Sciolti i Fire Trails, il talentuoso chitarrista Steve Angarthal si è un po’ eclissato dalle scene, ma ora ritorna prepotentemente col suo nuovo progetto solista, i Dragon’s Cave, il cui primo disco “Elektro Motion” si distingue per il gran gusto chitarristico e il valido songwriting. Ce ne racconta la genesi, con grande entusiasmo, Steve in persona.
Quando è nata l’idea di questo nuovo progetto?
L’idea del progetto è nata poco dopo aver realizzato “Third moon” con i Fire Trails; sebbene fossi entusiasta del lavoro che stavamo facendo, sentivo la necessità di far capire che il mio modo di intendere la musica era più ampio e non vincolato al metal. All’inizio questo progetto sarebbe dovuto uscire come side project, ma quando l’avventura Fire Trails è finita ho deciso che questo sarebbe stato il mio cammino al 100%.
Il materiale scelto per il primo disco deriva solo da quello che hai scritto ultimamente, o ci sono cose che arrivano da molto lontano nel tempo?
Il materiale è effettivamente derivante da momenti diversi; per farti un esempio, “Out There” è un brano che avevo scritto intorno al 2002, mentre “ A New Beginning” è più recente. Il fatto di aver lavorato in maniera più rilassata del solito (non mi sono chiuso in studio per un mese, per intenderci), mi ha dato la possibilità di curare tutti i dettagli ed infine di interpretare tutta la musica con la sensibilità e la consapevolezza maturata fino ad oggi. Mi sono ritrovato a vivere e percepire quindi anche i brani più vecchi come se fossero appena stati creati e devo dire che questo cosa mi ha dato molta adrenalina e gioia nel sentire il risultato!
Come mai è finita l’avventura con Pino Scotto nei Fire Trails? Cosa ti ha dato questa esperienza?
La mia presenza nei Fire Trails aveva iniziato ad essere un po’ precaria dopo la nascita di mia figlia e la mia assenza all’interno della band ha iniziato a farsi sentire anche nell’equilibrio del gruppo. La forte attività live unita a dinamiche relazionali un po’ difficili ha segnato la stabilità del progetto. A questo si sono unite la volontà di Pino e la mia a voler dar vita ai nostri progetti solistici, così sebbene avessimo già scritto il terzo album, abbiamo deciso di non continuare. E’ stata un’esperienza molto importante per me, forse mi sarebbe piaciuto poterla vedere crescere ancora un po’ , ma la vita ogni tanto chiede i suoi sacrifici…
E’ un disco quasi da solista questo, oppure è concepito dalla band nella sua interezza? Quanto spazio hanno gli altri musicisti nella stesura dei pezzi?
E’ sicuramente un disco solista, sebbene abbia voluto creare una realtà di gruppo per supportarlo. La musica è stata scritta e arrangiata interamente da me; tuttavia ho lasciato margine di interpretazione e intervento agli altri musicisti e il loro lavoro è stato sicuramente vitale per il progetto!
Perché hai tirato in ballo il Drago e la sua caverna? Suona forse come una riscoperta di qualcosa tenuto nascosto per molto tempo e che ora intendi svelare al mondo?
Non l’ho mai pensato in questi termini, ma forse mi hai letto nel profondo! Per certi versi credo che una parte di me la vedesse in questo modo, ero comunque affascinato dall’immagine della dimora del drago come un luogo magico e misterioso. Così ho iniziato ad usarla prima come una sezione del mio sito web e più avanti l’ho fatta diventare il nome del mio progetto.
Ho notato che anche i pezzi strumentali riescono ad avere la forma della canzone e non dello sfogo solista. Come cambia l’approccio al pezzo con o senza le parti cantate?
Per me musica cantata e strumentale non devono mai perdere la comunicabilità e devono essere in grado di raccontare una storia e trasmettere emozioni intense. Anche quando mi lancio in improvvisazioni folli sulle corde non lo faccio mai per fare del circo ma perché credo nella musica e lascio che prenda vita attraverso di me.

Come ti trovi nel ruolo di cantante? Ti senti completamente a tuo agio oppure hai meno sicurezza rispetto a quando suoni la chitarra?
Mi diverto molto in questa nuova veste! Effettivamente non ho la stessa preparazione che ho sulla chitarra ed è per questo che ora studio più la tecnica vocale di quella chitarristica. Mi piace mettermi in gioco e provare il brivido della sfida, la conoscenza della musica mi aiuta comunque sempre a reggere il forte impegno che devo mettere sul palco per suonare e cantare contemporaneamente.
Come chitarrista, quali sono i tuoi maggiori punti di riferimento? Secondo te, quali sono le doti che distinguono un chitarrista bravo, ma nella norma, da un vero asso dello strumento?
I maggiori punti di riferimento sono Blackmore e Malmsteen; sono poi sempre più affascinato da quello che sta facendo Steve Vai. Però ad essere sincero non sono da meno per me Hendrix, Page, Clapton, Satriani, Michael Hedges o Robben Ford. Tutti loro sono caratterizzati da una cosa: sono unici e trasmettono qualcosa di speciale in ogni nota che suonano!
Qual è stato finora, in carriera, il disco che ti ha dato più soddisfazioni?
Non vorrei sembrarti retorico, ma è proprio “Elektro Motion”!
Oltre ai Dragon’s Cave, c’è qualche altro progetto a cui stai lavorando?
No, ora sono completamente dedicato ai Dragon’s Cave anche se ho un po’ di idee che mi frullano nella mente in questi giorni…. La voglia di fare non mi abbandona mai!
Se dovessi descrivere te stesso come musicista con tre aggettivi, quali useresti? E per i Dragon’s Cave, invece?
Come musicista mi descriverei appassionato, accurato e onesto, i Dragon’s Cave come band la definirei intensa, entusiasmante e dedicata.
Ci saranno possibilità di vedere i Dragon’s Cave dal vivo a breve?
Ci stiamo impegnando molto per poter suonare live, invito chi organizza eventi e programmazioni live di invitarci e noi saremo pronti a dare uno show ineccepibile e unico!