A cura di Dario Mauri
Giornata alquanto curiosa ed a parer mio mal assortita quella di venerdì 22 Giugno. I gruppi che si sono alternati stasera hanno spaziato svariati generi ed alcuni sembravano effettivamente inseriti li giusto per riempire la situazione. Nonostante i big e l’esibizione di interesse decisamente trasversale dei Guns il pubblico non è stato numerosissimo. Complice il caldo e l’afa milanese purtroppo durante la giornata molte persone hanno preferito seguire svariati show dalla zona paninari a sinistra del palco o nei vari stand all’ombra.
L’apertura è affidata ai Cancer Bats, gruppo metalcore che come sempre in quanto apripista hanno avuto a disposizione qualche manciata di minuti così come per gli AxeWound. Decisamente frizzante nonostante l’afa sempre più incalzante l’esibizione degli Ugly Kid Joe che si pongono come un intervallo rockeggiante tra il metalcore appena passato e l’extreme dei Soulfly. Infatti anche se la giornata è praticamente agli inizi ed il pubblico ancora decisamente poco numeroso, Cavalera in tenuta mimetica e soci offrono una performance convincente ed energica condita con licenze (ormai telefonate) dei tempi Sepultura come l’immancabile Roots Bloody Roots. Non mancano neanche i tratti caratteristici dei suoi live come il pezzo con famiglia e le classiche espressioni colorite che sempre fanno strappare una mezza risata.
Terminati i Soulfly ecco aprire un sipario rock sull’arena con i Rival Sons, band giovane ma con un sound decisamente trascinante che offre elementi di blues rock e sonorità 60’-70’ in una miscela che in sede live fa la sua bella figura. Il ritardo iniziale purtroppo obbliga la prematura fine dello show per dare il cambio ai colleghi americani Black Stone Cherry che, saltellanti ed energici per tutto il palco, esaltano per bene i presenti. Una valida esibizione che riconferma la capacità di essere dei veri e propri animali da palcoscenico.
Altro gruppo molto atteso sono chi vengono spesso definiti tra i fondatori del metalcore, i Killswitch Engage. Da qualche mese Jesse Leach è di nuovo dietro al microfono dopo la recente separazione di Howard dalla band ma nonostante il recente reinserimento tra le file del gruppo, offre un’esecuzione decisamente sopra la sufficienza. Il resto della band intanto scherza, salta e ride dimostrando completamente a loro agio e si nota l’entusiasmo di suonare ancora in Italia. Scaletta incentrata sui successi top come lecito aspettarsi e impreziosita dalla cover di Holy Diver decisamente azzeccata e ben riuscita.
Partenza sfortunata invece quella di Sebastian Bach. Entrando con le note di Slave to Grind parte a mille, si esibisce nel classico elicottero con il microfono che purtroppo si rompe. Bach lascia il palco visibilmente irritato ma una volta sistemato il problema tecnico ecco ricominciare il tutto alla grande. La sua performance è sopra le righe come oramai doveroso aspettarsi e sprigiona energia da tutti i pori saltellando come una pallina da ping pong per il palco. La scaletta è incentrata sui classici del passato condita da qualche estratto della carriera solista. D’altronde è questo però che la gente vuole da Sebastian, cantare a squarciagola 18 And Life, I Remember You e Youth Gone Wild. Nessuna coreografia, logo o scritta appesa sul palco. Just fucking Rock and Roll.
Anche per i Within Temptation vale un po’ la problematica di essere per qualche aspetto fuori luogo rispetto al resto del bill della giornata. Il pubblico purtroppo non era molto oriantato verso gli olandesi ma Sharon è sempre sorridente e da prova delle sue capacità. Anche qui la setlist non da molte sorprese attingendo ai classici di The Silent Force, dal quale è derivato gran parte del loro successo, con qualche singolo più recente come Faster. Purtroppo il peso di fare da apripista ad Axel e soci si sente e l’accoglienza è decisamente sottotono per un gruppo che merita ed ha ottenuto molto di più in Italia.
Ecco arrivare il momento per il quale era presente la maggior parte del pubblico odierno, i Guns ‘n Roses. Fortunatamente, nonostante la fama di ritardatario che aleggia su Axl, lo show ritarda di solo una decina di minuti. Schermi con grafiche di Chinese Democracy danno quel tocco di spettacolarità all’entrata di Axl. Non si può affermare che Rose sia in forma smagliante ma comunque fa il suo dovere regalando a tutti pezzi che dal vivo non possono che emozionare come Welcome to the Jungle, November Rain, Don’t Cry e molti altri. Sale anche Bach sul palco come ci si aspettava per My Michelle, duetto davvero ben riuscito e di grande impatto. La setlist è lunghissima e accontenta praticamente tutti i presenti farcita da (forse troppi) intervalli jam, soli e cover come Whole Lotta Rosie degli AC/DC fino ad arrivare alla conclusione esplosiva con Paradise City dopo più di due ore e mezza di show. Spettacolo che si è rivelato divertente e coinvolgente perchè comunque si sa, anche se ben poco è rimasto di ciò che furono i Guns, certi brani dal vivo non possono mancare il bersaglio.