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Chris Cornell @ Teatro Nuovo di Firenze

A cura di Fabiana Spinelli

La cavea del Teatro Nuovo di Firenze è una location intima e suggestiva, cornice ideale per l’ultima tappa italiana di questa tranche del “Songbook” tour di Chris Cornell. Le aspettative dei duemila presenti sono altissime, ma l’eclettico Cornell riesce a superarle: in forma fisica invidiabile, nonostante il malore che ha causato l’annullamento della data di Torino, snocciola con grande maestria una scaletta piena di gemme , dimostrando ancora una volta di essere un musicista completo, dal talento prorompente, a cui l’etichetta di icona grunge va decisamente stretta.

Si parte con la strepitosa “Scar on the Sky” e già dal primo minuto, tutti sono consapevoli che sarà uno show di altissimo livello, ben equilibrato tra pezzi storici e chicche del repertorio solista (“Can’t Change Me” e “When I’m Down” su tutte). Non manca certo il tributo agli amati Soundgarden: tra le altre, sorprende la trascinante “Outshined”, ” Blow Up the Outside World” e il brivido freddo, nonostante la notte caldissima, di “Fell on Black Days”. Tra gli encores, non può che esserci ” Black Hole Sun”, che pur non essendo eccezionale in chiave acustica, scatena l’entusiasmo di tutto il pubblico. C’è ovviamente spazio per gli Audioslave, in cima alla scaletta “Wide Awake” e   “Be Yourself”, una “Like a Stone” cantata parola per parola da tutto il pubblico, la bellissima  “I Am the Highway”, senza dubbio impreziosita dalla veste acustica. La voce di Cornell riempie la Cavea di emozioni, sembra non subire gli effetti del tempo che passa, anzi, l’impressione è che gli anni le abbiano donato potenza e calore. Bastano pochi accordi di “Call Me a Dog” per conquistare anche il più scettico degli ascoltatori: un coro compatto, unico, che commuove lo stesso Chris e che gli fa dire, alla fine dell’esibizione: “Stasera per farmi smettere di suonare qui per voi, devono arrestarmi!”. Altra nota di colore, moglie e figli di Cornell gironzolano vicino al palco, (divertentissimo il momento in cui il figlio si mette a cantare e a suonare un’immaginaria chitarra, imitando il padre), contribuendo a creare un’atmosfera di intimità e familiarità.

L’omaggio al progetto Temple of the Dog è notevole ed accolto con grande entusiasmo, “Wooden Jesus” e una versione da brividi di “Hunger Strike”, che lascia tutti senza fiato. Per i fans più affezionati, ecco partire “Man Of Golden Words”, ballata onirica dei Mother Love Bone, che si diluisce meravigliosamente nella cover di  Comfortably Numb dei Pink Floyd.

E anche le cover fanno parte integrante dello show: Tom Waits, i Led Zeppelin di “Thank you”, pezzo di incredibile dolcezza originaria, accresciuta dalla suggestività del cielo stellato fiorentino; merita un applauso a parte, una versione incredibile di “A Day in the Life” dei The Beatles, chiusura di uno show che ha rasentato la perfezione.