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Live Report Frontiers Rock Festival IV @ Live Club, Trezzo Sull’Adda (MI)


Premessa:

Se si ha avuto la fortuna di partecipare a qualche festival ci si accorge che solo pochi di questi hanno fattto il salto di qualità…la location, l’organizzazione e le bands sono sicuramente il punto forte ma la vera differenza la fa il pubblico. Un’audience che attende spasmodicamente per mesi l’arrivo dei due fatidici giorni può trasformare una normale serie di concerti in un evento epocale da poter raccontare ai propri nipoti…il Frontiers Rock Festival, qui alla quarta edizione, ha subìto tale trasformazione e l’esempio lampante è il numero di ‘volti’ presenti, fans che in questa sede si possono trovare ogni anno. L’atmosfera godibile è resa leggermente tesa solamente dalla calca presso il merchandising, dove ogni buon ‘hard rock nerd’ è pronto a sacrificare mesi di risparmi per accaparrarsi le opere su supporto ottico o vinile dei propri beniamini. Ma basta con i sentimentalismi, è ora che la musica ‘vera’ parli…

Day 1: 29/04/2017

PALACE

Chi si aspetta la partenza con il botto rimarrà con l’amaro in bocca…tocca ai Palace partire, forti del debut “Master Of The Universe” uscito pochi mesi, ma non è tutto rose e fiori; Micheal Palace non è ancora un frontman scafato, sia nel catalizzare il già discreto pubblico presente sia nel mascherare i problemi tecnici legati alle chitarre che accompagneranno la band in tutta la performance;  ciò che lascia maggiormente perplessi sono le evidenti stonature che infarciscono canzoni interessanti quali “Cool Runnin’” e “Matter In Hand”…il pubblico li sostiene nonostante un paio di errorini di click del drummer purtroppo non vanno a favore della resa della band…solamente in “No Exit” il gruppo riesce a rimettersi in piedi decentemente ma i loro trentacinque minuti finiscono facilmente nel dimenticatoio. Occasione sprecata.

Palace setlist:

Master Of The Universe

Cool Runnin’

Matter In Hand

Path To Light

Man Behind The Gun

Part Of Me

No Exit

ONE DESIRE

Durante il brevissimo cambio palco il pubblico sembra moltiplicarsi rapidamente, al punto da arrivare a tre quarti della location…il motivo? Lo show degli autori di uno dei dischi aor meglio riusciti di questo 2017. Gli One Desire arrivano sullo stage acclamati come delle vere rockstar e l’opener “Hurt” aggredisce l’audience in modo efficace nonostante i suoni particolarmente sbilanciati…la band è compatta e precisa tecnicamente, non lascia nulla al caso e si sbatte senza remora mentre scivola via anche la potente “Turn Back Time”; André Linman gioca di professione, evitando gli acuti più potenti e lasciando a Jimmy Westerlund i cori più alti, anche se in occasione di songs come “Apologize” e “Whenever I’m Dreaming” il feeling da album viene un pochino meno…”Love Injection” fa cantare anche i bicchieri di birra mentre con “This Is Where The Heartbreak Begins” troviamo una prova vocale da brividi…la band si sta affiatando (è in tour con gli Eclipse in Europa) e si sente che manca ancora qualche show per trovare la perfetta alchimia ma, come ci sottolinea la conclusiva “Buried Alive”, la band non ha intenzione di fermarsi. Applausi, più che meritati, che rimettono a posto le aspettative per il resto del festival.

One Desire setlist:

Hurt

Turn Back Time

Apologize

Love Injection

This Is Where The Heartbreak Begins

Whenever I’m Dreaming

Buried Alive

CRAZY LIXX

Si sale di livello e anche l’attesa appare palpabile durante il secondo cambio della giornata…sullo stage del Live Club salgono infatti i Crazy Lixx e con essi anche un’incrementale impatto live. Forti del nuovissimo “Ruff Justice” i cinque svedesi aprono con “Wild Child” in modo travolgente, grazie soprattutto alla presenza scenica di Danny Rexon…”Blame It On Love” arriva vorticosa mentre con la successiva “XIII” (uno dei migliori episodi del nuovo platter) lo show decolla irrefrenabilmente; lo sleaze metal della band, coadiuvato da un sound migliore rispetto alle band precedenti, non fa prigionieri e con il doppio salto nel passato “Whiskey Tango Foxtrot”/”Girls Of The 80s” tutto il locale è dalla loro parte…sudore e tanto divertimento sono gli ingredienti fondamentali per trascinare i fans nell’ultimo estratto dal nuovo disco “Walk The Wire” mentre a provocare il delirio ci pensa il duo “Heroes Are Forever” e “Rock And A Hard Place”…nonostante il leggero ritardo sulla tabella di marcia c’è ancora tempo per “Hell Rising Women” e la ovvia “21 Till I Die” che mette la parola fine a cinquantacinque minuti di grande musica….ovazione e applausi per i Crazy Lixx che confermano sia l’ottimo status sia l’indiscussa padronanza in ambito live.

Crazy Lixx setlist:

Wild Child

Blame It On Love

XIII

Whiskey Tango Foxtrot

Girls Of The 80’s

Walk The Wire

Heroes Are Forever

Intermission/Rock And A Hard Place

Hell Raising Women

21 Til I Die

ECLIPSE

E’ giunto il turno della band che ha collezionato più partecipazioni al Frontiers Rock Festival (ben tre) e la frenesia dietro le transenne è tangibile con mano…venti minuti di cambio sembrano eterni ma allo spegnersi delle luci finiscono nel dimenticatoio: Erik Mårtensson e soci balzano sullo stage con “Vertigo”, opener del nuovissimo disco, e già dal primo coro tutta l’audience è ai loro piedi…”Never Look Back” prosegue l’ora di show incentrata per la maggior parte sull’ultimo genito “Monumentum” uscito da pochi giorni, segno che la band crede molto in questa nuova release…”The Storm” e “Wake Me Up” riportano le lancette indietro mentre la band pare divertirsi spontaneamente assieme ai loro fans, non lesinando ringraziamenti per calore e affetto. “Killing Me” è ancora più assassina dal vivo, “Jaded” (con tanto di duetto assieme a Michele Luppi) è uno degli esempi di quanto possa essere freshy il sound della band mentre è con il lentaccio “Hurt” che Erik Mårtensson mostra l’infinita bravura di cui si compone la sua ugola…ancora un salto a ritroso con le perle “Wide Open” e “Battlegrounds” (quest’ultima davvero un brano schiacciasassi dal vivo) mentre la promozione del nuovo album termina con le meno dirette “Downfall Of Eden” e “Black Rain”; c’è tempo ancora per qualche hit e gli Eclipse sfornano “Stand On Your Feet”, “Runaways” (brano presentato al Melodifestivalen svedese 2016) e “I Don’t Want To Say I’m Sorry” che chiudono uno tra i migliori show di queste due giornate. Come per ogni grande band che si rispetti più il tempo passa più le cose migliorano.

Eclipse setlist:

Vertigo

Never Look Back

The Storm

Wake Me Up

Killing Me

Jaded

Hurt

Wide Open

Battlegrounds

Downfall Of Eden

Black Rain

Stand On Your Feet

Runaways

I Don’t Wanna Say I’m Sorry

REVOLUTION SAINTS

Tocca all’esperienza scendere in campo e I tre mostri sacri che compongono i Revolution Saints sanno cosa voglia dire un live show…il Live Club è completamente pieno mentre Jack Blades, Deen Castronovo e Doug Aldrich prendono posto sul palco. Forti del debut di un paio di anni fa i tre rockers imbastiscono uno show simpatico composto da siparietti e grande empatia, dimostrando di essere ancora capaci di fare ottima musica. La prima parte è dedicata alla promozione di “Revolution Saints”, grazie alla forza di songs come “Back On My Trail” o “Here Forever” dove l’alternanza alla vocals di Deen e Jack permette di godere della variegatura del songwriting del combo. “Locked Out Of Paradise” e “Way To The Sun” portano il buon Castronovo al ruolo di frontman, supportato dai chorus del duo Blades/Aldrich e da Alessandro Del Vecchio che si smazza la rifinitura sia strumentale che vocale. Dopo un azzeccato solo del grande Doug e le successive “Dream On” e “In The Name Of The Father”, i Revolution Saints si concedono una chiusura retrospettiva sulle proprie carriere regalando “Love Will Set You Free” dei Whitesnake”, la mitica “Coming Of Age” dei Damn Yankees e la meno conosciuta “Higher Place” dei Journey, lasciando lo stage tra un’esorbitanza di applausi e un numero di sorrisi che non verrà mai replicato durante i successivi shows. Una lezione giocosa e serena di grande passione e carattere: non ci si poteva aspettare di meglio da queste tre icone rock.

Revolution Saints setlist:

Back On My Trail

Turn Back Time

Here Forever

Locked Out Of Paradise

Way To The Sun

Guitar Solo (Doug Aldrich)

Dream On

In The Name Of The Father (Fernando’s Song)

Love Will Set You Free (Whitesnake cover)

Coming Of Age (Damn Yankees cover)

Higher Place (Journey cover)

TYKETTO

Il pomeriggio ha ormai lasciato il posto alla serata quando un cambio palco di quasi mezz’oretta preannuncia il primo dei due co-headliner della serata…tocca ai Tyketto di Danny Vaughn e al loro hard rock tipicamente statunitense…in questa occasione la band sfodera l’intero “Don’t Come Easy” e quando si alza il sipario il quintetto è accolto da un vero tripudio…si parte con “Sail Away” e “Strip Me Down” e una sorta di malinconia cala sull’audience…la voce di Danny sembra non risentire del passare degli anni e con le fiammate successive (“Nothing But Love” e “Walk On Fire”) la band si scalda e i suoni finalmente raggiungono un fruibile ecosistema. L’alchimia della coppia Chris Childs/Micheal Clayton Arbeeny permette alla band di avere un tiro incredibile senza eccessiva pesantezza, lasciando il compito di veri matador al già citato Danny Vaughn e all’infinito talento del nuovo Chris Green, capace di ammalliare senza troppi fronzoli. “Standing Alone”, la meravigliosa “Seasons” e “Burning Down Inside” trasportano ogni singolo ascoltatore qualche decennio indietro, mentre con l’inossidabile “Wings” e la ovvia “Forever Young” (cantata anche dalle transenne) raggiungiamo la fine della prima parte…i Tyketto escono per due minuti per rientrare accolti da un’ovazione autentica; c’è ancora tempo per l’evergreen “Rescue Me” e per la meno diretta “Dig In Deep” mentre la band affida la parola fine alla titletrack dell’ultima fatica discografica, canzone sicuramente d’effetto ma che non colpisce come avrebbe dovuto dopo una scaletta tanto intensa. I Tyketto salutano l’audience del Frontiers Festival visibilmente emozionati da tanto affetto, autori di uno degli show più toccanti e onesti di questa kermesse.

Tyketto setlist:

Intro:Don’t Come Easy

Sail Away

Strip Me Down

Nothing But Love

Walk On Fire

Lay Your Body Down

Standing Alone

Seasons

Burning Down Inside

Wings

Forever Young

Encore:

Rescue Me

Dig In Deep

Reach

STEELHEART

Superare il valore della performance dei Tyketto sarebbe un compito difficile per chiunque, per cui le aspettative per I veri headliner del primo giorno sono incredibilmente alte…si deve attendere mezz’oretta perché il palco sia sistemato, tempo che purtroppo non verrà completamente ripagato dalla performance. Gli Steelheart salgono sul palco quasi alle 23 buttando sul pubblico il duo “Blood Pollution”/”Livin’ The Life”, entrambe canzoni degli Steel Dragon tratte dalla colonna sonora di “Rockstar”…qualcosa non va, però; i suoni incredibilmente caotici, le performance dannatamente moderne e il modo di fare di Miljenko Matijevic piuttosto distaccato e freddo…le cose non migliorano con “Gimme Gimme” e “Like Never Before” e il pubblico inizia pian piano a defluire verso il giardino o (peggio ancora) verso l’uscita. “Live To Die” viene proposta con annesso una parte strumentale che mette in mostra le enormi qualità della band, ma tra il pubblico restante inizia a regnare un certo malcontento…bisognerà aspettare la successiva “My Dirty Girl”, song che farà parte del nuovo disco previsto per quest’anno, perché Matijevic riesca a riprendere in mano la situazione e gli Steelheart possano finalmente far divertire e scatenare il pubblico. L’immortale “She’s Gone” e la successiva “Cabernet” permettono all’estroso singer di imporsi e incantare come ai tempi d’oro ma la scelta di inserire un drum solo, per quanto bello, di cinque minuti in uno show di novanta scarsi fa abbassare nuovamente la soglia d’attenzione. La chiusura dello show viene affidata alla easy “Everybody Loves Eileen” e a “Rock’n’Roll (I Just Wanna)” che infiammano nuovamente grazie anche al risveglio intrattenitivo del grande Miljenko…acclamati da quei pochi rimasti, speranzosi in una “Steelheart”, i quattro americani tornano e mandano tutti a casa con le due hit “I’ll Never Let You Go” e “We All Die Young” che, se non altro, riescono a far cantare anche chi è poco avvezzo ai dischi della band. Sicuramente una band professionale ma non uno show memorabile…gli Steelheart spero abbiano l’occasione di tornare in Italia perché quanto visto ha lasciato l’amaro in bocca.

Steelheart setlist:

Blood Pollution (Steel Dragon cover)

Livin’ The Life (Steel Dragon cover)

Gimme Gimme

Like Never Before

Live To Die (extended)

My Dirty Girl

She’s Gone

Cabernet

Drum Solo

Everybody Loves Eileen

Rock ‘n’ Roll (I Just Wanna)

Encore:

I’ll Never Let You Go

We All Die Young

La prima giornata si chiude…è tempo di riprendere le energie perché domani sarà un altro assalto.

Day 2: 30/04/2017

CRUZH

La cosidetta ‘alba’ del secondo giorno appare meno frenetica: più gente all’esterno a godersi una birra, poche persone ancora impegnate negli acquisti e un numero di curiosi già sotto palco pronti per la band d’apertura…tocca ai Cruzh aprire le danze con il loro hard rock melodico. Rispetto ai Palace sono un act più concreto e professionale, meno ‘fermi’ e con maggiore esperienza alle spalle…qualche piccolo siparietto divertente tra cantante e bassista permette di godere con maggiore disinvoltura canzoni come “Hard To Get” e “Anything For You”, toccando l’apice con “First Cruzh” posta in chiusura scaletta. Mezz’oretta a disposizione dei cinque svedesoni e l’impressione è che la band si sia guadagnata più di un fan.

Crush setlist:

In N’ Out Of Love

Aim For The Head

Hard To Get

Stay

Anything For You

Straight From My Heart

First Cruzh

LIONVILLE

Il Live Club si riempie con un flusso incontrollabile durante il cambio palco perché sul sta per salire il primissimo act italiano a comparire nel Frontiers Rock Festival, ovvero quei Lionville tanto richiesti dai fans…Stefano Lionetti e soci irrompono sullo stage con l’opener della nuova fatica “I Will Wait” che da subito mette sugli scudi un grande Lars Safsund, davvero in forma smaliante…la band è compattissima e pronta a dare il meglio di sé, specie la coppia d’asce Lionetti/Cusato e Martino Malacrida che dietro ai tamburi riesce a bilanciare tiro ed estrosità con grande gusto. Gli estratti dal nuovo album saranno solo altri due, ovvero la titletrack “A World Of Fools” e il singolone “Show Me The Love”, perché la band decide di ripescare anche materiale dalle prime due uscite, di cui è giusto ricordare la brillante “Power Of My Dreams” e la conclusiva “With You”. C’è poco da aggiungere se non che sia a livello di classe che di performance i Lionville non abbiano nulla da invidiare a chi salirà sul palco nelle ore successive; e l’audience è tutto dalla loro parte.

Lionville setlist:

I Will Wait

Here By My Side

A World Of Fools

All We Need

Show Me The Love

No Turnin’ Back

Power Of My Dreams

Bring Me Back Our Love

With You

ADRENALINE RUSH

L’audience del Frontiers Rock Festival è veramente unico e lo dimostra il tanto atteso ritorno degli Adrenaline Rush…le aspettative di riscontro nei confronti della bellissima Tave Wanning sono verosimilmente alte, tuttavia qualcosa non va come dovrebbe e della folla ineggiante ai Lionville rimarrà poco meno della metà. Sarà la svolta più ‘metallara’ del nuovo album o la voce troppo ‘pop’ della bionda singer ma l’impressione è stata di un vero e proprio ‘snobbare’ la performance dei cinque svedesi. Ad ogni modo, suoni a parte dove le chitarre coprivano quasi totalmente la voce, la band ha dato vita a un concerto da incorniciare, maggiormente incentrato sul nuovissimo “Soul Survivor”…”Adrenaline”, il singolo “Love Like Poison” e l’accoppiata “Break The Silence”/”My Life” sono gli estratti meglio riusciti in ambito live, dove la dolce Tave ha dismesso i panni di ‘modella’ in favore di quelli da vera intrattenitrice, sempre pronta a spronare il pubblico…c’è tempo per qualcosa anche dal debut, come la prorompente “Generation Left Behind” e la conclusiva “Girls Gone Wild” che mette il sigillo ad uno show onesto e potente. Da notare, per dovere di cronaca, come la bionda singer si sia trattenuta fino alla fine della kermesse per fare foto e firmare autografi, segno che l’umiltà non manca nonostante l’apparenza.

Adrenaline Rush setlist:

Adrenaline

Love Like Poison

Shock Me

Change

Generation Left Behind

Break The Silence

My Life

Sinner

Girls Gone Wild

KEE MARCELLO

Diciamoci la verità, una buona fetta del pubblico presente è qui per lui…Kee Marcello è tornato a far parlar di sé con un album decisamente retrò (“Scalin’ Up”) e con l’annuncio di una performance che avrebbe coperto la sua intera carriera. Il Live Club è totalmente pieno quando il chitarrista sale sul palco, visibilmente emozionato da una così calda accoglienza…”Soldier Down”, dal nuovo album, dà fuoco allo show con il suo mood vintage e una cosa appare chiara: il buon Kee non ha perso una virgola del suo estro chitarristico ma fa una grande fatica nelle vocals…si entra subito nell’era Europe con la mitica “More Than Meets The Eye” e l’inno “Girl From Lebanon”, dove i problemi nella performance vocale diventano ancora più evidenti (Joey Tempest non è così facile da reinterpretare). “Scalin’ Up” e “Don’t Miss You Much” ci riportano all’epoca moderna, intervallate dalla più stagionata “Get On Top”, mentre l’inaspettata “Tower’s Callin’” degli Europe fa da preludio a uno dei capitoli meglio riusciti dell’ultimo disco, ovvero quella opener che porta il nome di “Black Hole Star”…la chiusura è affidata a “We Go Rocking” degli Easy Action e alla mitica “Superstitious” che ci riporta a fine anni 90 con incredibile facilità…purtroppo per noi, come vero sigillo, arriva quella “The Final Countdown” tanto croce e delizia che, pur riproposta in una versione davvero efficace, appare un po’ troppo pretenziosa in una scaletta che fino a quel momento era stata avvincente. Ottimo status, ad ogni modo, dell’artista svedese…band coesa e professionale, scaletta ovviamente ‘ruffianella’, e tanto mestiere.

Kee Marcello setlist:

Soldier Down

More Than Meets The Eye (Europe song)

Girl From Lebanon (Europe song)

Scaling Up

Get On Top

Don’t Miss You Much

Tower’s Callin’ (Europe song)

Black Hole Star

We Go Rocking (Easy Action song)

Superstitious (Europe song)

The Final Countdown (Europe song)

UNRULY CHILD

Con molta calma e tranquillità circa tre quarti dei presenti prende posto davanti allo stage in attesa di quello che sarà uno dei momenti più toccanti ed emozionanti di questa quarta edizione…tocca agli Unruly Child, una delle realtà aor più desiderate sul suolo italiano. Un cambio palco più lungo del previsto tiene l’intero locale sulle spine ma è un prezzo giusto da pagare…Marcie Free e soci entrano con calma, quasi timidamente, e detonano lo show con due mostri sacri della loro discografia, ovvero “Wind Me Up” e “Lay Down Your Arms”. La grande Marcie, nonostante sembri un po’ segnata dal jet lag e da un lieve raffreddore, sciorina una prova di classe e stile sia in termini vocali che intrattenitivi, dedicando sorrisi e ringraziamenti a chiunque incrociasse il suo sguardo. “Talk Me Down Nasty” “Let’s Talk About Love” e “Is It Over” mostrano l’enorme potenziale di Bruce Gowdy alla chitarra e di Guy Allison alle tastiere, capaci di aprire il sound della band in favore delle imponenti vocals…”On The Rise” appare più pungente, mentre da “Long Hair Woman” il fonico premia anche il duo Antonino/Schellen, dove specialmente quest’ultimo merita una menzione per il grande groove che supporta i brani…”Forever” e “This Is Who I Am” chiudono la prima parte dello show dove la band viene avvolta da una marea di applausi…il nome di Marcie viene intonato ripetutamente finché la bionda cantante rientra e gli Unruly Child regalano le ultime due perle, ovvero “When Love Is Gone” e “Who Cries Now” che congedano uno degli act più convincenti della giornata. Gli occhi di Marcie sono quasi in lacrime al momento di uscire, segno che il pubblico del Frontiers Rock Festival ha lasciato il segno.

Unruly Child setlist:

Wind Me Up

Lay Down Your Arms

Take Me Down Nasty

Let’s Talk About Love

Is It Over

On The Rise

Long Hair Woman

Tunnel Of Love

To Be Your Everything

Forever

This Is Who I Am

Encore:

When Love Is Gone

Who Cries Now

L.A. GUNS

Dopo lo sfarzo e gli arrangiamenti degli Unruly Child tocca a chi invece fa della rudezza il proprio credo e di chi ha l’animo stradaiolo…I L.A. Guns! Mezz’oretta di cambio palco ed eccoli entrare con la sola voglia di divertirsi e di far impazzire i fans. “Show No Mercy” viene servita con un tiro che tutte le altre band della giornata possono solo sognare, particolare che eleggerà lo show della band californiana come il top di questa edizione. Tracii Guns e Phil Lewis sono tornati assieme e stanno per sfornare un nuovo disco (di cui abbiamo potuto assaporare la sola “Speed” in questo contesto) e dal vivo non fanno prigionieri; supportati da una band che si fa un mazzo fuori dal comune, è giusto sottolineare l’ottimo status vocale del buon Phil, capace di reggere songs come “Killing Machine” o “Bitch Is Back” al pari dei tempi d’oro…Tracii Guns, da parte sua, rimane un chitarrista sconfinato e ricco di inventiva, impegnato a propinare un guitar solo catalizzante (grazie anche a un theremin come effetto) e preciso e devastante nei riffing (come lo dimostrano “Over The Edge” e “Sex Action”). “One More Reason”, “Kiss My Last Goodbye” e “Don’t Look At Me That Way” schiacciano l’audience con bordate di street rock d’altri tempi mentre la solida “Malaria” chiude la prima parte dello show lasciando tutti attoniti. Il rientro per i bis è caratterizzato dall’incipit di “Hells Bells” degli AC/DC che si trasforma in “Never Enough”, mentre a chiudere lo show ci pensano “Jelly Jam”, l’aspettatissima “The Ballad Of Jayne” e il tiro feroce di “Rip And Tear”. Non ci sono parole, i L.A. Guns hanno offerto uno spettacolo pazzesco e il pubblico, visibilmente rapito, è tutto dalla loro parte.

LA Guns setlist:

Show No Mercy

Electric Gypsy

Killing Machine

Over The Edge (Tracii solo as intro)

Bitch Is Back

Sex Action

Speed

One More Reason

Kiss My Love Goodbye

Don’t Look At Me That Way

Malaria

Encore:

Never Enough (w/”Hells Bells” as intro)

Jelly Jam

The Ballad Of Jayne

Rip And Tear

TNT

Siamo giunti all’ultimo show dell’edizione 2017 e la stanchezza inizia a farsi sentire, tuttavia per gli headliner della seconda giornata si riesce a trovare ancora un po’ di energia residua…e i TNT si confermano essere un vero e proprio canto del cigno. Il ritorno di Tony Harnell ha fatto aumentare esponenzialmente le attese attorno alla band e lo show di stasera (che verrà immortalato in un dvd live) vedrà la celebrazione del trentennale di quel “Tell No Tales” che proiettò il combo norvegese verso l’Olimpo del genere. Le luci si abbassano e la band apre con l’epica “Give Me A Sign”, song dalla cadenza spietata e dal mood trascinante…il buon Tony non avrà più l’ugola bianca di un tempo ma riesce ancora a lasciare a bocca aperta molte persone. “As Far As The Eye Can See” “She Needs Me” e “Desperate Night” continuano il viaggio sonoro attraverso le decadi, grazie al possente lavoro della sezione ritmica Dahl/Husemoen che non smette mai di pulsare…”Invisible Noise” e “Childs Play” portano sugli scudi le sei corde di Ronni Le Tekro, autore di una prova appassionata e funambolica che sfocia in un guitar solo tutt’altro che trascurabile. Si va verso la fine e le hit vengono snocciolate con disinvoltura e naturalezza, lasciando il compito al grande Tony di tenere le redini di un’audience che non smette mai di cantare. “Forever Shine On”, l’eccelsa “Northern Lights” e “Tonight I’m Falling” tolgono la stanchezza di questa due giorni, anche se l’apice viene raggiunto con l’inno “Intuition” e con le conclusive “Downhill Racer” e “Seven Seas”, cantate anche dalle macchine fuori nel parcheggio. Ma c’è tempo ancora per qualche emozione e i TNT rientrano per regalare la ovvia “Listen To Your Heart”, “10000 Lovers (In One)” e la hit “Everyone’s A Star” che mette la definitiva parola fine a concerto e festival.

TNT setlist:

Give Me A Sign

As Far As the Eye Can See

She Needs Me

Desperate Night

Invisible Noise

Child’s Play

Guitar Solo

Forever Shine On

Northern Lights

Tonight I’m Falling

Intuition

Downhill Racer

Seven Seas

Encore:

Listen To Your Heart

10,000 Lovers (In One)

Everyone’s A Star

Eccoci giunti alla fine di questa edizione attesa per mesi e che non ha tradito le aspettative. I complimenti, oltre alle bands, vanno alla Frontiers Records che ogni anno riesce sia a mantenere alta la qualità dell’evento sia ad eccellere in termini di organizzazione…e il fatto che un terzo dei presenti fosse straniera è un fattore da non sottovalutare. In attesa di sapere come sarà l’edizione 2018 è bello crogiolarsi nel ricordo degli shows di alcune band che solo lo scorso anno mai nessuno avrebbe sperato di vedere dal vivo nel nostro paese.