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The Sixxis – Vladdy Ishkakov, Paul Sorah

La location di Veruno, negli ultimi anni, è diventata una tappa fondamentale per tutti gli amanti del prog in tutte le sue salse…In occasione del concerto degli Spock’s Beard, abbiamo modo vedere dal vivo e intervistare i The Sixxis, band che supporta il combo prog/rock in questa calata europea. Al microfono, il mastermind Vladdy Ishkakov e il chitarrista Paul Sorah, ottimi e simpatici interlocutori ma non ancora troppo ‘abituati’ a questa parte (noiosa, a tratti) di quel mestiere tanto agognato chiamato ‘musicista’. A voi le loro parole:

– Ciao ragazzi. Benvenuti in Heavyworlds.com!!! Allora come va? Siete ancora ansimanti e sudati dalla performance a quanto vedo!!!

Paul: Sudato è a dir poco, è stata dura sul palco oggi, fa molto caldo qui (RIDE)! Ma siamo in un bel posto davvero, una città piccolina ma immersa nel verde…il tour è appena iniziato, quindi tutto procede a meraviglia.

– Partiamo a parlare di “Hollow Shrine”, il vostro nuovo album in uscita…vi va di presentarcelo?

Paul: Certamente! “Hollow Shrine” rappresenta la nostra prima creatura discografica come band vera
e propria; è quasi un’emozione per noi a dir il vero…Vladdy scrive riffs e melodie davvero accattivanti, tante idee sottoforma di scheletri che sottopone al nostro giudizio; poi tutti assieme partiamo a lavorarci, a cercare degli arrangiamenti che facciano filare la canzone e infine proviamo a vedere come viene. E’ interessante come le nostre idee si incastrino e diano vita a songs davvero ‘cool’. Essere poi immersi nella produzione del disco è uno step ancora più affascinante, perché puoi davvero apprezzare come tutto prende forma. Penso che abbiamo creato un ottimo disco, visto anche dai riscontri delle varie community sul web e questo ci invoglia a migliorare sempre più.

– Se prendiamo la tracklist e la esaminiamo, troviamo “Dreamers” che è epica e cupa, “Long Ago” e
“Nowhere Home” che spaziano nel rock americano fino ad arrivare a “Weeping Willow Tree” che è puro
country…in che modo riuscite a sviluppare e a combinare tutti questi elementi senza farli collidere?

Vladdy: Beh, è un po’ complicato da spiegare…in primis, posso dirti che parte del merito è di David (Bottrill, il produttore); siamo arrivati da lui con quindici canzoni e gli abbiamo espressamente chiesto quali, a suo parere, potessero andare sul disco…quando abbiamo condiviso i punti di vista, la nostra scelta e la sua era quasi combacianti, per cui non c’è stato molto da discutere. Abbiamo scelto il materiale migliore, non importa a quale genere possa far riferimento, e gli abbiamo dato la figura che ora si può ascoltare da cd. Se parli di songwriting, beh, scriviamo quello che ci sentiamo senza porci particolari limiti.

– Fiore all’occhiello di “Hollow Shrine” sono le linee vocali e gli arrangiamenti nei cori…come strutturate il lavoro per riuscire a combinare i diversi tipi di voci inserite nel disco?

Vladdy: Quando creo una canzone non cerco solo l’arpeggio migliore o il riff più adeguato, ma provo
a far sposare tutti gli elementi perché possano rendere la song più ‘cool’. Per cui, anche le linee vocali non vengono studiate dopo, in separata sede, ma cerco immediatamente di avere un’idea che possa già funzionare. Prendi per esempio “Long Ago”, che hai citato prima, i riffs di chitarra sono ben amalgamati con il basso e la voce, creano una struttura che all’orecchio appare armoniosa e che suona bene. Certamente, ogni canzone è un discorso a parte, specie nella creazione, ma di base quando scrivo il riff mi sforzo sempre di immaginare anche il resto della struttura…

– A meglio rappresentare la varietà del vostro songwriting c’è la sezione ritmica, con batterie
consistentemente in movimento e un basso che a tratti slappa e in altri momenti prende un sound anni 70…è stato difficile trovare il modus operandi giusto nei suoni?

Vladdy: Credo che anche in questo caso ottima parte del merito spetti a David. Già dalle preproduzioni è stato in grado di dirci ‘qui starebbe bene un suono così’ oppure ‘qui vedrei meglio un groove di questo tipo’, per cui è riuscito a snellire molto lavoro e a farci vedere alcuni nostri limiti che ignoravamo. Ci ha seguito attentamente per tutte le registrazioni, pretendendo il massimo dal nostro estro, e alla fine abbiamo visto che aveva ragione. “Hollow Shrine” non suonerebbe così bene se non ci fosse stato lui.

– Per cui è vero quello che si dice, ovvero che avere un produttore che segue le registrazioni è
fondamentale?

Vladdy: Assolutamente, vede e sente cose che noi, come musicisti, faremmo molta fatica a scorgere…

Paul: Siamo al nostro primo disco, per cui necessitavamo di avere qualcuno che fosse super partes. Ma credo che, se un giorno avessimo a disposizione i mezzi per registrare un grande disco da soli, cercheremmo comunque una persona che faccia da produttore. David, in particolare, non è uno sprovveduto! Ha lavorato con un sacco di gente del calibro di Peter Gabriel, per cui sa benissimo come far funzionare le cose e come ottenerle. E’ stato un onore lavorare con lui, anche perché è stato bello vederlo preso dal progetto di una band sconosciuta al suo debut (RIDE). E’ sempre indaffarato, ma ha tutto sotto controllo e non gli scappa niente, per cui penso che una scelta migliore non potessimo farla.

– Partiamo dalle origini, dal primo nucleo della band: influenze, nome, storia…tutto quello che vi va di dirci…

Vladdy: Oh wow, ci vorrà un po’ (RIDE)! Quando frequentavo il Musician Institute ho iniziato a pensare a una band e a cercare i componenti giusti…il giorno della formazione del primo combo era il 6 giugno 2006, per cui è venuto naturare chiamarci The Sixxis (RIDE). Come tutte le band agli inizi, la line up è stata un via vai di persone…solo nel 2010 siamo riusciti ad arrivare a una formazione vera e propria, ovvero io, Jbake (batteria) e Mark (basso). Abbiamo realizzato un ep l’anno dopo e abbiamo deciso di ‘allargarci’ reclutando Paul e Cameron (entrambi chitarre) e abbiamo iniziato ad avere un approccio più serio…questo ci ha portato in giro con grandi nomi come Spock’s Beard e Winery Dogs e le cose hanno iniziato a filare per il giusto verso, fino ad arrivare a “Hollow Shrine” appunto. Se provo a guardarmi indietro è interessante vedere come un piccolo progetto (quasi solista, ammette) pian piano sia diventato qualcosa di serio e professionale…ammettiamo pure che avere a dispozione un background finanziario adeguato ci ha
permesso di farci notare e di poter intraprendere percorsi altrimenti impossibili.

– Parliamo di tour in supporto a “Hollow Shrine”…siete in giro con gli Spock’s Beard per tutta Europa adesso, che penso sia un grande passo per i The Sixxis, ma il futuro?

Paul: Penso non ci siano parole per descrivere la nostra contentezza nell’essere in tour con dei giganti del prog come gli Spock’s Beard! Ogni sera è una lezione di musica incredibile…abbiamo suonato in tour con i Wishbone Ash due anni fa mentre l’anno scorso abbiamo attraversato Europa e USA con i Winery Dogs di Portnoy, esperienze sicuramente intense e appassionanti. Al di là delle diversità di genere tra una band e l’altra, al di là della caratura tecnica notevole, sono persone con cui dividere il tempo è stato divertente e utile…impari cosa vuol dire professionalità: se sei in giro per mesi a suonare non tutti i giorni stai bene o sei su di morale, eppure quando le luci si accendono devi dare il massimo per un pubblico che paga per vederti suonare e per te stesso che stai facendo quello che più ami nella vita.

Vladdy: Per il futuro qualcosa si sta muovendo, ma ancora è presto per dirlo. Per adesso ci godiamo queste tre settimane con gli Spock’s Beard in Europa e poi vedremo…di sicuro adesso è molto importante andare in giro a suonare, sia per promuovere il disco sia per farci ancora più le ossa come band. Il cd è il cd, parla per sé, ma è dal vivo che ti devi costruire il nome e devi diventare interessante…abbiamo le possibilità per fare grandi cose, sarebbe sciocco non sfruttarle a pieno. Credo sia anche importante separare i periodi live da quelli di composizione, in modo da poterli affrontare al 100% uno alla volta.

– Ma dite la verità…state già componendo materiale nuovo?

Vladdy: Posso dirti che il 77% del disco nuovo è già stato scritto e ascoltato(RIDE)…naturalmente adesso è là, a casa, che aspetta qualche mese per essere tirato fuori e sistemato, ma per ora lasciamolo riposare (RIDE).

– Nelle altre date del tour fate solo brani da “Hollow Shrine” e dal primo EP? Niente roba nuova?

Paul: Assolutamente! E’ importante vedere il feeling della band con i brani e come il pubblico reagisce, così che quest’ultimo possa trovare le canzoni che sente live su supporto ottico e non debba aspettare un paio di anni…e poi, come ha sottolineato Vladdy, è ancora troppo acerbo come materiale per essere proposto. Dopo il tour, vedremo.

– Ok, siamo in chiusura! Volete aggiungere altro?

Vladdy: Solo ringraziare il pubblico italiano, sia per la calda accoglienza lo scorso anno con i Winery Dogs che per questo piccolo concerto odierno alle 4 del pomeriggio. Cercheremo di creare ancora qualcosa di speciale per il futuro per riuscire a passare ancora da queste parti.

Paul: Grazie anche a te per il tempo dedicato ai The Sixxis! A presto.

– Grazie a voi ragazzi per il vostro tempo, specie post concerto dove avete dato tutto!