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Tony Levin Trio

E’ difficile descrivere in modo dettagliato una serata simile, in compagnia di Tony Levin (Liquid Tension Experiment tanto per fare un esempio), Pat Mastelotto ( … qualcuno conosce per caso i King Crimson?) e lo straordinario Michael Bernier, ribattezzati stick men.
Prima di tutto, non sembra nemmeno di stare ad un concerto comunemente inteso: al Blue Note di Milano è possibile avere un tavolo per sé e per gli amici, con la possibilità di cenare prima o durante lo spettacolo. I tavoli sono anche ben vicini al palco, ed è possibile che possa capitare, come mi è effettivamente successo, di ritrovarsi vicini i musicisti prima che si esibiscano! Addirittura io stavo mangiando bellamente il mio risotto con salsiccia, quando mi sono vista Pat Mastelotto sedersi vicino a me, con Tony Levin vicino. Il rischio che mi andasse di traverso è stato molto alto, perché sono una che tende molto ad emozionarsi quando si trova vicina a dei musicisti e a dei veri artisti.
Insomma, si respira un’atmosfera assolutamente diversa rispetto ad un normale concerto, questo locale sembra fatto apposta per metterti a tuo agio e a godere appieno della musica che ti viene offerta per un’ora e un quarto circa.
E’ difficile anche descrivere brano per brano l’esibizione del Trio, poiché si tratta anche di un genere che non è alla portata di tutti: la musica fusion o la ami, o la odi, ma non è una questione di canzoni in sé, è una questione di armonia tra gli strumenti, la voglia di sperimentare, e la ricerca della diversità, della disomogeneità, nota dopo nota, battito dopo battito.
Il trio ci apre le porte verso un viaggio fatto di ritmi decisamente più rock e progressive, dove la batteria martella incontrastata, disegnando il proprio tracciato, diseguale, curva dopo curva, creando salite e discese ripide o dolci. Vi sono anche brani decisamente più jazz, all’insegna dei due stick men Tony e Michael; altri dove si sperimenta con le distorsioni e bizzarri effetti sonori, che sono capaci di proiettarci in un’atmosfera assolutamente psichedelica, all’insegna degli Anni ’70.
Un concerto all’insegna della libertà, delle piccole improvvisazioni e degli intermezzi di Tony nei suoi buoni ed efficaci tentativi di parlare in italiano. Ad un certo punto nel suo discorso sul mondo nomina la parola “melting pot”, e mi sembra quanto mai efficace nel descrivere anche il tipo di musica che ci ha proposto. Un viaggio che tocca molte regioni e lidi della musica, un viaggio senza confini durato un’ora ed un quarto, fatto tutto d’un fiato, e quasi non mi pareva che il tempo fosse volato così in fretta.