A conclusione di una performance di alto livello, come è normale aspettarsi dai Labyrinth, all’Onirica di Parma, i disponibilissimi Roberto e Olaf, ci hanno parlato del loro ultimo cd, raccontandoci qualcosa di se stessi come band, con qualche richiamo al loro passato e qualche anticipazione sul loro futuro..
A livello di pubblico, come è stato accolto il vostro ritorno sulle scene con il cambio di line-up?
Roberto: Nonostante possa accadere che ci siano sempre dei problemi di fondo, dato che viviamo nel Paese in cui per partito preso le cose non vanno mai bene, abbiamo uno zoccolo duro di fan che ci segue da anni. Siamo andati avanti e il nostro ritorno sulle scene è stato accolto complessivamente molto bene. Siamo già al lavoro ad un nuovo album che è quasi pronto e che sarà diverso dagli altri, ma avrà comunque elementi caratteristici del nostro stile.
Parliamo di “Return to Heaven Denied part.2”. Da cosa nasce l’idea di questo album, quali sono i punti di contatto con Return to Heaven Denied e in quali aspetti a tuo parere il nuovo album si è evoluto rispetto al precedente?
Roberto: É tutto nato per gioco, da un’idea semplicissima: ci siamo ritrovati a bere qualcosa tra di noi e abbiamo ricominciato a pensare di creare qualcosa di nuovo insieme. Tutto sommato era possibile aspettarsi un flop da un progetto come questo, come ogni volta accade quando si vogliono proporre dei sequel. Eppure “Return to Heaven Denied part 2” non è uguale al primo capitolo, perchè parliamo comunque di un album del 2010: senza dubbio riprende degli elementi di “Return to Heaven Denied” ma dal 1998 – anzi dal 1997, quando lo registrammo – sono passati tanti anni..
…è inevitabile il sopravvenire di un’evoluzione..
Roberto: Esatto, è fisiologico che ci sia. Ci si evolve nel modo di comporre, nel modo di cantare; compatibilmente con il fatto che a livello di concept si tratta comunque di un sequel che parla di una storia d’amore tra una divinità e un essere umano, una favola che non si è conclusa in “Return to Heaven Denied” e che si è conclusa, diciamo più o meno, nel secondo capitolo. Non credo che esisterà una terza parte: il nuovo album avrà un nuovo nome e non tratterà temi di amore impossibile. La saga, se così vogliamo chiamarla, si è conclusa. Quello che accadrà è tutto da vedere e – in realtà – non lo sappiamo ancora.
Qual è la canzone a tuo parere più rappresentativa di “Return to Heaven Denied part 2”?
Roberto: Ce ne sono tante, ma a mio parere quella che ha più impresso il marchio di fabbrica “Labyrinth” è “A Chance”: cavalcata, tempi dispari, doppia cassa, improvvisa frenata con il ponte. È una canzone che ha in sé tutto quello che questa band sa esprimere nell’ambito del suo genere: c’è un po’ tutto, diciamo così.
Con 7 album all’attivo immagino stia iniziando a diventare difficile la scelta dei brani per i live…
Roberto: Sì anche perché comunque dopo il recupero di formazione non è nemmeno facile scegliere di suonare brani tratti da “Freeman”, da “Six Days to Nowhere” o da “Labyrinth”, dove non c’era Olaf, che comunque non ha certo problemi ha suonare pezzi di album in cui lui non era presente. Ad esempio ultimamente non abbiamo usato quasi mai nei live pezzi di “Six Days to Nowhere”, ma contiamo comunque di farlo in futuro.
Da cosa è nata la scelta della cover di “You Don’t Remember, I’ll Never Forget” di Malmsteen e, al di là del vostro rapporto, da cosa è scaturito il coinvolgimento di Irene nel duetto dell’altra bonus track presente nell’edizione giapponese?
Roberto: Per quanto riguarda Malmsteen l’idea è nata assolutamente d’istinto: ci siamo detti da subito “facciamo quella”, e così è stato. Si tratta poi di un brano incentrato sul tema dell’amore e che aveva un significato attinente alla tematica del disco, e perciò poteva tranquillamente rientrare nel concept.
L’idea della versione acustica di “A Midnight Autumn’s Dream” con Irene invece è nata da Olaf, io non ci avevo pensato affatto, e a partire da questa sua idea abbiamo realizzato la ballata di getto, anche lì per caso, senza nessuna premeditazione.
Come vi rapportate alla critica musicale? Quanta attenzione prestate e quanto peso date a una recensione o ad un voto?
Olaf: Non prendiamo in considerazione questi aspetti più di tanto. Anche perché nel tempo sono cambiate molte cose in questo senso: mentre prima c’erano dei giornalisti che facevano un determinato mestiere, oggi purtroppo in alcune riviste e webzine accade che ragazzini di 15 anni – con tutto il rispetto per i ragazzini di 15 anni – che non hanno competenza in questo settore, possano scrivere qualcosa che vada successivamente a influenzare inevitabilmente il lettore. Non lo trovo sensato, ed è qualcosa di brutto.
Esiste qualche fonte da cui traete ispirazione per la composizione dei vostri brani?
Olaf: In realtà no, non funziona in questo modo. Ormai è da molto tempo che suoniamo, sono passati tanti anni da quando abbiamo iniziato a comporre, e abbiamo elaborato nel tempo un certo modo di scrivere. Possediamo un certo gusto musicale. Questo non vuol dire che la composizione avvenga sempre in modo naturale, però grosso modo sappiamo già ancor prima di scrivere quello che vogliamo andare a fare, perché è in quello che noi ci identifichiamo. Dopo 15 anni che una band suona insieme sa che ciò che va a creare è un qualcosa di ben definito. E non è questione di essere scontati o meno. Facendo un esempio banale, gli Iron Maiden hanno quel suono ben determinato, e credo che non sarà mai possibile che in futuro possano avere un suono alla Pantera. Per noi, nel nostro piccolo, vale un po’ lo stesso discorso: abbiamo, cioè, un’identità, che non è voluta, della serie “suoniamo quel tipo di musica perché lo abbiamo programmato”. Semplicemente, noi suoniamo proprio perché è quello il tipo di musica che ci piace suonare.
Qual è stata l’esperienza live che più di tutte vi ha entusiasmato nella vostra carriera?
Olaf: Ce ne sono state davvero molte: dal concerto con i Dynamo nel 1999 a Plaza de Toros in Spagna, al Wacken, alla data di Codroipo con gli Iron Maiden l’anno scorso.Sono stati tanti i concerti che ci hanno entusiasmato, tutti diversi tra loro, ognuno con le sue peculiarità.Tutti bellissimi ricordi. Tra tutte forse il migliore è stato quello assieme ai Dynamo: era il primo anno in cui facevamo cose importanti, e suonare davanti a migliaia di persone mentre sull’altro palco smontano i Metallica,vedere così tanta gente che conosce e canta i tuoi testi, a quell’età è assolutamente stimolante. Oggi, dopo quindici anni è più difficile emozionarsi. All’epoca eravamo più ingenui e quelle erano le prime emozioni, le più importanti. Anche gli ultimi concerti sono stati molto significativi, ma con un valore differente. Le esperienze le gusti diversamente a seconda dell’età: nel 1999 avevamo meno consapevolezza, eravamo più “scemi” in senso buono. Oggi forse manca un po’ la spensieratezza, la freschezza mentale di un tempo. Continuiamo a vivere al meglio tutto ciò che facciamo, ma ce lo godiamo in un altro modo. Insomma, passano gli anni e anche le emozioni cambiano.
Nella quotidianità che musica ascoltate? Quali sono i brani presenti nel vostro lettore mp3?
Olaf: Nel mio c’è principalmente musica classica e pop anni 80. Assolutamente non c’è metal.
Roberto: Guarda prendo l’I-pod e te lo dico subito leggendo sul display: Deep Purple, Elio e le Storie Tese, Porcupine Tree, che io adoro, Queen, Police…E anche a me piace molto la musica classica. Per quanto riguarda il metal sono legato a quello del passato. Non ricordo di aver comperato un disco metal in questi ultimi dieci anni, mi spiace dirlo e non voglio fare lo snob, ma questa è la verità. Sono legato all’hard rock e al metal degli Iron Maiden, dei Queensryche e di ciò che ha quell’impronta.
Quando vi siete resi conto per la prima volta di aver raggiunto dei livelli professionali in ambito musicale?
Olaf: Sicuramente la prima volta che abbiamo suonato al Gods of Metal. Il nostro album sarebbe uscito il giorno successivo e stranamente, nonostante non ci fosse ancora internet, la risposta già fu notevole, chi c’era se lo ricorderà. In generale la sensazione di aver raggiunto musicalmente un livello professionale ci ha accompagnato durante tutto quell’anno; e poi ci sono stati i tour con gli Hammerfall e con i Dynamo di cui parlavo prima. Quello è stato il momento in cui ci siamo accorti che effettivamente qualcosa era successo.
Quali sono i vostri prossimi passi? Avete pensato di dare alle stampe un cd o un dvd live?
Olaf: Per ora stiamo lavorando al disco nuovo e quella è la nostra priorità. Per quanto riguarda il dvd live, ci abbiamo pensato, ma non vogliamo rischiare di realizzare un prodotto con un basso livello di qualità. Sarebbe necessario che vi fosse una situazione adeguata a livello di palco…e soprattutto la questione principale riguarda i soldi. Il problema dei costi alti dei dvd è il fatto che oggi con la pirateria difficilmente si giustifica una spesa del genere. Al di là di alcune frasi dette dal chitarrista degli Antrax, che non condivido, il senso del suo discorso in generale sta nel fatto che la pirateria sta uccidendo le band, che si trovano a non avere più il budget per produrre lavori di un certo livello: ed è assolutamente vero. Ci sono persone che sostengono che le band vogliano solo fare soldi e che chi ascolta musica abbia il diritto di scaricare. Premesso che ognuno ha il diritto di fare quello che vuole, deve però poi accettare la conseguenza del fatto che più la gente scarica e meno i musicisti hanno a disposizione soldi per poter lavorare maniera adeguata. Già anni fa un dvd live vendeva meno del normale. Adesso assolutamente non ci si può più permettere di realizzarlo. Un dvd costa in media 10.000 euro e per una band come noi – che non siamo gli Iron Maiden – diventa difficile decidere di spendere una cifra simile, per poi vedere il dvd il giorno dopo su YouTube.
Partecipate tutti alla composizione dei brani o le idee principali arrivano solo da alcuni di voi?
Olaf: Negli anni abbiamo imparato che lavorare insieme ha sicuramente una sua poesia, ma nella realtà non è possibile, almeno allo stadio iniziale. Inizialmente il nucleo principale sono le due chitarre e la voce, come in ogni band heavy metal, è ovvio che poi chiunque diventa fondamentale. A volte Andrea, che è un tastierista, scrive un brano e noi aggiungiamo le chitarre, ma anche in quel caso lui compone un brano e poi noi ci lavoriamo. Il problema è che purtroppo trovarsi a lavorare in cinque o in sei in sala prove non è fattibile: è molto più semplice trovarsi in tre, a casa, con una sigaretta e una birra per riuscire a tirare giù meglio le idee. Magari poi di dieci idee che ti erano venute in mente te ne rimane una..ma se fossimo in sei a doverci coordinare, non finiremmo più.
Quali sono i vostri progetti a breve termine? Vi rivedremo presto dal vivo?
Olaf: Qualche concerto in programma lo abbiamo. C’è da dire che abbiamo da poco concluso un tour con più di quaranta date e il problema per noi di riuscire a suonare spesso live non riguarda tanto l’età – non siamo vecchi, ma ormai i 35 anni li abbiamo superati – quanto gli impegni. Io insegno in una scuola rock e sono insegnante in due elementari, Roberto insegna canto, Alessandro insegna batteria…diventa veramente difficile riuscire a realizzare ogni cosa al meglio. Ci piace davvero suonare ma per farlo dobbiamo continuare a provare e a tenere alto il livello del materiale che offriamo. Fare molti concerti porterebbe a fare uscire il nostro prossimo disco tra molto tempo: e allora abbiamo fatto delle scelte. Parlando sempre di impegni, io personalmente suono anche nei Vision Divine. A questo si aggiunge il fatto che se non avessimo fatto quaranta date in Europa, sicuramente ne avremmo fatte di più in Italia, e comunque prossimamente faremo, come stasera, qualche data, qui in Italia, più mirata. La priorità per adesso l’abbiamo data al nuovo album. E poi per una band suonare tutte le sere diventa controproducente: è meglio fare poche date così la gente che vuole venirci a vedere ci viene, senza avere scuse del tipo “tanto suonano sabato prossimo”. Questa secondo noi è la formula migliore.
Qualche pensiero finale?
Olaf: Non sono bravo in queste cose. Potrei dire “grazie a tutti quelli che ci seguono..” ma preferisco dire qualcosa di diverso. Il messaggio che vorrei dare riguarda il fatto che nel 2012 la musica è diventata molto digitale e che si è persa la concezione del cd fisicamente inteso, quello che puoi tenere in mano. E tutto ciò ha creato di conseguenza un usa e getta esagerato. Posto, come ho detto prima, che ognuno è libero di fare ciò che vuole, io posso solo invitare i ragazzi, anche se non hanno molti soldi, a provare cosa significhi avere il cd tra le mani, con il libretto e i testi, andare al concerto e farselo firmare: è un ricordo che rimane. Un po’ come i libri che si mettono nella libreria. Oggi con l’avvento del digitale conosco persone che hanno hard disk da mezzo tera e che non ascolteranno mai tutti quei giga di musica che hanno scaricato..e se li ascoltaranno, il giorno dopo se li saranno dimenticati. La sacralità di una volta di scartare il proprio vinile dopo avere anche aspettato mesi che uscisse, non c’è più. Non è una cosa che dico semplicemente per interesse mio, per vendere più dischi, è un consiglio che do ai più giovani: provatelo, perché avere il cd originale è veramente un’altra cosa.