E’ la giornata del Samahin, è la giornata in cui, secondo la tradizione celtica, il mondo dei vivi si avvicina (come non mai durante l’anno) al mondo dei morti. E’, come viene volgarmente chiamato, semplicemente Halloween. La location scelta è in linea con lo spirito di questa festività: una Moncalieri spettrale, con il freddo e la nebbia intenti a dare anche il loro contributo alla riuscita di questa atmosfera che fa da cornice al concerto. L’Audiodrome Live Club che ospita la serata non è da meno: luci soffuse, candele, calici fumanti e incenso. A tutto questo aggiungiamoci individui macabramente mascherati come tradizione impone e abbiamo tutti gli ingredienti per assistere ad una serata memorabile.
Dopo pochissima attesa dall’apertura dei cancelli si presentano sul palco i MaterDea, band torinese capitanata dal chitarrista Marco Strega (conosciuto anche per essere il co-fondatore del rock demenziale delle Trombe di Falloppio) e dalla vocalist Simon Papa. I MaterDea propongono un folk Metal con influenze celtiche ma l’ultimo album “A Rose of Egeria” presenta un punto di svolta rispetto ai due lavori precedenti, che vede calare la componente folk a vantaggio di elementi più gotico/sinfonici. E questo live vedrà proprio contrapporsi canzoni di puro folk Metal ad altre “contaminate” da elementi talvolta più sinfonici, talvolta più “guitar-oriented”. Si parte infatti subito con tre canzoni del nuovo album, “Beyond the painting”, “Tàlagor of the storms” e “An unexpected guest” in cui, pur essendo presenti importanti parti melodiche e con il violino sempre al centro dell’attenzione, il folk non è comunque l’assoluto protagonista. Il pubblico è freddino ma con la prossima canzone le cose cambiano. Si passa infatti a “Benandantes, Malandantes” che ci riporta totalmente nel folk che ha reso i MaterDea una delle migliori band del proprio genere: è un pezzo spensierato, allegro, con un ritmo capace di coinvolgere anche l’individuo più scorbutico presente. La canzone tra l’altro ha un significato più profondo di quello che potrebbe sembrare a prima vista: è infatti una citazione di “Sciarazula, Marazula” di Mainerio, un inno alla speranza e alla gioia di lottare in difesa della natura troppo spesso maltrattata. Si prosegue poi con “Altars of secrets” del nuovo album. Chiaro l’intento di non risultare mai banali o eccessivi. Il folk infatti, sopratutto live, è un genere che, se non amato alla follia, rischia di stufare e di dare quella sensazione di “già sentito”; invece i MaterDea sono stati bravissimi anche nella scelta di questa scaletta a non far mai annoiare il pubblico presente. Il concerto si chiude con “Running all night with the wind” e la title-track della loro ultima fatica “A rose of Egeria”, canzone che spicca per il poetico intro stile gothic ed un sound aggressivo caratterizzato da potenti riff di chitarra.
Una quarantina di minuti di concerto dei MaterDea ad altissimo tasso qualitativo, in cui spiccano la bravura della violinista Elisabetta Bosio, la cui passione traspare in ogni singola nota suonata, dell’affascinante Simon, sempre una garanzia e del carismatico chitarrista Marco. Personalmente l’unica nota negativa riguarda il sound della tastiera, spesso troppo “nascosto” rispetto agli altri strumenti (almeno dalla nostra posizione) e, con una tastierista brava come Elena Crolle (la stessa dei Sound Storm) è davvero un peccato. Ma purtroppo non sarà l’unica debacle acustica della serata all’Audiodrome.
La seconda band a presentarsi sul palco sono i Sound Storm, sconquassati da diversi cambi di line-up nel corso degli ultimi anni. Su tutti infatti, c’è stato un avvicendamento alla voce: Filippo Arancio infatti non è più parte della band e, per queste quattro date del “Symphonic autumn blast tour 2014” a prestare la voce ai Sound Storm ci ha pensato Fabio Privitera. Devo ammettere che non conoscevo le sue doti canore ed in me (come in molti fans) c’era molta curiosità. Senza troppi giri di parole, devo dire che ha fronteggiato alla grandissima le aspettative: voce potente, versatile (ottimo sia nelle parti power che in quelle più growl), ma anche carisma e simpatia nel fronteggiare qualche inconveniente tecnico (cavi che si intrecciano tra loro manco fossero le classiche cuffiette), qualità che non tutti possiedono. Hanno iniziato con la title-track del loro ultimo concept “Immortalia”, di cui fanno parte quasi tutte le canzoni che han fatto (tranne tre): intro cantato in italiano, che ci cala immediatamente nell’atmosfera power/symphonic della band, proseguendo con “Back to life”, “Wrath of the storm” e “Blood maiden”, canzoni potenti e veloci con elementi sinfonici che spiccano grazie alle tastiere di Elena Crolle che coinvolgono il pubblico presente anche grazie a passaggi in lingua italiana e cantati a tratti in stile tenore ed a tratti in stile più growl. Insomma, chi pensava ad una copia sbiadita dei Rhapsody Of Fire ha fin da subito capito che si sbagliava. Del resto, se da anni suonano (spesso) con gli Haggard, un motivo ci sarà!! “Faraway”, pur non essendo imponente come le precedenti, si lascia comunque ascoltare piacevolmente, ma con “Curse of the moon” torniamo a livelli di eccellenza, grazie anche e sopratutto alle chitarre di Rocco Mirarchi e Valerio Sbriglione. Proseguono con “Promises”, altro ottimo pezzo, suonato egregiamente, che strizza l’occhio all’heavy ma in cui spicca l’elemento sinfonico del ritornello tanto da ricordarmi gli Epica! La successiva, “Bloody tears” è la celeberrima soundtrack del gioco Castlevania, adattata allo stile dei Sound Storm, molto apprezzata dai fans del gioco ma non solo. Un ritorno al passato con le ottime “Ecclesiae Iudicium” e “Torquemada” prese dal precedente album “Twilight opera” per poi chiudere con “Portrait”, personalmente la mia preferita dei Sound Storm: nove minuti circa di variazioni ritmiche ed orchestrazione, un capolavoro! Ho iniziato celebrando la bravura di Fabio, ma non posso chiudere sui Sound Storm non esaltando anche tutti gli altri membri: Valerio Sbriglione e Rocco Mirachi alle chitarre, Massimiliano Flak al basso, la stessa Elena Crolle dei MaterDea alle tastiere e Alessandro Bissa alla batteria. Per potere rendere live un genere così variegato ed impegnativo come il loro, c’è bisogno che tutte le componenti diano il 100%, e così è stato! Bravi!
Arriviamo infine agli Haggard, band storica che fa del connubio tra la musica classica ed il Metal il proprio punto di forza. Il locale non conterà più di qualche centinaia di fans e sicuramente è una cosa sorprendente in quanto band del calibro degli Haggard (ma anche MaterDea e Sound Storm) meritano palcoscenici più gremiti. Ma mai come questa volta vale il detto “pochi ma buoni”. Già all’ingresso della band è evidente anche a chi non li conosce (grave mancanza!) che gli Haggard sono unici nel loro genere. Ci vogliono 5 minuti buoni infatti prima che ciascun membro raggiunga la propria “postazione”: stiamo parlando infatti di 13 musicisti suddivisi in violoncello (Jo Schleiermacher), tre violini (Aline Deinert, Cosmin Nechita, Lisa Hellmich), oboe (Stefana Sabau), flauto (Catalina Popa), basso (Giacomo Astorri), tastiera (Hans Wolf), chitarra (Claudio Quarta), soprano (Janika Groß), tenore (Martin Florestan), batteria (Maurizio Guolo) ed il cantante/chitarrista fondatore della band Asis Nasseri. Tutti rigorosamente vestiti di nero ma nello stesso tempo con un look raffinato ed elegante. La sola presenza scenica è imponente, ma quando si parte con l’intro “Hall of kings” la maestosità della band viene fuori lasciando senza parole chi, come me, non aveva mai avuto il piacere di vederli dal vivo. Asis e Claudio, italiano come il bassista Giacomo ed il batterista Maurizio, salutano i presenti e ci invitano a goderci lo spettacolo. Partenza col botto con “Of a might divine”: canzone che ben rappresenta lo stile degli Haggard, ritmo ora veloce ora lento accompagnato da un suono in stile medievale che spazia dal growl energico di Asis alle voci più soavi di Janika e Martin, chitarre ora elettriche ora acustiche. Ed è proprio questa la particolarità della band: questo mix di varietà e ritmiche e strumenti che rende ogni pezzo imprevedibile e maestoso. Si passa quindi a “Tales Of Ithiria”, dall’omonimo album, seguita da “The observer”, canzone che ha lo stesso motivetto di tastiera e violini di “Eppur si muove” ma si distingue da essa per essere molto più aggressiva sia a livello strumentale che vocale. Per introdurre “Upon fallen autumn leaves”, probabilmente la migliore dell’album “Tales Of Ithiria”, Asis invita il pubblico a urlare “Moonrise” e, nonostante la freddezza iniziale, riesce nell’intento di scaldare voce e cuori dei fans. Ed i risultati si vedono nella canzone stessa in cui i “moonrise” vengono urlati da tutto il pubblico con ritrovata passione. Si prosegue con due brani presi dall’ultimo album (seppur di 6 anni fa!!) “Awaking The Centuries”: “Heavenly Damnation” e “The final victory” sempre di pregevole esecuzione. Quindi si passa ad un nuovo brano che molto probabilmente farà parte del prossimo album (atteso per il 2015) il cui nome dovrebbe essere “Seven from Afar”, nuovo concept album che parlerà parlerà delle fiabe dei fratelli Grimm; la canzone parte lenta con la voce di Asis e chitarra acustica per poi emergere in un turbinio di emozioni ed un ritornello molto piacevole. Un altro capolavoro della band teutonica o semplice entusiasmo di sentire qualcosa di nuovo dopo 6 anni? Ai posteri l’ardua sentenza, ma di certo l’Audiodrome ha gradito. La successiva è “In A Fullmoon Procession”, una sorta di ballata in cui la fa da padrona la tastiera dell’eccentrico Hans Wolf, supportato ora da fiati, ora da archi, per poi cambiare ritmo e scatenare le chitarre e la voce di Asis. Ma è dalla prossima, “Per Aspera ad Astra” che si scatena l’Audiodrome, dove si può apprezzare appieno la bravura del “nuovo” tenore Martin Florestan, alle prime esperienze con gli Haggard proprio in questo mini-tour. Si passa quindi ad “Her Mannellig” dove, se ancora ci fossero dubbi, si può apprezzare appieno la splendida voce della soprano Janika che prende il “possesso” del palco e con la sua stupenda voce incanta gli spettatori, coadiuvata sempre dall’ottimo tenore Martin. A sorpresa in mezzo alla canzone Asis e Claudio, che erano scesi dal palco, si mettono a suonare in mezzo al pubblico, tra la stupore iniziale ed il divertimento di tutti i presenti. Da segnalare qualche problema tecnico da metà canzone in avanti dove il volume delle voci si abbassa improvvisamente fino a che Janika e Martin quasi non si sentono più. Forse proprio per permettere di risolvere questi problemi tecnici prima del gran finale (NDR ipotesi smentita da Claudio che invece mi ha personalmente confermato che erano già in programma indipendentemente dagli inconvenienti tecnici), invece di passare direttamente ad “Eppur si muove” come dalla scaletta di Asis che avevamo modo di sbirciare dalla nostra posizione, vengono eseguite “The Days As Heaven Wept” e “Origin Of A Crystal Soul” dal primo album della band “And Thou Shalt Trust… The Seer” del lontano 1997. Finalmente arriviamo a quella che è la più acclamata della serata “Eppur si muove”: a detta di molti, tra cui di chi vi scrive, la migliore in assoluto degli Haggard, seppur paradossalmente non la più famosa della band. Ora la voce di Janika senza alcuno strumento ad accompagnarla si mostra in tutta la sua maestosità, le stupende melodie della tastiera echeggiano, il growl in italiano di Asis ci permette anche di apprezzarne la migliorata pronuncia rispetto alla versione in studio (cambièra diventa finalmente cambierà). Il ritmo vorticoso delle chitarre e dei violini rendono questa canzone un vero e proprio capolavoro e l’Audiodrom ne è totalmente assorto. Passiamo quindi alla presentazione di tutti i componenti della band e successivamente a “Awaking the century”: melodie di archi, flauti e pianoforte si intrecciano e si alternano magistralmente, così come il growl di Asis e le voci di Janika e Martin per un finale emozionante. Ma quando sembra che siamo ai saluti, Asis & company ci stupiscono con un’altra canzone, addirittura la terza “fuori programma”: “All’inizio è la morte”. Un finale speciale per un concerto grandioso. La cosa che più mi ha colpito è stata la partecipazione e l’affinità fra tutti i componenti della band. E non è così facile essendo in 13. Anche quando gli archi o i fiati non suonavano, i musicisti invece di essere fermi in attesa di rientrare, come succede nei concerti di musica classica, si lasciavano andare muovendosi a tempo della musica o cantando loro stessi (non avevano microfoni) come fossero fans qualsiasi. Su tutte la soprano Janika, letteralmente scatenata con l’headbanging quando non cantava, al punto tale, durante “Eppur si muove” da quasi sbagliare l’attacco alla strofa, rischiando di anticipare il suo ingresso vocale. E’ stato piacevole constatare come ogni membro non era lì solo per eseguire il “compitino” bensì era partecipe anche quando non direttamente impegnato, ci hanno messo talento, qualità, passione ma anche quantità, perché tra divertenti interazioni col pubblico e canzoni il concerto è durato quasi 2 ore e mezza, cosa assai rara per le band oggi giorno. La speranza è che il 2015 porti un album sul livello in cui ci hanno abituato gli Haggard e che possano tornare a suonare in Italia, magari con una cornice di pubblico più consona alla loro bravura.
SCALETTA MATERDEA:
– Beyond the painting
– Talagor of the storms
– An unexpected guest
– Benandantes, Malandantes
– Altars of secrets
– Running all night
– A rose for Egeria
SCALETTA SOUND STORM:
– Immortalia
– Back to life
– Wrath of the storm
– Blood of maiden
– Faraway
– Curse of the moon
– Promises
– Bloody tears (Castlevani cover)
– Ecclesiae ludicium
– Torquemada
– The portrait
SCALETTA HAGGARD:
– Hall of the king
– Of a might divine
– Tales of Ithiria
– The observer
– Upon fallen autumn
– Heavenly damnation
– Ravenchild / Seven from Afar
– In a fullmoon procession
– Per Aspera ad Astra
– Her mannelig
– The days ad heaven wept
– Origin of a crystal soul
– Eppur si muove
– Awaking the centuries
– All’inizio è la morte