Credo che in pochi, prima di ascoltare “Belo Dunum – Echoes From The Past”, si aspettassero una tale armonia nella commistione fra death metal, folclore e canti di montagna. Una fusione di elementi così antitetici poteva rappresentare una sfida utopica, con molti rischi e certezze scarse sulla sua riuscita; invece, sorprendendo positivamente anche i più scettici, i Delirium X Tremens hanno sfornato un macigno death metal con poche eguali per freschezza e atipicità della musica, la cui genesi andiamo a scoprire con il bassista Pondro.
Quando è nata l’idea di dedicare un disco alle vostre montagne e allo loro storia?
Prima di tutto, grazie dell’intervista e della recensione che avete riservato a Belo Dunum – Echoes From The Past.
L’idea di far nascere un disco dedicato a Belluno nasce tre anni or sono, quando ci siamo messi a ragionare sul successore di “CreHated From No_Thing”, il nostro album di debutto. Abbiamo pensato molto a quali argomenti trattare nel nuovo album e alla fine abbiamo deciso di tornare indietro nel passato della nostra terra e di portare alla luce storie e leggende di una città che troppo pochi conoscono, Belluno appunto. Inoltre, volevamo creare qualcosa di nostro al 100% e che venisse da dentro noi stessi.
Avete dovuto affrontare un lavoro di ricerca molto lungo sulle tematiche trattate nel disco? Ci sono argomenti che avreste voluto trattare e sono rimasti fuori?
Il lavoro di ricerca è stato molto lungo ma allo stesso tempo anche molto stimolante, sono un grande amante della storia in generale e per scrivere i testi di questo disco mi sono documentato accuratamente su tutti gli argomenti perché volevo che quello che avremmo messo in musica fosse il più vero possibile.
Come ti dicevo, per me è stato un piacere andare a scoprire eventi e storie ce conoscevo solo superficialmente o che non conoscevo proprio. Gli argomenti che sono rimasti fuori sono molti, ma non preoccupatevi, li tratteremo nel successore di Belo Dunum.
Avete mai avuto paura di snaturare la vostra anima death metal, dovendo accorpare nel vostro sound originario elementi sicuramente fuori dai canoni e legati ad ambiti musicali abbastanza lontani dal vostro?
I brani sono nati in modo molto naturale e mentre li componevamo e arrangiavamo ci rendevamo conto che era esattamente così che dovevano suonare, non ci siamo fatti molte domande in fase di composizione e siamo andati avanti a comporre qualcosa che ci soddisfacesse al 100%.
Quando il disco è uscito abbiamo pensato a quali sarebbero stati i commenti della gente ma al vedere le prime reazioni abbiamo capito subito che la strada che avevamo scelto di percorrere era quella giusta.
Come siete entrati in contatto con lo scrittore Mauro Corona? Oltre alle affinità concettuali, avete trovato in lui anche un appassionato metallaro?
Melissa e Marianna, le figlie di Mauro, da molti anni sono delle ottime amiche e ci seguono spesso.
Quando abbiamo pensato ad una collaborazione è stato quasi naturale rivolgerci a lui, è un grande scrittore e un vero uomo di montagna, sapevamo che ci saremmo trovati sulla stessa lunghezza d’onda, sono bastate due parole per spiegargli cosa stavamo componendo e lui ci ha scritto la meravigliosa poesia che c’è nel booklet.
Non credo che sia un metallaro ma è un uomo che apprezza la cultura e l’arte a 360 gradi e anche per lui è stato un piacere collaborare con noi.
Nonostante ci siano molte parti corali, voci pulite e l’uso di strumentazione non metal, oltre che atmosfere distanti dall’immaginario truculento del death, ritengo che “Belo Dunum” resti un disco fortemente metallico e assolutamente brutale. Immagino, però, che non tutti siano d’accordo su questo e abbiate ricevuto anche alcune critiche: sono state tante? Quali sono stati i principali motivi di mancato apprezzamento del disco?
Guarda, se posso essere sincero fino ad ora nè da parte del pubblico nè da parte degli addetti ai lavori abbiamo ricevuto nessun tipo di critica, anzi, tutti hanno apprezzato il nostro lavoro ed elogiato la nostra ricerca a livello sonoro e anche concettuale.
“Artiglieria Alpina” è interamente cantata in italiano. Come mai avete limitato questa esperienza solo a questo brano, e in poche altre strofe all’interno del cd, invece di usare il nostro idioma in tutto l’album? Pensi che userete ancora di più l’italiano in futuro?
Ti dico fin da subito che useremo l’italiano anche in futuro, così come anche il dialetto che puoi già trovare anche in Belo Dunum.
“Artiglieria Alpina” abbiamo deciso di cantarla interamente in italiano perché non c’è una parola inglese che possa identificare l’Alpino in modo così esatto come in italiano. Per il resto abbiamo comunque voluto usare l’inglese per un fatto di maggior accessibilità a tutti, anche fuori dall’Italia, e anche perché l’inglese è più facile da utilizzare all’interno della metrica di un cantato.
Nel libretto abbiamo però voluto mettere le traduzioni integrali dei testi in italiano in modo da permettere a chiunque di capire a fondo il concept e le storie narrate nelle varie canzoni.
La copertina è sicuramente spiazzante, con voi quattro in abiti tradizionali usati in passato nei vostri luoghi di origine. Avevate altre idee per la cover? Perché alla fine avete scelto questa foto?
Quando abbiamo fatto le foto per il disco e abbiamo visto quella che poi è diventata la copertina abbiamo capito subito che sarebbe finita sulla cover del disco. L’immagine rappresenta noi che scrutiamo le montagne e ne ascoltiamo il canto traendone l’ispirazione per comporre la nostra musica.
Quanto è cambiato il vostro sound dal primo disco ad oggi? Quanto c’è dei Delirium X Tremens di “CreHated From No_thing” in “Belo Dunum”?
Beh, c’è moltissimo di quei Delirium X Tremens in “Belo Dunum”!
“Belo Dunum…” nasce da dove “CreHated…” si era interrotto e ne è l’evoluzione sia a livello musicale sia a livello di testi. Il concept di “Belo Dunum…”si riallaccia a quello del predecessore in quanto con CreHated…” parlavamo di come l’uomo utilizzi la tecnologia a scapito della natura e degli altri uomini per raggiungere il potere, in “Belo Dunum…” siamo voluti tornare indietro e raccontare di un periodo dove la tecnologia era meno evoluta, dove la vita era più difficile ma anche più vera e l’uomo rispettava l’ambiente in cui viveva, i suoi ritmi e le sue leggi.
Credi ci siano altri gruppi che possano essere accostati a voi per come fate interagire death metal e suoni folcloristici?
A livello di death metal, sinceramente, credo di no, o per lo meno io non conosco altre band che lo fanno, anche se magari ci sono. A livello di black metal questa commistione è più usuale, basti pensare a band come gli Enslaved (in “Eld”) o ai Rotting Christ, che negli ultimi dischi hanno largamente usato strumenti tipici delle loro terre.
Cosa inusuale per una metal band, vista la nomea che il genere si attira normalmente a livello di opinione pubblica, avete avuto per “Belo Dunum” il patrocinio della Provincia di Belluno. Come siete riusciti ad avere una “sponsorizzazione” istituzionale?
Conosciamo da anni l’ormai (purtroppo) ex presidente della provincia Giampaolo Bottacin, visto che Ciardo, il nostro cantante, aveva avuto modo di lavorarci assieme tempo addietro.
Quando abbiamo composto il disco abbiamo pensato che sarebbe stato un onore per noi ricevere il patrocinio da parte della provincia di Belluno, abbiamo provato a sottoporre il progetto direttamente al presidente il quale, pur non amando per nulla il genere, ha riconosciuto nel nostro disco un’opera di valorizzazione del territorio e quindi ci ha concesso il patrocinio.
Per noi è stata davvero una grossa soddisfazione vedere riconosciuto il valore artistico della nostra opera anche a livello istituzionale.
Ho letto in generale recensioni entusiaste per “Belo Dunum”. Te ne ricordi una in particolare che ti ha colpito? Cosa ti piace che sia stato sottolineato della vostra proposta?
Tutte le recensioni mi hanno colpito ed entusiasmato, sono la benzina che ci fa andare avanti, assieme al supporto del pubblico, in un ambiente nel quale è difficile raccogliere soddisfazioni, soprattutto in Italia.
Mi piace che tutti i recensori abbiano colto il messaggio che volevamo trasmettere, sia musicalmente che concettualmente, e non si sono fatti influenzare dall’aspetto esteriore delle cose ma sono andati molto a fondo nell’opera.
Il breve pontificato di Papa Luciani, miti e leggende del passato, la guerra in montagna durante il conflitto del ’15-’18, il disastro del Vajont: oltre al motivo geografico, pensi ci possa essere qualche altro elemento comune tra queste vicende?
Sostanzialmente, dietro ad ognuno di questi eventi c’è la mano dell’uomo, la sua sete di potere, la voglia di prevaricare tutto e tutti, sia altre persone che la natura.
L’uomo è sempre causa delle proprie disgrazie e dei propri eventi tragici e sembra però cieco di fronte a questo e difficilmente trae insegnamento dalle lezioni impartite dal passato.
So che siete confermati per il Tattoo Deathfest, il più importante evento in Italia dedicato al brutal death. Ci sono altri appuntamenti programmati? Riuscirete ad approdare a qualche festival estero?
Siamo molto contenti dell’invito di Clod al Tattoo Deathfest del 26 Maggio, che sappiamo essere un ottimo festival, inoltre abbiamo una serie di date confermate, che sono le seguenti:
24 Febbraio – Revolver Club a San Donà di Piave (VE) con Fleshgod Apocalypse
25 Febbraio – Gasoline di Spini di Gardolo (TN) con KLL e Narkan
10 Marzo – Bressanone con Dark Season e Blood Edition
14 Aprile – Midnight Club a Milano con Kaiserreich, Dark Season e altri
26 Maggio – Tattoo Deathfest
29 Giugno – Sun Valle Metal Fest a Gallio (VI) con White Skull, Sadist, Cadaveria e altri
Abbiamo un bel po’ di date confermate insomma.
Per l’estero ci stiamo lavorando e speriamo di poter suonare a qualche festival prossimamente.
Per chiunque volesse seguirci dal vivo trova tutte le date aggiornate in tempo relae sul nostro sito ufficiale www.deliriumxtremens.com