, in una certa misura, nel vostro sound. Vi sentite molto vicini a questo tipo di metal?
Sono cresciuto ascoltando queste band. Ho avuto la fortuna di conoscere bene i membri dei The Accused quando ero un teenager e suonavo con la mia prima band, i Morphius, loro ci hanno messo in pratica sotto la loro ala protettrice. Tommy Blaine e Alex (Sibbald, in passato bassista della formazione di Seattle, n.d.r.) sono vecchi amici che frequento ancora oggi. I D.R.I. sono stati una grossa influenza fin da “Dealing With It”, li abbiamo anche supportati nel corso del tour di “Crossover”.
La storia dei Bitter End si è sviluppata a Seattle, ma Matt e Chris (i due fratelli Fox, rispettivamente chitarrista/cantante e bassista del gruppo, n.d.r.) arrivavano dalla California. Puoi raccontarci di quando i membri del gruppo si sono incontrati e come siete arrivati alla decisione di suonare thrash metal?
Io sono l’ultimo che è entrato in formazione. Frequentavo Matt già da molto tempo prima che ci impegnassimo insieme nella band. Il gruppo in cui mi trovavo si era sciolto e il mio amico Rich dei Myra Mainz mi disse che avrei dovuto provare a entrare nei Bitter End, che avevano appena perso un chitarrista. Mi disse anche che Chris era rimasto impressionato dal mio stile quando mi aveva visto suonare a una festa poco tempo prima. Detti ascolto al mio amico, feci un’audizione con loro e alla fine riuscii a ottenere il posto. Mi ero imparato entrambe le cassette che chiedevano fossero riproposte durante le audizioni, invece di imparare solo una delle due, e potevo pure suonare diverse cose di Al DiMeola. Credo fosse sufficiente per riuscire a suonare gli assoli in una metal band.
So che Matt all’inizio non doveva essere il singer e che avete provato una soluzione “interna” perché non trovavate un cantante che potesse andar bene. Gli album prodotti hanno dimostrato che è stata una scelta azzeccata! Come siete arrivati a capire che Matt, oltre a essere un ottimo chitarrista ritmico, poteva essere il cantante adatto per i Bitter End?
Ho realmente pensato che le linee vocali di Matt andassero bene per il nostro stile durante le sessioni di registrazione con Jack Endino, per quello che sarebbe dovuto diventare “Have A Nice Death!”. Sembrava che l’esperienza del tour l’avesse migliorato molto nel cantato. A quel punto, tra l’altro, aveva pienamente accettato il ruolo di vocalist, e questo si rifletteva nel modo in cui partecipava al songwriting, alla definizione degli arrangiamenti, a come collaborava nella stesura dei pezzi. Stavamo componendo con una chiara idea del ruolo di ognuno all’interno della band e di come andassimo a definire tutti insieme la nostra identità musicale.
Che tipo di posto era “House Of Death”? Che cosa ricordi di quei giorni in cui voi e membri di altre importanti band di Seattle come Sanctuary, Forced Entry e Heir Apparent vi trovavate in quel luogo?
I cosiddetti “Brain Pain Parties” sono stati qualcosa di epico! Consumavamo tantissima birra! Discutevamo di continuo di piani di cospirazione per la dominazione del mondo e altre storie simili, e poi passavamo a mettere in atto questi piani, in un certo senso! E’ dura ricordare esattamente quello che facevamo a quei tempi, bevevamo parecchio e c’erano tanti altri ragazzi che si univano a noi in quelle folli serate.
Com’erano, e come sono attualmente, le relazioni con i gruppi più importanti della vostra città, intendo Nevermore, Queensryche e Metal Church?
Kurdt Vanderhoof dei Metal Church è uno dei tipi migliori che tu possa conoscere, e un pozzo di scienza del rock! Quando Matt e io stavamo facendo un tributo ai Thin Lizzt dalle nostre parti, si univa a noi e passavamo le ore a fantasticare sul suonare a Donington e incontrare Phil Lynott! Non vedevo granchè i ragazzi dei Nevermore negli addietro, anche se erano tra di noi in alcuni party davvero pazzeschi. Geoff Tate invece ha avuto Chris come bassista nella sua band quando ha registro il suo disco solista. Michael Wilton ha collaborato recentemente coi Midnight Idols, ha usato una loro canzone nella pubblicità della sua birra “Whip Ale”. E’ un mondo piccolo, o almeno lo è nella parte relativa a Seattle.
Cosa ne pensi dei tour che avete incontrato nella vostra carriera? Quali sono stati i momenti migliori che avete vissuto e le band con cui vi siete divertiti di più?
Io e Spike Cassidy dei D.R.I. abbiamo una stretta di mano speciale, che consiste nella stretta di mano più usata nei film western. Sembriamo decisamente buffi quando cerchiamo di farla. Direi che è la cosa più divertente che associo ai tour passati!
Che cosa è rimasto dell’entusiasmo che avevate nel periodo di “Harsh Realities”? Provate emozioni differenti riguardo alla musica dei Bitter End rispetto a 20 anni fa?
Certamente le sensazioni cambiano. Quando ci siamo allontanati tra di noi, arrivavamo da un periodo in cui avevamo lavorato molto duramente e con grande concentrazione sui Bitter End, lo split in un certo senso è stato il benvenuto. Non che i rapporti tra di noi si fossero logorati o ci fossero problemi particolari, solo sentivamo che era giunto il momento di dedicarci ad altro. Di tutti gli scioglimenti di band in cui sono stato coinvolto, questo è stato il più indolore. Ora, invece, tutto sembra nuovo e fresco come quando abbiamo iniziato. Non abbiamo magari la forza vitale di noi stessi a 21-25 anni, ma abbiamo un approccio molto più realistico su quello che dobbiamo fare e possiamo aspettarci da noi stessi.
Ti piace l’attuale scena heavy metal? Quale posto possono avere i Bitter End nella scena odierna?
Ho il piacere di dirti che sono ottimista. Negli ultimi anni abbiamo visto quello che ci piace chiamare “il ritorno della costoletta”. Credo sia una espressione che si adatti perfettamente perché a tutti noi piacciono le costolette. Prima di questa fase, mi aveva fatto storcere il naso quello che definirei “fast-food metal”, con tutte quelle band che sentivano il bisogno di ribassare l’accordatura o aggiungere una settima corda per suonare più heavy. Oppure non sopportavo gli stili emo/screamo… Fortunatamente vedo un numero crescente di heavy metal act che ci sanno fare. E’ un buon periodo per essere un metalhead!
Come ultima domanda, mi piacerebbe sapere quali sono i piani per il prossimo futuro e se avete altri progetti che state sviluppando in questo momento. In particolare, vorrei sapere se ci sono possibilità di vedervi in Europa entro l’anno o nel 2013.
Guarda, se riesci a metterci dentro nel bill di qualche festival, ben volentieri! Quest’estate (l’intervista è stata fatta qualche mese fa, n.d.r.) suoneremo nella nostra zona, quindi andate a vedere su Youtube se c’è qualcosa. Chris sta insegnando al college in Kansas, così non è facile trovarsi tutti e quattro insieme nella stessa stanza, però stiamo lavorando per non far pesare troppo questa limitazione e per poter fare quanti più live show possibili.