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Destruction + Figura Of Six + Imperious Rex + guests

Ad esattamente quattro mesi dalla loro ultima discesa italica per la promozione di D.E.V.O.L.U.T.I.O.N. tornano a calcare la penisola in lungo e in largo gli storici Destruction, stavolta per celebrare ben venticinque anni di onorata e distruttiva carriera.
A “far festa” con la band tedesca durante le date del tour (organizzate da VivoManagement, che ringraziamo) tre gruppi a me sconosciuti prima d’oggi: Figure Of Six, Imperious Rex e Rising Dream. Con mia gioia e gaudio scopro pochi giorni prima che per la data del 27 aprile sono stati aggiunti al bill niente popò di meno che Ritual of Rebirth e Coram Lethe.

Sono le 20.00 quando le porte del Thunder Road si aprono e i Ritual of Rebirth si stanno già esibendo. Il tempo purtroppo è tiranno (vedremo le cinque bands di supporto esibirsi in poco più di due ore, cambi palco compresi) e la gente ancora pochissima, ma i cinque genoani hanno le idee ben chiare e non si tirano di certo indietro. Avevo già avuto l’occasione di vederli esibirsi dal vivo l’estate scorsa coi Cynic e devo dire che rimasi veramente colpito per l’energia che i cinque riuscirono a sprigionare sul palco; beh nulla è cambiato, i R.o.R. dal vivo sono un vero carro armato!
Purtroppo solo tre brani (tra cui ricordo Disconnected, da Ethical Disillusion), con una band così in palla lasciano un po’ l’amaro in bocca, ma il tempo è tiranno.

Potremmo fare il medesimo discorso per i toscani Coram Lethe, in giro per la promozione del freschissimo d’uscita A Splendid Chaos, che ha fatto approdare i Coram su lidi più emozionali e riflessivi, perdendo di contro un po’ di quella lucida follia che ne aveva caratterizzato le precedenti release. Quasi tutti i brani proposti infatti sono tratti dall’ultimo disco, al momento ricordo The Gift Of Providence, Mystical Pentagram e La Passione Della Carne. I suoni stasera sono fortunatamente settati alla perfezione e permettono di apprezzare le finezze tecniche di un gruppo composto di grandi musicisti. Ad enfatizzare la violenza, oltre all’ottimo drumming di Francesco Miatto, ci pensa la singer Erica Puddu, una vera forza della natura che non smette per un secondo di dimenarsi sul palco. La sua voce dal vivo risulta decisamente più incisiva e allo stesso tempo deviata ed espressiva rispetto a disco. Anche qui diremmo volentieri: ”ne vogliamo ancora” ma niente da fare, ancora tre bands devono esibirsi sul palco prima dei Destruction!

Salgono sul palco i croati Rising Dream, che nei venti minuti a disposizione estraggono cinque-sei brani dal loro unico full-lenght Failed Apocalypse. Il genere proposto dal quintetto non è inquadrabile molto facilmente, si potrebbe definire power/thrash ma potrebbe essere fuorviante.
Se pensate a gruppi in stileIced Earth infatti siete completamente fuori strada, qui si è infatti in costante bilico tra il power europeo più sinfonico e barocco e parti più pesatine e thrash oriented. Il termine di paragone più attendibile che mi viene in mente potrebbero essere i danesi Mercenary, ma meno complessi e moderni. Nonostante la loro proposta non rientri tra le mie preferenze la band tiene bene il palco e se la cava più che degnamente.

Cambio in fretta e furia, ecco gli Imperious Rex. Gli americani risultano essere decisamente il gruppo del bill più in linea con la proposta degli headliner, e lo si capisce subito vedendo aumentare sensibilmente il numero dei fan davanti al palco. Thrash/Speed vecchia scuola, senza fronzoli, con un pizzicone di grezza contaminazione europea ed il piatto è servito. La gente comincia a scaldarsi e a accettare di fare due balzetti sulla cover di Seek And Destroy dei Metallica…e lo show volge al termine! Nemmeno un quarto d’ora d’esibizione, un vero peccato. Chiacchierando poi col chitarrista apprenderò che il gruppo ha sacrificato (causa orari) volentieri parte della propria esibizione perché in seria difficoltà dopo il pesante after-show della sera prima nella capitale…anche questo è Thrash.

Ancora una band prima dei Destruction, sono gli italiani Figure Of Six, band metalcore emiliana con all’attivo già due album. Non è certo la fantasia l’arma in più del sestetto che ricalca tutti i cliché del genere (dai capelli ingellati, al lato puramente musicale) risultando comunque compatta e ben amalgamata. E se la parvenza estetica e i suoni un po’ impastati fanno arricciare il naso a più di qualcuno tra i presenti, durante la breve set-list si ha modo di apprezzare una proposta energica, dove i ritornelli melodici non piaceranno a tutti ma non scadono nella banalità della maggior parte dei loro colleghi, e quindi possiamo affermare che se la sfangano più che dignitosamente, considerando anche che si trovavano di fronte a un pubblico non esattamente in linea col genere da loro offerto.

E veniamo agli headliner. E’ un piacere infinito vedere una cotanta leggenda della nostra musica in un locale come il Thunder, il lunedì sera, con una promozione dell’evento sui media specializzati assolutamente irrisoria, che aveva quasi fatto pensare ad uno scherzo, tanto si era sentito parlare poco dell’evento fino a poche settimane prima del suo compimento. Invece, eccoci davanti al trio di Schmier, in pochi ma buoni, perché in zona di metallari duri e puri non ce ne saranno tanti, ma quelli che vanno ai concerti non si risparmiano quando hanno davanti i loro beniamini. Il pubblico è equamente diviso tra “vecchi” (per anni di militanza) affezionati e nuove leve, debitamente bardate di giubbottino jeans d’ordinanza ricoperto di toppe e folta, disordinata, zazzera in testa.
Occhi trepidanti e giunture pronte allo scatto aspettano i Destruction, che aprono sulle note della straclassica Bestial Invasion. Non ci sono problemi di suono a frenare l’impeto dei terroristi teutonici, il mosh sotto di loro si scatena con grande impeto, nonostante sia supportato da ben poche unità. D.E.V.O.L.U.T.I.O.N sarà uno dei pochi estratti dall’ultimo disco, in linea con la tendenza recente, che sempre vede nelle scalette dei thrashers tedeschi poche, selezionate, song degli ultimi lavori inserite tra imprescindibili bordate di metà anni ’80.
Guarda caso, anche stasera i ragazzi della band sono fuori dalla grazia di dio, e Schmier sfodera il suo ghigno con la solita, sarcastica, ferocia, rendendo memorabile, come consuetudine vuole, le sempreverdi Eternal Ban, Life Without Sense (da bava alla bocca…), Death Trap. Uno spettacolo per pochi intimi, rispetto alle platee a cui di norma i Destruction si donano, eppure intenso nella risposta del pubblico come se ci fossero cento volte tanto le persone presenti: quando si dice un’audience pregiata. Il calore a bordo palco(e al Thunder si sta a un centimetro da chi suona) è elevatissimo, e aumenta la carica del terzetto, con Mike serafico al suo posto e Schmier a girare da una parte all’altro col suo basso a tracolla, esagitando la folla: Thrash ‘Till Death , Tormentor, Invincible Force, gli attimi di respiro vengono mozzati in pochi istanti a ogni nuovo pezzo, fino a una prima, apparente, chiusura dei lavori con The Butcher Strikes back. Tutti sappiamo che manca ancora qualcosa, e infatti i Destruction ritornano a calcare lo stage per le ultime mazzate…e che mazzate!!!
La prima è Curse The Gods, da leggenda anche solo per l’headbanging in sincrono delle prime file sul prolungato mid-tempo iniziale, una scena talmente thrash che si potrebbe chiudere qui il concerto per manifesta superiorità di chi suona: appena dopo è di nuovo orgasmo con Nailed To The Cross, uno dei brani più spettacolari della seconda vita della leggenda tedesca, quindi il Macellaio Pazzo irrompe col suo malefico giro di chitarra e sfruguglia nelle interiora di tutti i convenuti. Il congedo è affidato all’old-school che più old-school non si può: “la prima canzone della storia della storia dei Destruction!” recita Schmier, ed è con Total Desaster che ce ne possiamo tornare a nanna più tranquilli e soddisfatti, incantati per l’ennesima volta dalle indomite belve germaniche. THRASH ‘TILL DEATH!!!!!!!!!!!!