Che la musica dei Therion sia di nicchia, su questo non ci piove…anzi, proseguendo nella discografia la band si guarda ben dal rendere facili le cose ai propri fans, sciorinando album (vedesi “Gothic Kabballah” del 2007 e l’ultimissimo “Sitra Ahra” uscito da pochi mesi) che solo uno smisurato numero di ascolti riesce a rendere capibili e assimilabili. Ma tutto questo non è una ragione plausibile per così poco pubblico (al max trecento persone) accorso all’Alcatrazz meneghino, tanto che l’organizzazione ha preferito metterli sul palco b, quello frontale al bar. Poco importa a Cristopher Johnsson, lo show a cui assisteremo sarà impeccabile e perfetto in ogni sua virgola, impostato sugli ultimi 15 anni di carriera (ovvero tralasciando i primi quattro dischi) in modo da dar la possibilità ai quattro singers in azione di mettere in mostra qualità e coesione…
Sono le 19:10 quando la band norvegese sale sul palco. Poco conosciuti ai più e con un solo disco alle spalle, la band predilige il nuovo album che uscirà nel 2011 (ben 5 su 6). Il loro sound si avvicina ai primi Opeth, ma con una verve più darkeggiante e pomposa; l’accoglienza è comunque ottima e il poco pubblico presente (un centinaio di persone) gli rende omaggio invocandone il nome. Poco più di mezz’ora e la band scende dal palco tra applausi e ovazioni (dovute).
Pochi minuti di cambio palco ed ecco salire sullo stage il quintetto che porta il nome di Leprous…la band si presenta in toni eleganti e ‘drugheschi’, con camicie rossi e gilet da cerimonia. Il loro mix di death metal, crossover, rock psichedelico e jazz si impone sul pubblico per circa tre quarti d’ora, portando in auge un’ottima caratura strumentale e uno spiccato senso compositivo. Tutti gli estratti provengono dal loro unico disco uscito lo scorso anno, “Tall Poppy Syndrome”, e il pubblico rimane affascinato (ovvero a bocca aperta) per la scelta da parte del main group di un act tanto difficile come questo. Alle 20:40 la band saluta l’audience tra ovazioni e applausi.
L’attesa uccide…e quella maledetta mezz’ora è sembrata largamente eterna. Comunque alle 21:10 in punto le luci si spengono e su un’intro corta e leggera la band prende posizione. La curiosità è palpabile dato che tre quarti degli strumentisti sono recentemente cambiati e pure due vocalist su quattro sono nuovi…ma tutto andrà per il meglio. “Sitra Ahra” apre le danze cadenzata, seguita dall’immortale “Wine Of Aluqah”, dalla tenebrosa “Typhoon” e dalla poetica “The Perennal Sophia”, interpretata magistralmente da uno Snowy Show potentissimo e da una Katarina Lilja emotivamente struggente. La band è solida, anche se traspare ancora una certa acerbità nella coesione generale (non è facile ricreare il feeling che Thomas Karlsson e i fratelli Niemann avevano impostato nel corso di un decennio), ma ciò che sorprende sono i vocalist, impegnati tra performance e interpretazione (il palco, in fondo, è un piccolo teatro). “Hellequin” mette in mostra la verve recitativa del quartetto vocale grazie anche all’uso di maschere, mentre su un’inaspettata “Siren Of The Woods” assistiamo al momento più toccante della serata, con Thomas Vikstrom e Lori Lewis in auge e sopra le righe. Brani più famosi come “Blood Of Kingu” e “Ginnungagap” si alternano a vere chicce quali “Enter Vril-Ya”, “Call Of Dagon” e “Ljusalfheim”, passando per “Kali Yuga III”, per una furiosa rivisitazione del “Dies Irae” mozartiano e per una versione di “Clavicula Nox” in cui Lori Lewis e Katarina Lilja hanno emozionato quasi alle lacrime. Il concerto volge al termine con l’accoppiata “Lemuria e “Abraxas” (da “Lemuria” del 2004) e a chiudere lo show viene posta “Unguentum Sabbati”, uno dei brani meno diretti dell’ultimo disco che in sede live invece convince e trascina il pubblico, grazie a Snowy Show soprattutto. Nei bis c’è spazio per i due hit single della band, ovvero “Rise Of Sodom And Gomorrah” da “Vovin” e la ovvia “To Mega Therion” da “Theli” che fanno espodere l’audience presente. Applausi, acclami e corna alzate verso l’8piece svedese che, mai come oggi, ha dimostrato di essere capace di morire e rigenerarsi come la Fenice.
Per chi c’era è stato uno degli highlights di questo 2010 così strabordante di eventi…per chi non c’era, probabilmente s’è perso il concerto dell’anno.
SCALETTA:
Sitra Ahra
Wine Of Aluqah
Typhon
Perennial Sophia
Hellequin
Niefelheim
Siren Of The Woods
Voyage Of Gurdjieff
Ljusalfheim
Dies Irae
Ginnungagap
Kali Yuga III
Call Of Dagon
Calvicula Nox
Enter Vril-Ya
Blood Of Kingu
Lemuria
Abraxas
Unguentum Sabbati
Encore:
Rise Of Sodom And Gomorrah
To Mega Therion