Il metal italiano è un florido campo ricco di colori: pur venendo a volte bistrattato o sottoconsiderato, kermesse come questa danno la possibilità di capire che gli act tricolore hanno ben poco da invidiare alle band straniere, e il foltissimo numero di persone presenti (il Rock N Roll Arena sarà quasi pieno durante gli headliner) ne è la controprova. Arrivo alla location quando i Soundstorm hanno già terminato la performance. I commenti ricevuti a riguardo sono tutti positivi, per cui mi attengo al giudizio ‘popolare’.
BEJELIT
Gioca in casa l’act aronese, pronto anche in questa sede a sostenere l’ultima fatica “Emerge”, uscito a marzo. La band ha ormai una rodata esperienza sullo stage e riesce a incastonare una performance memorabile; le due asce Marco Pastorino e Sandro Capone si bilanciano pazientemente tra ritmiche granitiche e soliste vorticose, sostenuti da una potente sezione ritmica e da un Fabio Privitera sempre teatrale e ispirato…la scaletta si incentra sul nuovo lavoro, ad eccezione della hit “Saint From Beyond”, brano ormai diventato un simbolo della band. Mezz’oretta scarsa per loro che saluta l’audience con la variegata “Dancerous” sotto un’autentica ovazione. Bei suoni e mix bilanciato han fatto da ciliegina sulla torta.
HIGHLORD
Tocca ai torinesi Highlord presentarsi sullo stage e devastare l’audience. La band propone la propria miscela di heavy/power melodico con velocità e potenza, riuscendo però a metà nell’intento. Se da un lato troviamo una performance impeccabile e toccante del vocalist Andrea Marchisio, capace di raggiungere vette altissime con la consueta dose di cristallinità, dall’altro troviamo una sezione ritmica un po’ in affanno, dove la batteria ‘rincorre’ il basso in più occasioni. Mezz’ora pure per loro, risicata di parole ma trionfante di musica, con l’audience che viene esaltata e di rimando sostiene la performance dei nostri. I suoni peggiorano sensibilmente ma il risultato finale è comunque soddisfacente.
ELVENKING
Sarà il cambio palco più lungo rispetto ai precedenti ma l’impressione è di essere catapultati in una dimensione diversa. Già dalla intro, con la teatralità dei costumi e delle maschere, gli Elvenking dimostrano di essere uno degli act nazionali più professionali e convincenti. Si parte a sorpresa con “Trows Kind” da “The Winter Wake” e, a parte qualche piccolo accorgimento ‘tecnico’, la band usufruisce già di un sound notevole. Symohn e Jakob imbarcano una sezione ritmica impattante, mentre il duo Aydan/Rafael spreme le proprie chitarre per ottenere una compattezza invidiabile. Arrivano le nuove “I Am A Monster” e “The Loser” (singolone dell’ultima fatica “Era”), dove Damnagoras da il meglio di sé sia in termini vocali che di showman. Man mano che la scaletta prosegue il sound diventa definito, potendo così apprezzare anche le melodie infarcite da Lethien al violino. “Pagan Purity” compare in scaletta in tutta la sua eleganza e potenza, mentre la successiva “The Walking Dead” ci riporta ai fasti del nuovo disco e a tutti i piccoli arrangiamenti che la band sa riportare anche in sede live. “The Divided Heart” fa scendere la tensione mentre con la conclusiva “Neverending Nights” gli Elvenking ci consegnano una performance pressochè perfetta e ben studiata, oltre che una band rodatissima e dal grande impatto. Se si dovesse eleggere un vincitore questa sera, la ‘palma d’oro’ finirebbe nelle mani del sestetto friulano.
ITALY’S GOT VOICES
Ennesimo cambio palco, questa volta avvenuto a ‘tende chiuse’, ci porta verso gli headliner, ovvero quel pezzo di storia rappresentato dal trio Morby/Fabio Lione/Roberto Tiranti. Lo show si apre con i vocalist in veste di ‘tre tenori’ intonanti la celebre aria (o romanza) pucciniana, quel “Nessun Dorma” che da anni è entrato nel cuore dei metallari. Il primo ad aprire le danze ‘metalmente’ parlando è Roberto Tiranti, coaudiuvato dal grande Olaf Thorsen alla chitarra, Alessio Lucatti alle tastiere, Alessandro Liotta al basso e Alessandro Bissa alla batteria. I tre vocalist si ‘passano’ amichevolmente il microfono ogni una/due canzoni, portandoci a rivivere tutti i fasti delle rispettive carriere…dai Domine di Morby ai Labyrinth di Tiranti fino ai Rhapsody di Lione, lo show risulta essere una vera festa ‘italiana’. Musicalmente, Thorsen appare sempre più mostruoso e preciso, così come Alessandro Liotta si riconferma essere una vera macchina da guerra; qualche incertezza la lascia il drummer Alessandro Bissa, che pur confermando la propria caratura artistica, semplifica alcune parti (specie nelle songs dei Labyrinth). Tra una “Dragonlord” e una “Emerald Sword”, si passa anche all’inno “Lamento Eroico” (attesissima!) per lasciar il posto a qualche ‘chicca’ delle discografie di Vanexa (primissima band di Tiranti) e dei Sabotage (Morby). La chiusura dello show è affidata all’immortale “Dawn Of Victory”, dove Lione viene supportato nei chorus (oltre che dagli altri due cantanti anche da un’audience rapita!); il pubblico vuole il bis e i nostri non si fanno certo attendere, intavolando tre cover dei rispettivi background; si parte con la ‘purpleiana’ “Highway Star”, per passare alla più suadente “I Want It All” (Queen docet) e in chiusura viene posta, come sorta di tributo, la evergreen “Holy Diver” con ovvi ringraziamenti al mitico Ronnie James Dio. La band saluta l’audience in visibilio, visibilmente commossa per il calore mostrato. Ammirare tre delle migliori voci del nostro paese è un’occasione unica, dove specie Roberto Tiranti si è dimostrato essere un singer completo e tecnicamente sorprendente.
Facciamo, qui in chiusura, gli auguri di buon compleanno allo staff di HeavyMetal.it e i complimenti per questa kermesse di ottima fattura. Un festival che ha colpito nel segno e che ha attirato un’enormità di pubblico. Ce ne vorrebbero di più.