Grande musica oggi in quel del Live Club di Trezzo sull’Adda, è infatti di scena la quindicesima edizione del Groove Day, una giornata dedicata interamente al mondo delle percussioni che sarà chiusa niente po po di meno che dall’esibizione degli HoBoLeMa.
Chi sono costoro? La risposta a questo quesito è tanto semplice quanto strabiliante; ma veniamo per ordine…
La giornata, organizzata da Notak Music Solution, ha inizio nel primo pomeriggio e vedrà alternarsi sul palco grandi batteristi, italiani ed internazionali, tra cui spiccano i nomi del nuovo fenomeno Marco Iannetta, Christian Meyer, Giovanni Giorgi, Mylious Johnson e Dave Weckl.
Noi, putroppo, riusciamo ad arrivare solamente a sera inoltrata quando sul palco di un Live gremito si stanno già esibendo gli HoBoLeMa.
Dietro questo bizzarro nick si nasconde una parte integrante della storia della musica dalla fine degli anni ’60 ad oggi: sono infatti radunati a jammare sullo stesso palco Allan Holdsworth, Terry Bozzio, Tony Levin e Pat Mastellotto!
Appena entrati al Live il colpo d’occhio cade subito inevitabilmente sulla nuova immensa batteria di Bozzio, dotata di sei casse e composta da più di sessanta parti tra tom, piatti, timpani, rullanti e percussioni varie, montate su 360° attorno al “piccolo” Terry che ci sembra un bambino, rintanato a fantasticare nella propria astronave di cartone, talmente al sicuro ed entusiasta da poter dar libero sfogo a tutta la sua fantasia creativa, tanto bizzarra e irrazionale quanto dannatamente in armonia col lavoro svolto dal resto del gruppo.
Come lo stesso Terry ci terrà a precisare alla fine della prima parte dello show (il concerto si divide in due set da tre quarti d’ora l’uno circa): ”Tutto ciò che sentirete uscire dalle casse questa sera è frutto dell’improvvisazione, non c’è niente di precostruito e quello che la band sta suonando oggi è diverso da quel che ha suonato ieri e da quel che suonerà domani” .
Improvvisazione pura quindi, in cui ognuno ha il suo compito ma le parti si invertono di continuo e in cui non esiste affatto una relazione tipica tra gli strumenti.
Bozzio è il più esuberante dei quattro col suo stile apparentemente privo di schemi, Levin si alterna tra il suo celebre chapman stick (suonato anche con le bacchette) e un violoncello elettrico passando dal tessere intricate trame al portare la musica ad un livello più astratto e straniante; Allan Holdsworth ha un approccio più timido ma risulta decisamente importante nell’insieme, conferendo alla sua chitarra synth suoni mai canonici ma sempre morbidi e spesso praticamente identici a fiati come il fagotto o l’oboe, accompagna con una facilità disarmante le bizzarrie dei tre ritmici, incastonando alla perfezione parti soliste di estrema difficoltà – suonate con una pulizia ed una morbidezza da lasciare attoniti – senza mai cadere nel mero virtuosismo, un vero piacere per le orecchie.
Pat Mastellotto è il vero motore della composizione, con la sua batteria piena di parte elettriche e pad funge spesso come una vera e propria spina dorsale per gli altri tre. Già abituato ad avere un compagno di batteria nella formazione a due per tre (della quale faceva parte lo stesso Levin) alla corte del Re Cremisi Robert Fripp, suona, per forza di cose, in modo più “lineare” rispetto a Bozzio, svolgendo il difficilissimo compito di tenere il bandolo della matassa e cesellando il tutto con un cospicuo uso dell’elettronica e dei samples, (nonché di ogni strano tipo di percussione) elementi fondamentali nella proposta del gruppo di stasera. Si vanno a creare scenari astratti, veri e propri trip mentali se si riesce a farsi trasportare dalla musica senza stare a incasinarsi irrimediabilmente il cervello tentando di capire da che strumento proviene quel determinato suono e in quale modo: ci ritroviamo in una bizzarra metropoli post-moderna, in un’armoniosa fabbrica di un futuro fantascientifico che non potrà che rimanere solamente un’utopia, o in mezzo a una giungla tinteggiata dagli acidi colori delle copertine dei Cream.
Musicalmente la proposta è davvero difficile da descrivere si sfiorano e miscelano fusion, jazz, ambient, progressive per andare a creare qualcosa di nuovo e avanguardistico, a tratti addirittura magico. Come diceva Bozzio a metà concerto, qualcosa di libero da qualsiasi schema, qualcosa di unico, che mai è stato concepito prima d’ora e mai si ripeterà.
Una vera fortuna per chi è stato presente, da custodire gelosamente nell’unico nostro luogo oramai segreto, che questi immensi musicisti stasera hanno saputo stimolare, far sognare ed aprire verso nuovi caleidoscopici orizzonti.