Loading

LOWLANDS DEATHFEST IV

Apro questo report con delle scuse di cuore nei riguardi degli organizzatori e di tutte le band che hanno suonato nel pomeriggio per essere riuscito a vedere solo la serata e quindi gli ultimi tre gruppi. Purtroppo sto diventando clamorosamente vecchio e dopo la seratona Leprous con conseguente Modena-Milano and back un pomeriggio relax era indispensabile. Comunque, senza nulla togliere al valore di chi ha suonato nel pomeriggio, sono riuscito a vedermi i grupponi e a cogliere il calore di una comunità, quella death più oltranzista, che sta raggiungendo numeri significativi e che ha un calore indescrivibile. Vedere così tanta gente da tutta l’Italia riunita nella mia amata/odiata bassa emiliana è qualcosa che fa bene al cuore, soprattutto perché fino a pochi mesi fa si pensava semplicemente alla sopravvivenza e non ai concerti. Ma evidentemente noi, e gli italiani in generale, siamo più forti dei terremoti e delle sfighe. E poi la musica è vita. Anche se è Death metal.

CEREBRAL EFFUSION

Entro nella bellissima sala concerti che i baschi Cerebral Effusion hanno iniziato a suonare da qualche minuto. Mi concentro un attimo sul palco, molto professionale, e sull’acustica veramente impeccabile, poi la mia attenzione si sposta sul quartetto. C’è chi me ne parla come un gruppo di culto, ma evidentemente molto underground perché a conti fatti molti in sala li apprezzano pur sentendoli per la prima volta. Sulle prime il brutal death super gutturale dei Cerebral Effusion risulta decisamente coinvolgente e divertente, poi alla lunga distanza il quartetto risulta un po’ ripetitivo e perde di mordente. C’è da dire che di esperienza sul groppone i quattro baschi ne hanno da vendere, quindi ovviano alla monotonia di fondo con una tecnica decisamente buona (ma ad un deathfest di gruppi da oratorio non se ne trovano tanti!) e dei brani ben strutturati, con rallentoni devastanti che fanno muovere la testa a mezza sala e parti veloci che fanno pogare l’altra metà. Divertentissima l’espressione con cui il cantante/bassista Cosme guarda il pubblico, quasi che non creda ai suoi occhi nel vedere un simile delirio!

ANTROPOFAGUS

Finalmente ci siamo. Da quando ho avuto la fortuna di recensire Architecture of lust ho una voglia folle di vedere questi quattro mostri di tecnica e brutalità controllata, se così si può definire, dal vivo. I primi minuti non riesco assolutamente a distogliere lo sguardo dalla batteria di Brutal Dave. Ok, i trigger saranno anche a dei livelli “mitraglia” che sinceramente mi infastidiscono, però vedere un uomo (ma ne siamo sicuri?) suonare così veloce e con una fantasia tale con la nonchalance tipica di un jazzista è veramente un’esperienza. Ok, dopo avere constatato che il buon Davide è effettivamente il miglior batterista metal italiano in circolazione, è ora di concentrarsi sulla performance degli Antropofagus. La scaletta scorre via che è un piacere, con molti pezzi dell’ultimo album ormai classici come “Exposition of deformities” alternate a a brani storici e bordate doom. Tutto molto bello, ma una certa freddezza che si respira su album si avverte anche dal vivo, con la tecnica a volte che si impone sulle emozioni. Comunque si avverte chiaramente che la line-up ormai è stabile e l’affiatamento è notevole, quindi il prossimo passo spero sia di un’umanizzazione dei brani che li renda più coinvolgenti anche per chi non ama la tecnica fine a sè stessa. Bellissima l’ultima canzone che vede salire sul palco Mariano dei Septycal Gorge a deliziare il pubblico on il suo tipico screaming da “suino al macello” (detto in senso buono, eh!).

SEVERE TORTURE

Se gli Antropofagus convincono me ma non tutti i presenti, con i Severe Torture si va sul sicuro e l’attesa per la storica band olandese diventa palpabile mentre sul palco c’è il cambio di strumentazione. Chi ha avuto occasione di vederli già dal vivo me ne ha parlato in termini entusiastici come delle vere e proprie macchine da guerra. Effettivamente il quintetto sale sul palco e subito emerge la loro classe ed esperienza. Occhio che parliamo di classe applicata al death metal, quindi non frizzi e lazzi vari ma quell’intelligenza che si matura dopo anni on the road che ti permette di unire la giusta dose di tecnica a groove e brutalità. I Severe Torture non ci mettono nemmeno quel classico brano di rodaggio per scaldarsi e cominciano fin da subito ad infiammare il pubblico alternando brani più recendi alle amatissime mazzate old school. Otto ore abbondanti di festival segano le gambe anche ai più giovani, tant’è che il pogo non è selvaggio come per i Cerebral Effusion, ma chicche come “Feces for Jesus” e “Grave condition” infiammano non poco i presenti, al punto che c’è chi si arrampica anche sulle finestre per avere la visuale migliore. Se a una prestazione di altissima caratura aggiungete anche che i cinque olandesi si rivelano persone gentilissime, ringraziando a più riprese organizzazione, pubblico e bands, il concerto dei Severe Torture assume una caratura di altissimo livello, degna conclusione di un festival che innalza fieramente la bandiera maciulenta del death metal e la fa sventolare in paesi abituati al rock rassicurante di Ligabue, riscuotendo ogni anno consensi sempre maggiori.