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BLEED FROM WITHIN + BURY TOMORROW + CROSSFAITH + Guests

Giusto perché non si dica che noi di HeavyWorlds siamo settoriali o con la puzza sotto il naso, mi sono recato a questa festivalino con alcune delle più fresche realtà metalcore europee (e giapponesi!). Devo dire che il genere a detta del sottoscritto ormai ha esaurito quell’ondata di novità e di innovazione degli esordi, ma quando i gruppi sono bravi la carica che riescono a trasmettere dal vivo riesce a valorizzare anche un tipo di musica che ormai non mi trasmette più particolari emozioni. Forse saranno anche i miei trent’anni, fatto sta che tra pantaloni ridicolmente stretti, tatuaggi ai limiti dell’assurdo, wall of death e pugni volanti per la prima volta mi sono visto un concerto un pochino defilato e non sotto al palco come mio solito. Ma quello che interessa a voi non sono le riflessioni sull’età che avanza inesorabilmente del sottoscritto, ma il report della serata, quindi eccolo qua! Enjoy!

NOVEL OF SIN

Il festival comincia molto presto e purtroppo mi perdo le esibizioni di Shen e Just a ride, a cui porgo le mie sentite scuse ma il lavoro non mi permette di arrivare in tempo per i loro concerti. Il tempo di mangiare un panino al volo ed entro nella sala concerti giusto in tempo per l’esibizione dei Novel of Sin. Tanto mi aveva convinto il loro metalcore molto particolare su album, senza nessuna concessione a melodia o speranza, quanto dal vivo i romagnoli mi sembrano eccessivamente freddi e statici. Non un brutto concerto, intendiamoci, ma i suoni non perfetti ed un pubblico poco reattivo non esaltano le indubbie capacità del quintetto, che a mio parere nel loro genere rimane una mosca bianca dalle potenzialità enormi. Encomiabile la prestazione del bassista, un vero e proprio showman che salta e corre sul palco per tutto il concerto, mentre i suoi compagni chitarristi sono un po’ immobili. Convincente il brano nuovissimo che viene presentato (“Collapse” mi sembra si chiami, ma potrei sbagliarmi) e sempre validissima “Fragile” posta in chiusura. Da rivedere perché secondo me possono dare molto di più.

MAINLINE

Seconda band della Kreative Klan ed ultimi opener italiani prima dei grupponi stranieri, i Mainline sono leggermente fuori posto in questa serata, come un gentleman inglese in mezzo ad un baccanale orchesco, ma nessuno sembra accorgersene. I Mainline dimostrano di essere un gruppo che ha fatto esperienza di una lunga esperienza live, in grado di adattarsi pienamente allo spirito della serata. I torinesi tralasciano i loro brani post-hardcore più eterei e tirano fuori dal cilindro quelli più muscolari ed energici che coinvolgono il pubblico presente, portando finalmente un po’ di gente sotto il palco. I loro breakdown non saranno mitragliate di pura belligeranza ma fanno scuotere bene lo stesso le teste, così come il loro splendido connubio tra melodia e parti tirate risulta coinvolgente dal vivo come su disco. Bel concerto e boccata d’ossigeno musicale per il sottoscritto prima degli headliner, band che non sono certo qua per proporre un suono arioso e ricercato come i Mainline.

CROSSFAITH

Sorpresona della serata! Mi ero guardato un paio di video dei giapponesi Crossfaith per capire un po’ cosa proponessero, bollandoli troppo frettolosamente come un modaiolo incrocio tra dubstep e metalcore. E invece dal vivo il quintetto mi fa letteralmente cadere la mascella, scrollandomi dal mio immobilismo e portandomi sotto il palco. Sempre di metalcore si tratta, ma con una componente di elettronica decisamente in evidenza che arricchisce il suono e dona alla band un tiro incredibile che rende impossibile stare fermi. Non solo inserti dub, ma anche drum’n’bass e techno che rendono i Crossfaith un po’ come dei Pendulum con le bordate del metalcore buono, quello ben strutturato che alterna bene groove, breakdown e parti veloci. Una grandissima presenza scenica e un’ottima padronanza degli strumenti completa il tutto, con tutto il pubblico che va in visibilio, con vari circle pit e un wall of death a coronare lo show. A mio modestissimo parere il miglior concerto della serata e gruppo da tenere d’occhio anche per chi non ama particolarmente queste sonorità.

BURY TOMORROW

Dopo uno show tanto energico, risulterebbe difficile per chiunque proporre un concerto all’altezza, ed infatti i Bury Tomorrow ci mettono tanto impegno ma ne escono un po’ con le ossa rotte. Gli inglesi ce la mettono davvero tutta per risultare coinvolgenti ed interessanti, anche grazie ad una buona presenza scenica, ma il loro metalcore comunque risulta un po’ troppo canonico per catalizzare l’attenzione. Un po’ mi spiace per i Bury Tomorrow perché avrebbero tutte le carte in regola per spaccare: bella sia la voce urlata che quella melodica del chitarrista, ottima la tecnica musicale, interessante il tentativo di fare qualcosa di originale e dinamico, ma alla fine il risultato non è pienamente soddisfacente. Purtroppo di gruppi così ne ho sentiti a bizzeffe e la formula strofa-ritornello melodico-breakdown ormai è trita e ritrita dopo gli exploit commerciali dei vari Caliban ed Atreyu. Anche il pubblico non sembra apprezzare particolarmente e la sala concerti sembra decisamente vuota rispetto a prima, con pochi fedelissimi che rimangono sotto il palco. Concerto un po’ fiacco in poche parole, con solo la divertente “Knight life” che mi riesce ad esaltare.

BLEED FROM WITHIN

Finalmente giunge il momento degli headliner ed è chiaro a tutti perché i Bleed from within hanno appena firmato un contratto con Century Media e riscuotono così tanti consensi. Il giovane quintetto scozzese fortunatamente suona decisamente più death metal che il modaiolo deathcore che va tanto ai giorni nostri tra gli adolescenti ciuffati. L’ingresso in formazione di Martyn Evans, chitarrista anche dei deathsters Trigger the Bloodshed, ha dato ai BFW una ulteriore potenza sonora ed una tecnica sopraffina che in sede live si esprimono al meglio. Ok, non proporranno niente di particolarmente originale, siamo sempre un po’ in linea con il genere di Bring me the horizon, ma le canzoni sono strutturate molto bene e dal vivo brani come “This is our legacy” sembrano fatti apposta per scatenare il putiferio. Ottima la tenuta del palco del frontman Scott Kennedy, efficace sia nel passare senza problemi dallo screaming al growl che nell’incitare e tenere sempre caldo il pubblico. Veramente buona anche la prestazione dei musicisti, anche loro elementi in grado sia di fornire una presenza scenica notevole che una prova senza sbavature, in particolar modo il bassista Davie Provan che è veramente ad un livello altissimo considerando la giovane età. Davvero un gran bel concerto, solido e muscolare, senza nessun attimo di respiro nè aperture melodiche, con un pubblico in deliro che tra pugni volanti e wall of death (il terzo della sera, prevedo parecchi lividi) non sta fermo un attimo. Gli scozzesi hanno tutte le carte in regola per fare strada, spero solo che non si incartino in un genere musicale che offre poche possibilità di evoluzione. Ma ripeto, questa sera ho visto più death che core, quindi la strada sembra essere quella giusta.

Bon, fine del festivalino con voto finale che supera globalmente la sufficienza. Il metalcore è un genere che ormai a parere mio ha già dato quasi tutto quello che poteva, ma stasera almeno un paio di realtà hanno dimostrato che, o con l’innovazione o con la tecnica, qualcosa di buono può ancora venire fuori. Anche se l’impressione è che ormai si stiano spremendo le ultime gocce da un’oliva quasi rinsecchita…