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MILANO THRASH FEST

Il fenomeno thrash si sta espandendo oltre ogni previsione. L’ennesima prova tangibile l’abbiamo avuta sabato 30 maggio in un Thunder Road che non ricordavo così pieno da anni a un concerto metal, per la seconda edizione del Milano Thrash Fest.
Tale affluenza non è da imputare però solamente al “fattore moda” che ha permesso a tanti giovani metalheads di arruolarsi al sacro esercito del Thrash; la On Dead Sound infatti ha fatto le cose in grande, addirittura al di là di ogni previsione.
A comandare una schiera di più o meno rodate band dell’underground italico sono infatti gli storici Sodom, band da cui non si può prescindere quando si parla della storia di questo fantastico genere musicale, nonché, per gli esordi, influenza preponderante assieme a Venom, Hellhammer/Celtic Frost e pochi altri per quel che sarebbe poi divenuto il black metal.

Sono le 20.00 quando in un Thunder Road già colmo aprono le danze i meneghini Art of Silence.
Non avevo mai avuto il piacere di sentire questa band, che si dimostra fin dalle prime note la band più particolare della serata, dimostrando di saper passare abbastanza agevolmente da un riffing black metal o comunque debitore alla terra scandinava a parti molto più death/thrash oriented senza trascurare la verve epica, presente in molti dei brani eseguiti ed enfatizzata dalla voce del singer Cristiano. Le idee e la qualità sicuramente ci sono, bisogna forse lavorare un attimo di più sull’amalgama del tutto, la band comunque tiene il palco bene dimostrando buona presenza scenica e una buona fetta di pubblico sembra apprezzare la proposta del combo. Non è finita qui però, prima della conclusione del loro show gli Art of Silence decidono di accontentare anche i thrashers più duri e puri proponendo una cover della storica Angel of Death che scalda la folla a dovere. Bravi!

Il secondo posto nel bill lo occupa una band di recente formazione, tali Blaze of Hate da Verona, in cui troviamo l’ex bassista dei Death Mechanism (anche loro nel bill della serata) Marco esibirsi alla voce oltre che alle quattro corde.
Thrash/Death che più marcio non si può, senza fronzoli ne orpelli di nessun tipo, debitore ai primissimi Kreator e agli headliner della serata, infarcito di blast beats con l’obiettivo di estremizzare ancora più il tutto. Alla folla l’ignoranza musicale piace!

Viene ora il turno degli Endless Pain. Oramai veterani dell’underground italiano con una costante presenza live soprattutto nel nord Italia i nostri sciorinano una prestazione compatta senza avere mai cali di tensione che scatena un mosh continuo (che da ora non vedrà più fine fino al concludersi della manifestazione) sotto il palco. La maggior parte dei brani eseguiti è tratta dall’ultimo full lenght De-Generation war uscito l’anno scorso. È la quarta volta che ho il piacere di vedere esibirsi la band, la terza con un singer diverso. Il nuovo cantante appesantisce ancor di più la proposta del combo utilizzando per la maggior parte del tempo growl gutturali che ben si abbinano al thrash estremo del combo bresciano.

Ci si avvicina sempre di più alla fine, sono infatti le 22.00 quando sul palco salgono i Death Mechanism. Ero curioso di vedere dal vivo questo gruppo che, soprattutto negli ultimi anni, sta raccogliendo un sacco di consensi. Beh, niente da dire, il trio sul palco è una furia. La maggior parte del pubblico che fino ad ora è stato fuori dal locale entra riempiendo in ogni ordine di posto il Thunder pronto a esaltarsi e a ricambiarsi furiose mazzate con la band.

Siamo però al terzo gruppo di fila che suona lo stesso genere, già di per se poco vario. Ci attenderanno Irreverence e Sodom.
Nonostante le buone prove delle bands, qualche sbadiglio comincia ad arrivare. Vista la durata del festival, forse qualche variazione sul tema ne avrebbe aumentato la longevità, visto che comunque il thrash è un genere pieno fino all’orlo di sfaccettature, stili e contaminazioni.

Ecco gli inossidabili Irreverence, vero e proprio monumento dell’underground italico, i nostri negli anni, grazie a una costanza nell’attività on-stage che ha pochi pari, uno zoccolo duro di fan incalliti sempre pronti a supportarli e ad aiutarli a buttar giù qualche locale.
Il quartetto come al solito ci da giù di brutto, qualche errorino d’esecuzione qua e là ma non importa proprio a nessuno! La scaletta si concentra soprattutto sull’ultimo War Was Won dal quale ricordo Slaughter of the innocence, The last chapter, Dredgs of society (con tanto di dedica alle forze dell’ordine e tutta la mia stima). La band ci propone anche un brano nuovo prima del gran finale, con la solita cover di Es Gibt Kein Bier Auf Hawaii cantata da Mr. Angelripper in persona!

Un ampio cambio palco permette a tutto il pubblico di rifocillarsi e recuperare ultime energie per il rush finale. È arrivata l’ora, un boato generale accoglie le note di Napalm in the morning, posta a inizio scaletta quasi fosse un riscaldamento per il trio di Gelsenkirchen. Immediatamente dopo, lo Zio Tom annuncia Outbreak of evil, e qui comincia il vero concerto! La band è in palla nonostante il caldo torrido e non risparmia un’oncia di violenza, sotto al palco è un mosh unico e goduriosamente tremendo. Da ora in poi non si respirerà più: vengono inanellate di fila Fuck the police (immensa), Der Wachtum, The saw is the law e la mitica Sodomized! La stanchezza comincia a farsi sentire e giustamente i Sodom premono sull’acceleratore annunciando la cover di Iron fist, seguita a ruota da Obsessed by Cruelty e dalla storiche Agent Orange e Witching Metal (dedicata al defunto Chris Witchunter) che scatenano un putiferio infernale.
Mai aggettivo fu più azzeccato per descrivere il tutto: il caldo torrido fiacca il respiro di pubblico e band, sotto il palco è un liquame unico ogni persona è fradicia dalla testa ai piedi ma ci si continua a “menare” imperterrito ardore, quasi fosse un obbligo morale per tributare ringraziamento a questo meraviglioso trio. Dopo l’esecuzione di City of God anche la band chiede cinque minuti di pausa, per poi tornare a farci ancora più male di prima. Sodomy and lust, M-16, poi le presentazioni e la mazzata finale:
Blasphemer, Ausgebombt, Remember the fallen e la conclusiva e immancabile Bombenhagel eseguita a velocità folle con Angelripper che a ogni giro scorda e distorce sempre di più il proprio mitico e scalcinato quattro corde.
Era dal lontano 1993 che i Sodom non si presentavano da headliner nel belpaese, direi che il ritorno non poteva essere migliore in nessun modo, un concerto devastante, intenso, faticoso ma decisamente appagante e, almeno personalmente, molto emozionante, nonostante il genere non sia proprio di quelli che va direttamente al cuore.
Per me i re di Germania sono sempre stati loro e stasera lo hanno dimostrato alla stragrande: lunga vita ai Sodom!