
La possibilità di assistere a show di band di un certo lignaggio in un contesto molto raccolto come quello del Magnolia è un treno che non passa tanto spesso, va preso al volo, consapevoli che assistere a un concerto in queste condizioni capita di norma per gruppi emergenti, non per i grossi calibri. Così, se l’altr’anno avevamo avuto la fortuna di vedere all’opera il trittico Coliseum-Bison B.C.-Kvelertak, la primavera del 2011 saluta il passaggio in quel di Segrate dei Malevolent Creation, per la prima delle loro tre date italiane. Non ci sono support act, solo gli inossidabili deathsters floridiani, un manipolo di rozzi omaccioni che mai, nella lunga carriera intrapresa finora, hanno abbandonato gli stilemi dell’estremismo più brutale ed intransigente. Sempre a cavallo fra death floridiano e brutal purulento, la creatura di Phil Fasciana ha mantenuto negli anni uno zoccolo duro di fans che difficilmente dà buca nelle rare occasioni in cui i nostri si presentano nello Stivale. Difatti, pur non potendo parlare di un’affluenza oceanica, numerosi death metallers hanno deciso di massacrarsi un po’ questa sera, ingolositi tra l’altro da un prezzo veramente esiguo, 10 euro appena.
Dato il carattere underground della serata, i musicisti sono tutti in giro per il Magnolia e si fanno fotografare volentieri con chiunque lo richieda, fumano e bevono placidamente, si “ingranano” poco a poco prima di salire sull’angusto stage del locale. Dovrebbero iniziare a suonare per le 22, prima però c’è da assistere all’inopinata mattanza europea della scalcinata Internazionale morattiana. Considerato che tutti gli interisti sono a casa a trepidare, va da sé che davanti ai maxischermi del circolo arci si posizionino gufi assetati di tregenda e omeriche cadute, che vedranno soddisfatte le proprie ambizioni distruttive nei confronti del nemico ad un livello per nulla preventivato.
Terminate lo ostilità sportive, sarebbe ora di iniziare a suonare, ma la Creazione Malevola si fa attendere, fa la bella donna, soprattutto si sbronza alla grande e noi, intanto, aspettiamo. Finalmente, ai primi sentori di spazientimento degli accorsi, Brent Hoffman, lo storico singer del combo, si presenta birra munito davanti a noi, insieme al resto della ciurma. Non paiono molto presenti i membri del gruppo, Fasciana e Hoffman in particolare caracollano un poco, mentre Gio Geraca è il più minaccioso coi suoi tatuaggi mostruosi e le braccia della circonferenza di una sequoia. Incuriosice il bassista, un ragazzino, avrà passato da poco i vent’anni, credo sia un sessionman, sicuramente sta vivendo un’esperienza unica, aggregarsi a dei mostri sacri e fare un tour in loro compagnia non capita a tutti. Le impressioni di pressapochismo e poca voglia di suonare svaniscono in poche note, siamo investiti da un turbine di riff macilenti e sprizzanti sangue, da ritmiche infernali, che esplorano gli incubi lovecraftiani e ce ne restituiscono l’immagine abominevole che solo il miglior death sa tramutare in note. L’atmosfera cupa e malsana di questo genere, quando è riproposto nella sua forma più vera e sentita, viene vomitata sui presenti con insaziabile foga distruttiva, non c’è ombra di distacco nell’atteggiamento dei cinque e non c’è nemmeno quel mostrarsi truci e cattivi, gratuito e un po’ ridicolo, di certi act più giovani. Anzi, tra un brano e l’altro i Malevolent Creation sono degli autentici mattacchioni e non risparmiano battute. Si prendono le loro pause, rifiatano e cazzeggiano, poi quando ripartono ti mozzano il respiro e riescono a scatenare pure un discreto mosh nelle prime file. Più indietro, non si sta comunque fermi, le teste roteano all’unisono con chi calca lo stage, la simbiosi col gruppo è totale, l’aria si fa spessa e l’energia espressa, su e giù dal palco, si tramuta in grondante sudore. I pezzi più datati provocano le urla più belluine, ma dire che le canzoni di Invidious Dominion sfigurino al loro cospetto sarebbe un delitto, perché anche queste rendono in maniera allucinante, suonando ancora più depravate che su disco. Dopo circa un’oretta di devastazione, con Hoffman su livelli stellari per presenza scenica e minacciosità del growl, i cinque se ne escono da un pertugio che dà sull’esterno, dalla parte del tourbus, attendono le richieste di bis e poi rientrano, per sparare le ultime cartucce. Sono graditi proiettili a espansione, l’ultimo dei quali è il manifesto della band, Malevolent Creation, song accolta con un’ovazione degna di audience ben più nutrite. Siamo ai titoli di coda, per una data assolutamente memorabile, di quelle che lasciano il segno sia fisicamente che mentalmente.