In un momento storico in cui la Sodomia è stata sdoganata nei palazzi del potere non più, come un tempo, quale semplice vezzo privato, ma come giuoco di società sotto la lente di ingrandimento del giudizio dei cittadini, ecco sbarcare nello stivale i fedeli servitori di questa erudita arte. Tom Angelripper nel nostro paese è amato dai metallari come il Papa dai cattolici e pur non essendogli riservata una cattedrale pari a San Pietro, il nostro affezionatissimo può godersi una venue di tutto rispetto come quella del Live di Trezzo sull’Adda, uno dei pochi posti costruiti con l’idea di ospitare concerti e non per essere un mero contenitore di persone, come di consueto accade.
Ad accompagnare il trio tedesco nella sua opera di razzia ci sono due ensemble dalle sonorità molto vicine a quelle del gruppo principale, gli Irreverence e i Die Hard. Quando i primi calcano lo stage, la folla assume già numeri dignitosi, e lo spettacolo va a cominciare dinnanzi a una cornice di pubblico affatto disprezzabile.

Gli Irreverence sono una band prezzemolo, nella zona del milanese li trovi a suonare ovunque e con chiunque, in pochi tra gli act underground possono vantare un’attività dal vivo così incessante e capillare. Stasera non può che essere una serata speciale per loro, Angelripper è amico del gruppo e ha omaggiato di un suo intervento l’ultimo, valido, Upon These Ashes, per cui la loro presenza cade a fagiuolo, vista tra l’altro l’assonanza stilistica coi maestri germanici. I nostri, purtroppo, non godono di un lavoro al mixer all’altezza e si devono accontentare di chitarre impastate e di una sezione ritmica soffocata e un po’ confusa. Nonostante queste difficoltà tecniche, i quattro non si perdono d’animo e sciorinano con decisione il loro thrash velenoso e moderatamente contaminato con i suoni death svedesi di fine anni ’90. Molto materiale arriva dall’ultimo disco, ma pur premurandosi di promuovere a dovere la loro ultima fatica i ragazzi pescano tra i brani più noti della produzione passata, davanti a un pubblico che va a nozze su queste note spezza collo. Nessuno o quasi si prodiga in un degno mosh, a dispetto di ciò l’attenzione per la performance degli Irreverence rimane elevata e se la presenza scenica, ad eccezione del singer/chitarrista Riccardo Paioro, latita un poco, i quattro avvincono grazie a un sound magari privo di spunti di genio, ma sempre scarnificante in sede live.
Sul finire dell’esibizione è d’obbligo un omaggio a coloro che hanno ispirato la band e l’hanno condotta sulla via della conoscenza e del sapere (il metal questo è, tra le altre cose): una cover degli Onkel Tom, il progetto di rozzo rock’n’roll in tedesco di Angelripper, e la sfruttatissima Ace Of Spades. Entrambe vengono rese bene, prima di un sincero ringraziamento all’audience da parte del singer, che non può non essere soddisfatto dell’accoglienza ricevuta.

Simili a coloro che li hanno preceduti, solo un tantino più estremi e stracolmi di clichè da sfiorare la parodia, i Die Hard si presentano a spalle girate agli astanti e con l’aria da super cattivi modello macchietta, che ormai non sorprende più nessuno e provoca solo qualche ghignata tra i metallers che hanno passato da un pezzo la fase invasata dell’adolescenza, quella in cui una croce rovesciata dà quasi più fremiti di una scena lesbo come si deve. La proposta di questi truci nordici affonda le radici nel black primordiale e nel thrash rustico e poco rifinito, con qualche rimando death e una generale propensione a song semplici ora votate alle alte velocità e alla confusione, ora a mid-tempo discretamente maligni, se non addirittura a giri rock’n’roll con un grado di distorsione da metal estremo. Niente per cui gridare al miracolo, a tratti i Die Hard sono fin troppo elementari in quel che suonano, ma nel complesso, al netto di un’occupazione degli spazi on-stage tutt’altro che da buttar via, gli svedesi si ascoltano con piacere. Si sta parlando di una band d’intrattenimento e con poche pretese, capace però di far svolazzare le criniere al vento e di dare quelle tre-quattro randellate, sempre le stesse, nei punti giusti, così da solleticare l’indole caciarona del metaller medio, che soggiace in un bagno di headbanging in pochi minuti. L’immortalità è una condizione alla quale i Die Hard mai potranno aspirare, ma dal vivo questi blasfemoni se la sanno cavare ed è questo quel che conta stasera, il resto sono elucubrazioni di maniera davanti a un calice di assenzio.

Ci siamo. Il trio di Angelripper, da poco rinnovato negli elementi con l’ingresso di
Markus “Makka” Freiwald alla batteria al posto di Konrad “Bobby” Schottkowski, sale sul palco del Live sulle note della nuova In War And Pieces, sfoderando immediatamente una potenza di fuoco annichilente. Il carattere anthemico del pezzo comincia a far agitare le lunghe chiome dei convenuti e la conquista del suolo italico è già bella che compiuta. L’inizio a briglie sciolte, con Angelripper che osserva sornione e compiaciuto lo stato di adorazione in cui viene scaraventato chiunque tra i presenti, non prelude purtroppo, almeno nell’immediato, a un proseguo altrettanto adrenalinico: poco dopo l’attacco del secondo pezzo, difatti, salta tutto l’impianto audio e passano alcuni minuti prima che il problema venga risolto, dando adito a qualche malumore tra chi comincia a intravedere l’atroce beffa dell’interruzione allo show. Il pericolo viene scampato, per fortuna, e non si avranno altre magagne tecniche per tutta la serata, che riparte all’insegna della violenza più becera e marziale. Tom non è solo una delle più imponenti icone della storia del thrash, è un grande musicista e uno showman impeccabile, che presenta i pezzi con fare cerimonioso, per donare ad essi, ancora prima che le note risuonino, quell’alone di sporca leggenda che li accompagna. La discografia dei Sodom non ha scheletri nell’armadio ed è molto forte anche nella sua porzione recente, setacciata con arguzia per darci in pasto i brani simbolo dei vari M-16, Sodom, In War And Pieces. I suoni arrivano nitidi e straripanti dalle casse, non c’è nulla da appuntare a chi lavora dietro al mixer, grazie a ciò la band tedesca regala grandi versioni delle song più giovani, come di quelle più anziane. I cadenzati maliziosamente groove di Napalm In The Morning e M-16 lasciano cantare oltre che massacrarsi nel mosh, City Of God lascia a bocca spalancata chi non ne conosceva i ritmi atipici e forsennati, mentre Outbreak Of Evil e Nuclear Winter fanno piombare nel marciume più totale. I tre suonano con incommensurabile intensità, Tom annega nel sudore e non perde un colpo vocalmente, martoria il basso con l’energia di un esordiente smanioso di dimostrare al mondo il suo valore, si ingobbisce nell’azione assumendo sembianze da orco nell’atto di compiere nefandezze. Fradicio di sudore, a metà concerto rimane a torso nudo sfoggiando il tipico fisico del metaller birraiolo, ovvero una pancetta prominente orgogliosamente lasciata andare per i fatti suoi, a dimostrare che delle apparenze i grandi uomini se ne fottono altamente. Il “ragazzo”, sempre bello scalmanato, dà anche lezioni di versatilità canora, perchè nelle canzoni più datate sfoggia tonalità talmente corrotte da confonderle col digrignamento di denti della belva più feroce che possiate immaginare. Blasphemer è malata oltre ogni dire, Agent Orange una coltellata irresistibile, Ausgebombt il più sentito omaggio che si possa proporre dei Motorhead senza coverizzarli. Tra chorus da battaglia cantati a un’unica voce da tutto il Live e scorrazzate all’arma bianca sui campi di battaglia di mezzo pianeta, si arriva all’epilogo dopo un’ora e mezza ad alta tensione, prima con Remember The Fallen, poi con una Bombenhagel rantolante, efferata, troppo cattiva per essere di questo mondo.
Che serata, questi sono talmente in palla che vanno avanti per altri vent’anni almeno. Sodom patrimonio UNESCO!