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Korpiklaani + Metsatöll

Metal for the masses. Che uno prenda questa affermazione nella sua accezione positiva o negativa, è indubbio che i Korpiklaani ormai siano una macchina da guerra in grado di riempire i locali e far muovere parecchi fondoschiena al ritmo del loro folk metal. Ci siamo recati in quel del Tempo di Gualtieri (RE), che per inciso sta tornando finalmente ad avere una discreta nomea per quello che riguarda il metal, per seguire il concerto dei finlandesi e dei sorprendenti quanto misconosciuti Metsatöll. Io, Fabrizio, sono rimasto così colpito dai gli Estoni da fare il report del loro live, mentre lascio all’espertissima Alessandra il compito di narrare le gesta dei Korpiklaani.

Metsatöll

Uno dei luoghi comuni più frequenti nell’ambito musicale è che molto spesso gli headliner devono avere paura delle band di supporto perché rischiano di rubargli la scena. Beh, stasera il rischio non c’è perché i Korpiklaani hanno un pubblico che li attende trepidamente, ma i Metsatöll mettono in piedi uno show esplosivo e di sicuro si portano a casa qualche fan in più, tra cui il sottoscritto. I primi due o tre brani servono per metabolizzare un attimo la proposta del quartetto, che del folk prende la parte meno danzereccia e la miscela a svariate sfaccettature del metal, dal death melodico, passando per architetture prog fino ad arrivare a sfuriate decisamente thrash. Prendete un po’ questa affermazione con le pinze, ma i Metsatöll stanno all’Estonia come i Sepultura stavano al Brasile o i Negură Bunget alla Romania, nel senso che tutti i gruppi citati hanno (o hanno avuto) la prerogativa di prendere la musica tradizionale delle loro nazioni e di inglobarla nel loro sound fino a creare qualcosa di unico. Gli estoni riescono in poco tempo a conquistare la platea, grazie soprattutto ad un basso trascinante, un batterista versatile in grado di pedalare come un matto con una cassa sola e gli intrecci vocali tra il chitarrista e il polistrumentista. Il secondo in particolare si dimostra il vero valore agguinto della band, sia per la sua voce profonda ed evocativa da sciamano, che per la capacità di suonare una marea di strumenti folk in grado di dare pennellate di colore ad ogni brano. Bellissima la parte finale del concerto, quando i Metsatöll decidono di offrire al pubblico uno dei loro brani più d’atmosfera: su una base strumentale lenta ed ipnotica, praticamente avantgarde black, il polistrumentista intona una litania sciamanica che dovrebbe essere ispirata al Kamlaniye, rito di derivazione siberiana che in antichità serviva per sanare i feriti. Atmosfera da brivido, pubblico a bocca aperta e catarsi completa. Concludo con una piccola nota di colore. Dopo un paio di brani il chitarrista Markus ringrazia in un italiano un po’ stentato, promettendo però che avrebbe detto altro se il pubblico si fosse un po’ scaldato. I presenti obbediscono e su scatenano, quindi Markus rispetta la sua promessa e dedica il brano successivo “ad ex-fidanzate estoni che cercano di fare l’amore nel post-sbronza”. Sono anche queste piccole cose che rendono un concerto memorabile, e vi assicuro che stasera i Metsatöll sono stati incredibili. Bene, scaldato a puntino il pubblico, ora tocca al pezzo forte della serata…

Korpiklaani

Ad attendere i protagonisti della serata è un locale gremito di gente impaziente, già ampiamente soddisfatta dall’eccellente prestazione dei supporter. Tempo di cambiare la scenografia ed ecco arrivare i Korpiklaani. La folla esplode in un boato all’ingresso della band. La canzone che apre il set è “Tuonelan Tuvilla”, dall’ultima fatica della band, “Manala”, album fortemente influenzato dal Kalevala, il poema nazionale finnico, che ha fatto da filo conduttore alla scaletta della serata: gran parte dei brani della setlist contiene infatti riferimenti al poema. La prima metà del set ha proposto perlopiù brani estratti da “Manala”, la seconda metà è stata invece dedicata soprattutto ai classici del repertorio dei Korpiklaani, dalle celebri cover di “Iron Fist” dei Motorhead e “Juodaan Viinaa” di Hector; immancabili la strumentale “Pellonpekko”, che porta la firma di Hittavainen, ex violinista della band che l’anno scorso ha abbandonato la formazione per motivi di salute, e la richiestissima “Vodka”. Dopo la spettacolare esibizione degli estoni Metsatöll, che hanno lasciato la platea senza fiato, dagli headliner ci si aspetta un prestazione ugualmente, se non ulteriormente, coinvolgente. Dal punto di vista vocale, il frontman Jonne Järvelä appare leggermente sottotono (questa non è una novità, pare infatti che sia una costante nelle esibizioni dal vivo della band), specialmente nella prima parte dello show, ma con il suo atteggiamento sornione e affabile riesce comunque a conquistare i presenti. Lo si vede saltellare per il palco durante l’intero show, instancabile, senza mai perdere quel sorrisetto che può essere quasi considerato il suo marchio di fabbrica, incitando continuamente il pubblico a ballare e scatenarsi. Nota di merito a Tuomas Rounakari, nuovo membro della band che, serissimo e compunto nel suo abito tradizionale, ha saputo incantare l’intero locale, specialmente su “Husky Sledge”, durante la quale il suo violino ha duettato con i vocalizzi di Jonne. Prima della fine del set, il frontman si concede un rapidissimo cambio d’abito per indossare la bombetta e il gilet che vestiva nel video del singolo “Rauta”, anch’esso estratto da “Manala”. I Korpiklaani lasciano il palco e, richiamati a gran voce dagli astanti, tornano per un encore, proponendo tre delle loro più celebri e amate “drinking songs”: “Tequila”, brano dedicato ai fan sudamericani della band, che vede Jonne e Cane esibirsi in un allegro passo a due durante l’assolo di batteria; “Wooden Pints”, cantata a squarciagola da tutti i presenti; la conclusiva “Beer Beer”, cavallo di battaglia dei Korpiklaani. A fine concerto tutti sembrano essere stremati ma appagati da una serata folk a trecentosessanta gradi, dalla proposta più heavy dei Metsatöll a quella decisamente più ilare degli headliner, un’esperienza da ripetere assolutamente.