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Gods Of Metal part II

E venne il 30 giugno, giorno designato per la seconda parte del Gods of Metal targato 2007. Il mio personale countdown era partito dall’arrivo della prima e-mail della Live, che annunciava i primi gruppi che avrebbero preso parte all’edizione di quest’anno. Scorrendo la comunicazione scorsi quel fatidico nome che ha fatto la storia della musica che amiamo e non andai lontano dal ribaltarmi dalla sedia! In poche settimane il bill andò ad arricchirsi di grossi calibri, che facevano presagire una giornata di grande musica…..e così effettivamente è stato!

Prima di passare alla disanima gruppo per gruppo, vorrei spendere due parole sull’ organizzazione che ogni anno, nel bene o nel male, riesce a far parlare di sé.
Diciamo che qualche miglioramento c’è stato ma si può ancora fare molto. Tra le note positive spicca la presenza del “myspace stage”, dove nei tre giorni del festival hanno potuto esibirsi nove gruppi emergenti, vincitori di un concorso indetto appunto su myspace . Le band si sono esibite nel pomeriggio durante i cambi palco, suonando mezz’ora circa ciascuna con ottimi risultati.
Inoltre gli orari dei concerti sono stati tutto sommato rispettati e i suoni buoni per tutto il giorno (parlo della zona sotto il palco, se uno poi vede il concerto da dietro il mixer mi sembra ovvio che il suono arrivi peggio), fatta eccezione per qualche problema tecnico, risolto comunque in tempi brevi. Venendo ai margini di miglioramento, si dovrebbe arricchire l’area concerti, sempre più spoglia, con un maggior numero di stand ( cd, merchandising, gadget, ecc..); ampliando anche la proposta gastronomica. Da eliminare invece, i consueti e ingiustificati ritardi nell’apertura dei cancelli che portano spesso a perdere i primi 1-2 gruppi.
Fatto questo preambolo, passiamo a chi la storia di questa giornata l’ha scritta.

Outsider

Me li perdo e a dire il vero, non sapevo neanche che dovessero suonare. Sono stati aggiunti a sorpresa come vincitori di un concorso per gruppi emergenti. Dato il sucitato ritardo nell’apertura dei cancelli, il gruppo si è esibito mentre la gente entrava.

Slowmotion Apocalypse

Entro quando è da poco iniziato il loro concerto. Il gruppo italiano spacca, non c’è dubbio. La loro proposta è basata su un death-thrash che non disdegna qualche fuga in territori hardcore. La band è compatta, sa stare sul palco e il pubblico la sostiene a dovere. Purtroppo il tempo a loro disposizione è quello che è. A chiudere l’esibizione ci pensa la cover di “Be quick or be dead” dei Maiden, con ospite alla voce uno dei “godfather” della scena estrema italiana, Gianluca Perotti degli Extrema.
Bene, bravi, avanti così!

Deathstars

Una copia ancor più tamarra degli ultimi The Kovenant. L’elettro-gothic rock degli svedesi fa fatica a far presa sulla platea. Mezz’ora a loro disposizione, durante la quale si sono alternati ritmi marziali a pezzi “pericolosamente” ballabili, con estratti da entrambi gli album della band. L’impressione lasciata è quella di puntare più sull’immagine, tra il fetish-militaresco e il gotico, che sulla musica. Che alla lunga risulta banale e priva di sostanza. Comunque la loro esibizione è stata tutto sommato piacevole, anche se vedere il cantante sculettare dall’inizio alla fine non è stato proprio il massimo.

Sadist

Qui iniziano i pezzi da 90 (e sono solo le 13.30!) ed è l’Italia a dare il via. I Sadist sono tornati! Grande la loro performance, minata solo da qualche problema tecnico all’equipaggiamento di Tommy Talamanca. Ed è proprio lui, insieme al mastodontico Trevor, a catalizzare l’attenzione della platea. Il loro prog-death non fa prigionieri, spaziando dal presente al passato, da “Above the Light” all’ultimo “Sadist” passando per “Crust”. I pezzi funzionano, le parti più atmosferiche s’incastrano perfettamente ai momenti in cui i genovesi pestano sull’acceleratore, con un Tommy che si destreggia abilmente tra chitarre e tastiere. Trevor è incontenibile, tiene in mano il pubblico e dedica “Christmas beat” a babbo natale.
Si scatena il primo pogo di giornata, giusto tributo ad una band che ha fatto la storia del metal estremo (e non solo quello italiano) e continua a farla!

Motomondiale

Grazie ad un televisore, sapientemente, messo a disposizione dalla Lucky Strike è stato possibile seguire il motomondiale che andava in scena in Olanda, sul circuito di Assen. Ottima trovata che ha permesso ai tanti appassionati di seguire l’esaltante trionfo di Valentino, dopo una gara praticamente perfetta.

Type O Negative

Mentre Vale termina il giro d’onore avviandosi verso il podio, sul palco salgono Pete Steele e soci. Non li avevo mai visti all’opera e devo dire che il loro concerto mi ha colpito. Cinque i pezzi in programma oggi. Si parte da “We hate everyone” e si chiude con “Black n°1” ,dal capolavoro Bloody Kisses. Nel mezzo troviamo due estratti dall’ultimo Dead again e “Christian woman” (anch’esso da Bloody kisses). Sono canzoni lunghe ma che grazie alla loro varietà non stancano l’asoltatore. I quattro new yorkesi riescono a ricreare le atmosfere decadenti che emanano i loro dischi. Con l’enorme frontman, ora a scandire i ritmi sabbathiani che li hanno resi famosi, ora a fare il Danzig della situazione nelle parti più sostenute. Ma non c’è solo Steele, il resto della band non rimane certo in disparte. Sul finale arriva Andrea dei Lacuna Coil per i cori di “Black n°1” a mettere il sigillo su un concerto convincente.

Black Label Society

Uno dei concerti più attesi della giornata. L’idroscalo inizia a traboccare di gente. Quando partono le sirene è il delirio, Zakk Wylde e la sua banda di bikers si presentano sul palco con un impatto devastante. Il grasso sound sudista si sprigiona dalle casse travolgendo le prime file e scatenando un bel pogo selvaggio. Si parte con “New religion” poi è tutto un susseguirsi di classici, anche se viene privilegiata la produzione più recente. Tra le tante: “Fire it up”, “Concrete jungle” , “Suicide Messiah” con tanto di megafono e una “Stillborn” da brividi. Zakk è un animale da palco, lo domina tirando fuori una prestazione superlativa.
Ne esce uno show grezzissimo e potentissimo che spazza via tutto e tutti!

Megadeth

It’s time for Thrash, It’s time for destruction!

Concerto da incorniciare, che probabilmente entrerà nella storia del Gods of Metal. Mustaine si presenta sul palco con una formazione piuttosto rimaneggiata, con diversi nuovi innesti, si piazza dietro il microfono e scatena un autentico massacro. Tutto funziona alla perfezione, il gruppo gira che è una meraviglia. Gli estratti dal nuovo album, “Sleep walker”, “Whashington is next” e “Gears of war” si alternano ai pezzi leggendari del gruppo statunitense. E oggi la scaletta è da infarto! Vengono sparate fuori una di seguito all’altra, senza troppi fronzoli, “Take no prisoner”, “Hangar 18”, “Peace sells..”, la terremotante “Tornado of Souls”, “Simphony of destruction. Prima dei bis affidati alla sempre splendida “A toute le monde” e ad un medley “Holy wars-Mechanix” al fulmicotone! Mustaine, forse ancor meno interattivo del solito con il pubblico, è il dominatore. Tira fuori il meglio dal suo strumento facendo rimanere a bocca aperta un audience in visibilio.
Non c’è niente da fare, quando c’è la classe, la voglia di suonare e di spaccare il risultato non può che essere eccellente e oggi i Megadeth lo hanno dimostrato.
Adrenalinici!

Korn

Aspettavo con curiosità il gruppo americano, era la prima volta che li vedevo in azione.Inoltre solo in tempi recenti li ho scoperti, al di là dei singoli che passano in rotazione. Un gruppo che, secondo me, ha ancora molto da dire.
Durante il cambio palco salta subito all’occhio la ricchezza del loro stage, diviso su due livelli e ospitante ben due batterie.
A dispetto di quanti sostenevano che un gruppo del genere poco c’entrasse con una manifestazione come il gods, la zona sotto il palco è stipata di gente pronta a dar vita a mischie oceaniche.
Lo show inizia con i due drummer (di cui il principale è Joey Jordison degli Slipknot) e un terzo percussionista-corista intenti a picchiare duro sui timpani, aizzando la folla. All’attacco di “Here to stay” si fionda sul palco il resto della banda capitanata da uno scatenato Jonathan Davis. In totale sono otto i musicisti sul palco, oltre a quelli già citati troviamo: due chitarristi, bassista e tastierista, quest’ultimo stranamente somigliante ad Elton John. Il gruppo attinge a piene mani da ogni suo disco, andando a pescare gli episodi migliori di ciascuno. E’ la volta quindi di “Falling away from me”, “Somebody someone”, “Got a life”, “Twist, “Clown” sino alla recente “Twisted transistor”. Viene anche presentato il nuovo singolo “Evolution” ed eseguita una mezza cover di “One” dei Metallica.
Pur essendo in otto il gruppo è un orologio: stop’n’go precisi e non un elemento fuori posto. Il loro impatto è notevole e il groove che li contraddistingue fa saltare tutto il pit alzando il consueto polverone.
Il concerto si chiude con l’immancabile “Blind” in cui Davis invita la platea ad abbassarsi per terra, per poi scattare in piedi all’attacco della canzone. Effetto assicurato!
I Korn escono vincitori da un contesto in cui troppi li vedevano come pesci fuor d’acqua, dimostrando d’essere un live act dinamitardo!

Ozzy Osbourne

Giusto il tempo di darmi una rinfrescata e mi avvio verso il palco. Mi ritrovo davanti un muro di persone serratissime, riesco comunque a guadagnare le prime file. Da qui il colpo d’occhio è notevole: l’idroscalo è pieno imballato!
Alle 21.30 scatta l’ora X. Il Madman è tornato ed è qui per noi! Dapprima arrivano Zakk Wylde, l’ex Rob Zombie Blasko al basso, l’ex Faith no More Mike bordin alla batteria e Aden Wakeman alle tastiere…insomma, non male come super gruppo. Ma è quando il macellaio di Birningham fa la sua comparsa sul palco che si raggiunge il climax. Da questo momento in poi il sottoscritto, come molti altri, non ha capito più nulla. Il boato del Gods è impressionante!
Si parte con “Bark at the moon” seguita a ruota da una “Mr. Crowley” da brividi, per poi passare a “not going away” dall’ultimo Dark rain. Ozzy si diverte come un matto, continua a lanciare secchiate d’acqua e a bagnare le prime file con una specie di idrante. Si prosegue con “War pigs” che manda via di testa quei pochi che erano ancora rimasti lucidi. E poi ci sono ancora “Suicide solution” e “Road to nowhere” prima di lasciar spazio ad un lungo assolo di Zakk. Si riparte con “No more tears”, “I don’t know”, “ I don’t want to change a world” (da sogno!!!) e “Mama I’m coming home”. La band esce di scena per tornare poco dopo per i bis, in un clima di delirio totale. “Crazy train” e “Paranoid” chiudono qualcosa che più che un concerto è stato un evento!

Thank You Ozzy!!!