Benvenuti all’ultimo appuntamento dell’estate metallica italiana, l’unico per il quale Heavyworlds ha ricevuto una risposta positiva per quanto riguarda accrediti e photo pass.
Questo Rockin’Field ha inesorabilmente pagato la scorpacciata di festival e concerti nell’ultimo periodo. Prima la tre giorni di Gods of Metal, con pronti via…Maiden, Slayer, Judas Priest, poi i due giorni di Evolution Festival, poi i Metallica nell’unica data italiana, poi aggiungiamoci anche Whitesnake – Europe a Padova un paio di giorni prima.
Purtroppo le tasche dei ragazzi non sono infinite ed il pubblico ha castigato gli organizzatori giungendo in quantità decisamente ridotta.
Veramente un peccato perché la proposta musicale era davvero imperdibile! L’unica (e forse l’ultima…) data in Italia di Avantasia era un qualcosa da non mancare e chi ha assistito allo spettacolo credo proprio ne sia stato soddisfatto!
D’altra parte lo sforzo economico per portare Avantasia headliner come era giusto che fosse, ha penalizzato leggermente la composizione del bill, richiamando solamente gli Helloween come “big”.
Gli altri gruppi si sapeva che non avrebbero portato folle oceaniche, però la possibilità di vedere in Italia acts come Eluveitie, Threshold e Biomechanical era ghiotta, così come la curiosità di vedere i Vision Divine con Lione alla voce.
A parte la poca affluenza di pubblico ed una lunga attesa per l’apertura della cassa accrediti (2 ore quasi), l’organizzazione ha saputo divincolarsi bene nell’insidie di un festival come questo. Buoni i suoni, ottime le bottigliette d’acqua gratuite per le prime file (e per i fotografi :P), bene la security una volta tanto disponibile e rilassata e decisamente accettabili i panini e la pizza al punto ristoro.(invece secondo me la PROMOZIONE pizza + birra a 11€ era un furto. ndDavide)
Peccato per la pioggia battente che ha imperversato per circa un’ora abbondante durante l’esibizione degli Epica ma che ha annullato l’inesorabile e spossante canicola che era scesa all’idroscalo.
L’augurio è che l’anno prossimo venga organizzata una seconda edizione del Rockin’Field, magari anticipandolo di qualche settimana e facendolo entrare in competizione diretta alla pari con i soliti altri appuntamenti organizzati dall’altro solito promoter!

A causa del ritardo dell’apertura della cassa accrediti sopra menzionato, arrivo purtroppo sotto il palco quando il quintetto nostrano ha già iniziato la propria esibizione.
Sebbene avessino a disposizione solamente venti minuti e il compito di inaugurare questa edizione del Rockin’Field, i Clairvoyants hanno largamente fatto intravedere di che pasta sono fatti, dimostrando di avere capacità tecniche e tenuta del palco da pro sebbene il loro primo disco debba ancora uscire!
Stiamo parlando infatti di un monicker nato come tribute band della Vergine di Ferro, con alle spalle centinaia di date nei migliori locali italiani, collaborazioni con grandi personaggi del mondo metallico (Blaze Bayley, Dennis Stratton, Timo Kotipelto, Andre Matos…, Jorn Lande, David DeFeis, Doro) e che con il passare degli anni, presa coscienza dei propri mezzi, ha finalmente compiuto il grande passo verso la composizione di pezzi propri.
L’attesissimo debut album uscirà ad ottobre per Valery Records e nei loro 20 minuti di esibizione abbiamo potuto ascoltare 4 pezzi tratti da esso. L’opener Journey Through The Stars, pezzo in pieno stile Maiden, potente, immediate e con dei riff degni del trio Murray – Smith – Gers, la successiva The Lone che segue la falsa riga della prima e due pezzi più tirati con un qualcosa di Metal Church e Iced Earth come The Pain Of Sigh e Sheer Hate. Ciò che è si è capito dalla breve esibizione è che il materiale composto è ottima fattura e che, soprattutto, il combo sembra nato per suonare dal vivo.
Quindi non resta che aspettare la fine dell’estate per l’uscita del nuovo album, l’annuncio dell’altro special guest che sarà presente sul disco oltre al già confermato Oliver Palotai (chitarrista e tastierista di Blaze, Kamelot e Doro) e la pubblicazione di nuove date live.
Clairvoyants are gonna get you!
Alberto Viale

Il Gruppo Britannico, è forse quello che meno c’entra nell’intero bill del rockin’ Field. La loro proposta è di difficile catalogazione. Fautori di un metal pesante di varia composizione, che spazia dai sincopati e squadrati Meshuggah fino a giungere alle atmosfere dei Cradle of filth. Purtroppo per loro la gente assiepata sotto il palco è poca, causa anche dell’ora in cui si esibiscono.
Molti brani sono estratti dall’ultimo loro lavoro “Cannibalized” e il tempo a loro disposizione scorre via fugace. Tempo che viene ridotto ulteriormente a causa dei problemi di amplificazione della chitarra fino a giungere allo stop definitivo quando il problema si verifica di nuovo.
A parte questo l’esibizione è buona, anche se, come detto in precedenza, un po’ fuori dal contesto tematico del fest.
Davide Panzeri

Ed eccoci finalmente ad uno dei momenti più attesi, sotto la calura estiva, dopo un’esplosiva performance dei Threshold: è il momento di vedere Fabio Lione alle prese con i Vision Divine. L’attesa è stata veramente tanta, così come la curiosità, per tutti, sia per i fan dei Rhapsody, sia per quelli dei Vision Divine.
Tra il pubblico sento le solite discussioni che si presentano ad un cambio di line up. Il gruppo non delude affatto le aspettative e Lione riesce a rendere meravigliosamente le canzoni cantate da Luppi, con una potenza e pulizia nella voce veramente ammirevoli. Una performance decisamente coinvolgente e maiuscola, senz’altro una delle migliori, da parte anche degli altri membri del gruppo, e molto gradita dal pubblico. Tuttavia verso A Perfect Suicide e Vision Divine qualcosa inizia a guastare l’atmosfera: non di certo i musicisti, ma le nuvole nere che si addensano in cielo! Un’atmosfera adatta agli ultimi tre brani, quali Alpha & Omega, God Is Dead e Send Me An Angel, dove anziché un Angelo inizia a cadere pioggia copiosa, tant’è che Lione commenta qualcosa come “Beh, questo non è esattamente quello che volevamo!”. Ma il pubblico resiste e da’ il massimo anche sotto la pioggia. Decisamente promossi anche con Fabio Lione alla voce e ottimo concerto, per essere uno dei primi, anche se un paio di canzoni in più non sarebbero state totalmente disprezzate.
Scaletta:
– Secret of Life
– Colours Of My World
– A perfect Suicide
– Vision Divine
– First Day
– Alpha & Omega
– God Is Dead
– Send Me An Angel
Alessandra Leoni

Sotto il diluvio universale si apre la performance degli Epica, tanto attesi da Febbraio, con l’intro Indigo. Il pubblico fa quel che può per proteggersi dalla pioggia, chi si ripara sotto gli stands, chi si è attrezzato e tira fuori impermeabili, degni di quelli gialli delle Niagara Falls ed ombrelli, per riuscire a stare vicino al palco. Una Simone decisamente sottotono, sia come presenza scenica,sia come voce, apre The Obsessive Devotion.
Un piccolo appunto, che ho notato per tutta la performance: Simone non è sembrata una grande intrattenitrice, difatti appena aveva finito di cantare la sua parte, spariva dietro, lasciando agli altri il compito di intrattenere il pubblico, che comunque reagiva focoso nonostante la pioggia. Sensorium a mio giudizio è sempre stata una bella canzone, ma è stata ben martoriata soprattutto nel ritornello da Simone. Menace Of Vanity francamente non mi ha mai detto niente, né tantomeno è stata capace di entusiasmarmi live. Ma ecco che una Quietus fatta parecchio male da Simone viene risollevata dalla carica di Amanda Somerville, che coinvolge molto di più il pubblico, sempre sotto la pioggia.
Cry For The Moon sarebbe stato meglio non sentirla live, perché forse è stata la peggior canzone come cantato, ed è una gran bella canzone sull’album The Phantom Agony. Simone sembra risollevarsi ( e anche il meteo) per Fools Of Damnation e Sancta Terra, e fa abbastanza bene pure Consign To Oblivion, ma si impasta nel finale. Che dire, un po’ sottotono, una buona performance musicale, ma deludente Simone. Rimandati a Novembre.
Scaletta:
Indigo
The Obsessive Devotion
Sensorium
Menace Of Vanity
Quietus (in duetto con Amanda Somerville)
Cry For The Moon
Crystal Mountain
Fools Of Damnation
Sancta Terra
Consign To Oblivion
Alessandra Leoni

“In the Streets on Halloween There’s something going on…”
E’ giunto il turno delle zucche di Amburgo, la prima delle due Band portanti del Festival. La band sembra effettivamente in palla, addirittura forse ancor di più rispetto al “Hellish Tour” con i cugini Gamma Ray.
Bisogna sottolineare la buona prova del cantante Andi Deris, a discapito dei continui e persistenti confronti con l’ormai troppo rimpianto Kiske.
Lo sappiamo tutti che Deris non è Kiske, ma quale cantante è in grado di raggiungere quelle note che volano alte come le aquile (libere)? Quasi nessuno, anche se uno che è in grado, lo sentiremo di qui a breve nello show successivo.
La scaletta dei tedeschi è pressoché identica a quella dell’ultimo loro Tour. Ovviamente non c’è spazio per tutte le canzoni e qualcosa deve essere eliminato.
La combo iniziale è la medesima Halloween + March of Time (e qui avrei da ridire sul fatto di riproporre questa canzone. Che senso ha farla cantare quasi totalmente al pubblico? Boh).
Si susseguono la nuova (nuova mica tanto dato che l’ultimo cd ha ormai 1 anno) As Long as I Fall e l’evergreen A Tale That Wasn’t Right fino a giungere all’attesissimo cavallo di battaglia quale è, Eagle Fly Free (e qui mi tocca dirlo, stuprata brutalmente dal buon Deris).
If I Could Fly e Dr. Stein permettono di risollevare il morale dei presenti, dalla personale Waterloo di Andi, ma il tempo è tiranno, e quale miglior modo di un Medley per dare un contentino ai fan che vogliono sentire questa o quella canzone?
Scorrono quindi veloci, le varie I Can, Perfect Gentlemen, Power e la maestosissima Keeper of The Seven Keys.
Lo show si conclude che le canoniche Future World e I Want Out eseguite senza lode e senza infamia, ma che sfigurano se messe a confronto con le versioni dei cugini (Gamma Ray).
Lo Show proposto è stato comunque soddisfacente ed è servito a scaldare maggiormente i presenti per lo spettacolo successivo.
Davide Panzeri

Un’unica imperdibile occasione per assistere allo spettacolo che ho sempre aspettato. Sì, perché l’opportunità era UNA sola, visto che il carrozzone Avantasia difficilmente ritornerà a suonare dal vivo almeno per qualche anno.
Nato nel 2001, il progetto portato avanti dal mastermind degli Edguy Tobias Sammet ha subito un inesorabile processo di maturazione che l’ha portato ad un ampio successo culminato con la pubblicazione dell’ultimo The Scarecrow.
Il buon Tobias ha portato con sé fior fiori di special guest ed una band di tutto rispetto: Sascha Paeth (Heaven’s Gate, Virgo) e Oliver Hartmann (At Vance) alle chitarre; Robert Hunecke (Turilli, Aina) al basso; Miro Rodenberg (Kamelot, Aina, EdGuy, Epica); Felix Bohnke (Edguy) alla batteria e Amanda Sommerville per i cori. Si sono alternati sul palco personaggi del calibro di Andre Matos, Jorn Lande e Bob Catley.
La scaletta è stata incentrata per lo più sull’ultimo album, ma non sono mancati pezzi classici dai precedenti acclamatissimi lavori.
Ad Aprire le danze è appunto Twisted Mind, della quale la resa live, è davvero impressionante. Su Cd avevo nutrito alcuni dubbi sulla bontà di tale canzone, dubbi che sono stati spazzati via nel medesimo tempo di uno starnuto.
The Scarecrow non ci da tempo di rifiatare, e sul palco fa l’ingresso quel gran personaggio (e cantante) che è Jorn Lande. Ragazzi, che voce! Non ce né per nessuno, veramente una delle voci migliori del panorama Metal. Il pezzo tiratissimo finale della canzone è qualcosa di veramente supermo e indescrivile. Se conoscete la canzone, sapete di cosa sto parlando.
Jorn è in palla e lo si vede/sente. Le impressioni vengono confermate con la successiva Another Angel Down, altro brano estratto dall’ultimo lavoro.
L’intro strumentale, ci conduce alla famosissima Reach Out for the Light cantata originariamente anche da Kiske. Il compito è assegnato a Matos che si difende ovviamente a testa alta. L’unico difetto, non imputabile a lui, è il volume del suo microfono, scandalosamente troppo basso.
Dolci e ritmati archi fanno da introduzione alla bellissima The Story Ain’t Over (cantata da un arzillo Bob Catley ). Non sarà l’unica canzone estratta dai due EP precedenti la pubblicazione di The Scarecrow, a fare compagnia a questa ballata ci sarà Promise Land del duetto Sammett-Lande. Ancora non mi capacito di come due canzoni del genere non possano aver trovato spazio su CD.
Le canzoni si susseguono rapidamente, intramezzate da simpatiche battute e qualche frecciatina al pubblico (riferendosi al numero di presenze) del buon Tobias.
Classici come Avantasia., Serpents in Paradise., Farewell. si alternano a nuovi brani quali la “poppettara” Lost in Space., Shelter From The Rain., I Don’t Believe in Your Love., The Toy Master. ( di quest’ultima non ne capisco l’utilità. Non mi piace su CD e live mi è piaciuta ancora meno).
Il compito di chiudere in maniera degna questo EVENTO, tocca alla magistrale Sign of The Cross ,cantata in contemporanea da tutti gli Artisti, al quale è stata aggiunta una coda particolare: Il ritornello cantato e ripetuto n volte di The Seven Angels. Avrei apprezzato maggiormente se l’avessero eseguita interamente, ma sono conscio del fatto, che, la sua lunga durata (circa 15 minuti) e la grande varietà di stili canori presenti al suo interno, rendevano difficile una sua riproposizione (anche se Bob, Jorn e Andrè avrebbero sopperito in maniera esaustiva ai divirsi stili).
Non è stato un semplice concerto, ma un EVENTO.
Alberto Viale e Davide Panzeri