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Therion + Eloyse – Altagia

Esistono due tipi di persone che partecipano ai concerti dei Therion: i fans sfegatati che riescono a comprenderne il tipo di musica fino in fondo e i cosidetti ‘curiosi’, quelli che hanno ascoltato qualche canzone e sanno che la band appartiene a quel (ormai) folto gruppo di band che sono ‘female-fronted’. In entrambi i casi, ad ogni modo, si sa che quello a cui si andrà incontro sarà uno show memorabile. Memorabile in primis, cosa raramente successa, la presenza già alle 19:30 di Christofer Johnsson al banchetto del merchandise che, nonostante la serietà che lo permea perpetuamente, dispensa foto e autografi (e vende pure cd e magliette degli Eloyse, quando la ragazza del merchandise si assenta per una sigaretta). Poca gente inizialmente, cosa che a mio parere ha intimorito la band d’apertura.

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ALTAGIA

La band spagnola sale sullo stage con nemmeno un centinaio di persone davanti allo stage: il loro rock/metal appare grazioso e ben cesellato, grazie alle capacità interpretative di Bella Dianez (vocalist apprezzabile, soprattutto per la volontà di cercare qualcosa di ‘diverso’ dalle proprie corde vocali) e all’estro chitarristico di Igna Jover. Batteria e basso lavorano pesantemente per sostenere i mid tempos (a dir il vero un po’ ripetitivi) presentati nella mezz’ora scarsa di esibizione. Sul finire, nonostante le prime due file si diano da fare per sostenere la band, un velo di abbattimento contagia il quartetto che esegue la song di chiusura, ringrazia e se ne esce un po’ demoralizzata. Ad ogni modo, gli Altagia sono sulla strada giusta per trovare un sound che li renda distinguibili. Show gradevole, band già a un buon livello di professionalità.

ELOYSE

Cambio palco veloce e l’audience (più numeroso) si proietta verso lo stage. E’ cosa risaputa che le band di spalla dei Therion siano sempre una sorpresa (vedesi i Leprous nella scorsa tournee); ma nel caso del combo francese, il risultato finale non ha rispecchiato le attese. Dotati di una cantante piuttosto scontata (e monocorde) e di una sezione ritmica esageratamente minimale, la band si muove su un metal che abbraccia a tratti sinfonismi e a tratti suoni avant-garde di stampo elettronico, fornendo un mix finale che in certi momenti riesce a far scapocciare e in altri contesti scatena sbadigli a raffica. La presenza scenica degli Eloyse è radicalmente basata sulla magrissima vocalist che, tra un incitamento e qualche ‘posettina’, riesce a portarsi a casa una bella fetta di pubblico. Quaranta minutini scarsi per loro, senza infamia e senza lode.

THERION

Circa mezz’oretta di attesa permettono di godersi una sana birretta e la sistemazione di uno stage minimale che non contempla ne situazioni religiose (vedi il tour di “Gothic Kabballah”) ne tanto meno la costruzione operistica che ha accompagnato “Sitra Ahra”. I Therion di questa sera portano in campo i festeggiamenti per il venticinquennale di carriera e l’uscita del nuovo disco “Les Fleurs Du Mal” (acquistabile unicamente al banchetto del merchandise o tramite il sito della band). Si spengono le luci e l’8-piece prende posto sullo stage. Rispetto ai tour più recenti troviamo un tastierista (era più di un decennio che mr. Johnsson e soci usufruivano delle sole basi) e l’assenza di mr. Snowy Shaw come quarto vocalist. Al posto della ricciolina Katerina Lilja troviamo la biondissima Linnea Vikstrom (si, la figlia di Thomas). La partenza è affidata all’intro di “O Fortuna” e alla nuovissima “Poupée De Cire, Poupée De Son”, opener del nuovo platter…con la successiva “Son Of The Sun” si capisce che a comandare la serata saranno Thomas Vikstrom e (soprattutto) Lori Lewis…la scaletta risulta una sorpresa per i presenti, perché arrivano a raffica brani come “Via Nocturna” (Lori e Thomas superlativi), “Vanaheim” e “The Flight Of The Lord Of Flies”. Canzoni come “Abraxas” (ormai un classico dell’era ‘vikstromiana’) e “Siren Of The Woods” sono diventate ormai dei must, ma la presenza in scaletta di perle come “Lemuria” (in versione acustica),  e “Gothic Kabballah” (invero inaspettata quest’ultima) mostrano come mr. Johnsson sia realmente affezionato all’intera discografia della band. Un altro paio di songs dal nuovissimo disco (“J’ai Le Mal De Toi” e “Une Fleur Dans Le Coeur”) ci traghettano nella sezione ‘classici’, dove tra una “Wine Of Aluqa” e una “Ginnungagap” prende forma la più recente “Land Of Canaan” (da “Sitra Ahra”), brano che mostra l’unione e la compattezza di cui i Therion dispongono in sede live. La chiusura porta i nomi di “The Rise Of Sodom And Gomorrah”, “The Khlisty Evangelist” e la superba “Son Of The Staves Of Time” (dove Lori Lewis raggiunge l’apice della sua performance). La band esce in un tripudio di applausi; due minuti di applausi ed eccoli ricomparire per l’accoppiata “The Wondrous World Of Punt” e l’eterna “Blood Of Kingu” (cantata anche dai bicchieri al bar). I Therion salutano e se ne escono un’altra volta, ma l’audience sa che manca ancora qualcosa allo show, quella “To Mega Therion” che viene eseguita poco dopo e che mette il sigillo a due ore di show pulsanti e passionali.

Se una critica si può muovere all’act svedese, risiede nell’ancor acerba performance di Linnea Vikstrom, che se a livello vocale mostra ottime capacità, appare però impacciata e disorientata (specie al cospetto di Thomas e Lori). Grandi applausi a Thomas Vikstrom, capace di sostenere da solo tutte le parti vocali maschili, e soprattutto a Lori Lewis, le cui doti sono anni luce superiori a molte colleghe più blasonate. Christofer Johnsson ha ennesimamente dimostrato che seguire il proprio istinto è l’arma migliore. Come ha detto lui stesso “Ho quarant’anni e suono da venticinque. Spero di farne altri venticinque!”.