Credo che si scelgano i concerti da seguire oltre che per l’amore verso una band o anche per il tipo di spettacolo che si cerca…salvo qualche rarissimo caso di masochismo musico/pecuniario, la maggior parte dei fans ‘cerca’ qualcosa e sa di trovarlo in un determinato show! Per cui, se si sceglie di andare a vedere gli Edguy, si sa benissimo a cosa si va incontro: una band solida ma non precisissima, melodia happy a non finire, qualche supporting act degno di essere conosciuto e un frontman che ti fa passare i 100 minuti abbondanti in allegria e ilarità. Ed è questo quello che, in fondo, ha sempre attirato i fans degli Edguy…Tobias Sammet potrebbe salire su un palco con un centinaio di musicisti diversi eppure gli occhi sarebbero sempre e comunque puntati su di lui. E’ lui ‘la band’ e, ad eccezione di Jens Ludwig, gli altri potrebbero essere rimpiazzati (anche se, guarda il caso, gli Edguy hanno la stessa line up dal 1998). Comunque pure questa volta vengono relegati sul palco ‘piccolo’ dell’Alcatraz meneghino, anche se a fine serata lo spazio sarà quasi completamente pieno…a supporto del quintetto di Fulda si presentano i Kottak Attack, ovvero la band ‘alternativa’ di James Kottak, alias drummer degli Scorpions.
KOTTAK ATTACK
Alle 19:50 in punto, sale sul palco James Kottak accompagnato dai suoi tre fidi musicisti. Chi se lo aspetta dietro i tamburi potrà ammirarlo solo su un paio di canzoni, perché la maggior parte dello show lo si vedrà impegnato tra chitarra ritmica e microfono. Il pubblico reagisce molto bene al punk/hard rock stradaiolo proposto dal drummer degli Scorpions e dai suoi, incitando il riccioluto drummer e cantando con lui i cori delle songs; tra un solo di batteria (al limite dello scabroso) e uno strip dello stesso James (si passerà dalla maglietta di Kate Perry a quella degli Edguy, degli Scorpions e infine al tatuaggio del logo della propria band) i minuti scorrono velocemente e si arriva alla conclusione dopo ben 45 minuti abbondanti di show (con tanto di bis incorporato). Applausi e consensi a non finire per lui e i suoi (specie per la chitarrista solista) degno compenso di uno show sudato e suonato con tanto pathos e micidiale impatto. Che tiro!
EDGUY
Una mezz’oretta di settaggio ed ecco spegnersi le luci e comparire l’effige del nuovo album sullo sfondo. L’intro (con tanto di ‘welcome to the freakshow’) si spegne e la band attacca con “Nobody’s Hero”, direttamente dall’ultimo “Age Of The Joker”; la band sembra più compatta del solito, si diverte sullo stage e cerca di regalare uno spettacolo ricco di emozione e potenza. Tobias questa volta parte già abbastanza caldo per potersi permettere il coro dell’opener, supportato come sempre dalle voci delle tre asce Ludwig/Sauer/Exxel. Arriva “The Arcane Guild” ad alzare la velocità, seguita dalla anthemica “Tears Of A Mandrake” che manda in visibilio il sottoscritto. Dal punto di vista dell’impatto lo show avrebbe potuto terminare anche qui e nessuno avrebbe potuto obiettare nulla. Invece arrivano la sofferta “Pandora’s Box”, “Rock Of Cashel” e “Lavatory Love Machine” intervallate dallo spirito di un Tobias Sammet (in ‘maideniana’ veste e voglioso di gigioneggiare con il pubblico tra cori, pubblicità del nuovo album e cazzate varie sui componenti della band). “Behind The Gates To Midnight World” rimette serietà allo show ma il clima torna sullo scanzonato con la successiva “Superheroes” cantata anche dai bicchieri di birra e dagli zaini dei fans. A suggello dello show arriva “Robin Hood”, singolo di “Age Of The Joker”, che dal vivo assume un tiro epico tutt’altro che banale; Felix Bohnke fa riprendere fiato al piccolo singer con un drum solo, dove tra fantasia e qualche tecnicismo c’è spazio pure per la colonna sonora del mitico A-Team! Non considerando Bohnke un gran batterista, posso dire che i dieci minuti da lui gestiti sono stati pesanti e sinceramente poco entusiasmanti; comunque tutta la band torna sullo stage e lo show va a concludersi con l’inaspettata “Ministry Of Saints” e l’inno “Vain Glory Opera”, dove forse il buon Tobias ha trovato le maggiori difficoltà. Due minuti di attesa ed ecco rientrare sul palco la band che, al posto del lentone “Land Of The Miracle” in scaletta, si lancia in una versione aggressiva di “Babylon” tanto richiesta dal pubblico durante lo show (con un sacco di stecche e Tobias che interpreta il coro con le parole della mitica “Eagle Fly Free” di helloweeniana memoria) per poi chiudere i battenti con il supersingolo “King Of Fools” da “Hellfire Club”.
Un’ora e quaranta minuti energici e all’insegna dell’allegria che confermano gli Edguy come una band dal forte pathos in studio e dalla grande presa sullo stage. Ho sempre recriminato a Tobias Sammet di parlare un po’ troppo (è comunque riuscito a far inginocchiare l’audience, nel vero senso della parola) e che quel lasso di tempo si sarebbe potuto impiegare per qualche classico in più (“Mysteria”, “How Many Miles” e “Out Of Control” sono i primi esempi che mi giungono), ma ormai lo conosco e so, appunto, che vedere gli Edguy dal vivo è sempre così. Positivi, grandi e maledettamente felici. Un esempio.