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EUROPEAN KILLFEST TOUR (OVERKILL-DESTRUCTION)

Quello di stasera al Live di Trezzo è un appuntamento decisamente imperdibile per ogni fan del thrash e dell’heavy metal in generale che si rispetti. Calcheranno infatti lo stesso palco Heathen, Overkill e Destruction, tre nomi che hanno fatto la storia e hanno (qualche annetto fa) contribuito dare una forma a quelle che poi sarebbero divenute le varie sfumature di questo bellissimo genere musicale ritornato in auge negli ultimi anni. A coadiuvare questo funambolico trio gli After All, band belga non certo di primo pelo ma che passa inevitabilmente in secondo piano al fianco di questi nomi.
Purtroppo il mondo è un posto ingiusto e crudele dove, se va bene, per sopravvivere degnamente bisogna rinchiudersi in luogo triste a fare qualcosa di decisamente poco sensato per otto ore filate, dove il teletrasporto non ci è concesso e le variabili sfiga sono sempre in agguato. Morale della favola parcheggiamo (davanti a un cancello, il parcheggio del Live è totalmente pieno!) alle 21 circa oramai rassegnati al fatto di aver perso l’esibizione degli Heathen.

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La scenografia tipica dei Destruction è lì pronta ad aspettarci, a riportare la serenità nelle nostre menti invece ci pensa il trio tedesco che parte subito in quarta con Curse the gods. La resa sonora è buona, potente e ben definita. Schmier regge bene con la voce e picchia a dovere sulle corde, il lavoro sporco come al solito lo fa il fido Mike Silfringer, che non sfigurerebbe in una pubblicità antidroga come modello dell’uomo distrutto, ma con la sei corde se la cava sempre degnamente sobbarcandosi sia la parte ritmica che quella solista (per poca che sia) senza accusare colpi. Non perde una battuta nemmeno il drummer Vaaver autore di una prestazione sopra le righe. I Destruction non perdono tempo un saluto alla folla milanese e sotto col delirio Mad Butcher! Senza nemmeno citare la recente uscita nuovo Day of Reckoning i Destruction ci propongono Armageddonizer per poi saltare indietro a All hell breaks lose con Tears of blood seguita da Thrash ‘till death, D.E.V.O.L.U.T.I.O.N. e la classicissima Bestial Invasion che scatena la consueta, sana dose di botte sotto al palco. Spazio ancora al nuovo disco con Hate i my fuel e doppietta finale Nailed to the cross, The butcher strikes back ribattezzata da Schmier Destruction strikes back.
Niente Total Desaster? Purtroppo stavolta salta, ma questa può essere considerata l’unica macchia di un concerto tirato e compatto come un treno in corsa, non conto più le volte che li ho visti live, sempre e comunque una garanzia!
Mentre i nostri si abbracciano e salutano la folla soddisfatti a prendere gli applausi i Destruction (sottolineato) vengono prevaricati da una buffona (mi sto limitando) probabilmente mandata dalla live che si impossessa del microfono e dopo aver declamato due inni al thrash metal finti e sterili come le scorregge fatte col cuscino di gomma ricorda che a fine concerto la band sarà disponibile per un meet & greet e invita la gente a recarsi verso il merchandise a fare acquisti…Un episodio di una tristezza indicibile, a mio avviso l’insulto peggiore possibile a una band come i Destruction che su una certa immagine ci ha costruito la carriera .Al posto di star li belli carini col sorriso finto tipo marionette, avrebbero dovuto prendere sta bambaciona impalarla in diretta sul basso di Schmier per poi concederla alla pubblica lapidazione. Ma putroppo siamo nel 2011 e in questo mondo di giusto non c’è più niente…

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Dopo una sigaretta per smaltire il nervoso prendiamo il nostro posto sotto al palco, l’attesa non è delle più brevi ma ne varrà decisamente la pena! Alle 22.30 ecco partire finalmente l’intro di The Green and blacksul quale si materializzano a uno a uno i membri della band statunitense. Ultimo e più atteso, con tanto di rincorsa e scivolata con microfono preso al volo che diverrà il trademark della serata, ecco un Bobby Blitz più in forma che mai aggredire il microfono con l’intento di spaccare il culo a tutti i presenti. Avevo visto solamente una volta dal vivo gli Overkill, (tra l’altro senza una chitarra al Transilvania live nel 2003) e mi ricordavo un gran concerto, ma stasera il quintetto di New York è andato anche oltre le mie previsioni. Partiamo subito dal comparto sonoro, decisamente devastante, raramente ho sentito una batteria picchiare potente e definita come quella di Ron Lipnicki stasera, il basso diD.D. Verni, che senza più il suo treccione somiglia più a un magnaccio stiloso che a un musicista, pulsa definito senza invadere il suono delle chitarre di Dave Linsk, autore di una gran prova, anche se un po’ basso di volume rispetto al collega e Derek Tailer che ogni volta che posa il plettro sulle corde sprigiona una quantità infinita di watt, prendendosi i pro e i contro (tutti i suoi limiti vengono all’orecchio in molto più di un’occasione) di un suono estremamente secco e potente a volumi altissimi ma ben bilanciati. L’energia sprigionata dal quintetto è deflagrante, è subito tempo di Rotten to the core che apre letteralmente la folla in due creando un mosh che si estende in larghezza praticamente da una parete all’altra del locale. A sorprenderci più di tutto è la voce di Bobby Ellsworth, potentissima e capace di raggiungere note che non pensavamo parte del suo repertorio. Meglio che da cd, conservare la gola con una voce come la sua a cinquantadue anni ha già del miracoloso, riuscire a spingere ancora come un trentenne al massimo delle potenzialità è veramente qualcosa di incredibile. Eppure lui è li che si sbatte corre avanti e indietro mima urla e si contorce come un alien per tutto il tempo con quel carisma da frontman d’altri tempi che puoi avere solo nel DNA. L’atmosfera oramai è rovente si susseguono Wrecking crew, Infection dal mitico Horrorscope e Bring me the night tratta dal nuovo Ironbound, gran disco concepito per fare sfracelli live dal quale verranno estratti ben cinque brani. Il momento più sentito della serata, almeno personalmente, lo si tocca con la splendida Bastard Nation che regala ben più di un brivido alla maggior parte dei presenti. Non c’è tempo per rifiatare ecco Hammerhead a cui si susseguono in ordine Ironbound, Blood money, Endless War, Hello from the gutter, Give a little e la onkeltomiana Old School che dal vivo riesce a far muovere e canticchiare anche i più restii. Siamo vicini alla fine, le ultime tre cartucce sono Deny the cross, unaElimination ipervitaminizzata e l’immancabile Fuck You suonata letteralmente al doppio della velocità per poi rallentare inesorabilmente sui :“ We don’t care what you say…Fuck you! ”…e giù ancora di randello!
Tutto finisce con una folla in delirio e un ampia standing ovation per la band newyorkese che si dimostra decisamente soddisfatta e quasi stupita da tanto calore. Un’esibizione memorabile, che rimarrà nel cuore di tutti i presenti al Live questa sera.