Mitragliate metalcore in arrivo da Roma. Dall’hinterland della capitale, arrivano con fare minaccioso i The Nosebleed Connection, combo dedito alla versione meno edulcorata e più violenta del genere più in voga tra le nuove generazioni di metallari. Tra tanti pischelli chiassosi e dalla poca sostanza, fa piacere ascoltare una band come questa, ancora in cerca di un precisa personalità, ma perlomeno poco propensa ai compromessi e rivolta a tirare fendenti che, statene sicuri, qualche vittima l’hanno già fatta.
Sono passati 5 anni dal precedente “Hate For Free”, cos’è successo nel frattempo al gruppo e che strada ha preso il vostro sound?
Durante questi 5 anni è successo un po’ di tutto e d ovviamente il sound ne ha risentito a mio parere in maniera del tutto positiva. Abbiamo deciso all’unanimità di indurire il suono il più possibile, abbiamo dato sfogo a tutte le nostre oscurità e questo ha fatto sì che il disco nuovo sia più incazzato, diretto e con meno fronzoli del precedente.
Abbiamo totalmente eliminato le parti elettroniche lasciando solo un paio di synth per dare atmosfera e basta.
Avete un nome molto duro, perché questa scelta?
Il nome della band nasce da alcune strane cose che ci sono successe e che abbiamo fatto succedere negli anni passati…mi fermo qui!
In che cosa Dio è perdente, dove ha sbagliato?
Ve lo devo dire io? Non vi basta guardarvi intorno?

Il disco suona molto bene, avete dovuto spendere molto tempo in studio per ottenere un sound di questo livello?
Il tempo impiegato è stato parecchio, forse anche troppo, il disco ha avuto una gestazione di 10 mesi, ma direi che siamo riusciti ad ottenere il massimo dai mezzi che avevamo a disposizione.
Dopo parecchi problemi che abbiamo avuto durante le registrazioni abbiamo cambiato studio e ci siamo messi nelle mani di Victor Love che ha il merito dell’alta qualità del disco.
I cambi di line-up quanto hanno influito sulla spinta evolutiva della band?
Più che di cambi line-up nel nostro caso si parla di allontanamento di elementi che frenavano non poco la volontà della band chi a livello di impegno, chi a livello di vera e propria tecnica. Da questo discorso escludo Leandro (ex-bassista) che ci ha lasciato per motivi di lavoro. Concludendo ogni persona che rimane nella band o che arriva ha con sé un bagaglio di influenze a cui non si può non dare peso, quindi è normale che tutte le evoluzioni hanno avuto una rilevanza notevole.
Nella vostra musica c’è molto hardcore, chi sono i gruppi di questo genere che vi hanno ispirato maggiormente?
Noi veniamo tutti da una passione smodata per band che hanno influenzato il panorama musicale degli anni 90 (Machine Head, Slayer, Sepultura) ma anche da band che hanno fatto della semplicità e dell’essere diretti un modo di suonare.

Perché la scelta di autoprodurvi il disco, invece di accasarvi in qualche casa discografica come per l’album d’esordio?
Basta “etichette discografiche”, le virgolette sono una risposta più che eloquente.
C’è una canzone di “God, The Loser” che è in grado di sintetizzare il pensiero dei The Nosebleed Connection?
Credo che la title-track sia l’emblema del nostro sound: velocità, schiettezza e impatto tutto condito da un testo che va a rendere il tutto veramente PESANTE.
Leggo nella bio che riuscite ad avere un’intensa attività live, qual è la band con cui vi siete trovati meglio e la data che vi ha dato più soddisfazioni?
I concerti in cui siamo stati bene sono stati parecchi, ma dei recenti ho un bel ricordo di una data al Traffic di Roma, di Martedì sera, con i calabresi Zora.
Nessuno si aspettava molto da quella serata, soprattutto perché era di Martedì ed invece c’era la fila per entrare e dentro era tutto pieno. Fantastico!
Com’è il vostro rapporto con Roma? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa città per l’attività di una band?
Mah, noi non siamo di Roma città, ma della provincia, quindi Roma la viviamo meno da vicino anche se la maggior parte dei concerti li facciamo lì. Roma è una città strana che sente molto l’influenza delle mode, quando nel 2001 abbiamo iniziato se non facevi hardcore non ti cagava nessuno per esempio, ora per fortuna la “moda” si è leggermente spostata verso un genere più simile al nostro. Concludendo: mancano i locali, questo adesso come adesso è il peggior difetto di Roma.
Negli anni di attività della band, sono state più le gioie o le delusioni?
Sicuramente le gioie, se avessero prevalso le delusioni non sarei ora qui a parlare con voi.
Ciao e Grazie.