Leggendo una certa tipologia di libri e riviste ho capito che la proiezione dei nostri desideri deve avvenire prima nel nostro cervello; se diventa tangibile, se si riescono a toccare le nostre aspirazioni con mano, assaporandone l’amaro gusto della fatica e del sudore impiegati, significa che la strada è quella giusta e che, prima o poi, arriveremo ad ottenere il felice traguardo.
I Bejelit, credo inconsapevolmente, hanno perpetuato questa tecnica attraverso gli anni, arrivando in questa sede al quarto sigillo che suona come un ‘rischiatutto’; nonostante sia passato poco tempo dal superbo “You Die And I…” (visti i ‘delay’ tra le pubblicazioni passate), sembra di trovarsi al cospetto di una band diversa, sia in termini tecnici (vedrete a breve l’intervista) che a livello performante. Sarà l’ingresso di Marco Pastorino alle chitarre, sarà l’aver appianato alcune divergenze interne, ma “Emerge” infonde una sicurezza ‘professionale’ che mai è stata a questi livelli per il combo novarese.
Il songwriting mette come sempre le proprie basi su un heavy metal granitico, infarcito di doppie casse e di un retrogusto power che rende il platter più positivo e diversificato; notevole il lavoro prestato in fase di arrangiamento, sempre ben basato su orchestrazioni e piano/keys azzeccate, ma che contempla anche percussioni, parti di violino e di fisarmonica che rendono “Emerge” avvincente dalla prima all’ultima traccia. La produzione è tagliente e fredda, così come i suoni si integrano a formare un vascello inaffondabile sul quale si posa la voce di Fabio Privitera, le cui dote canore si fondono di autentica espressività. La manina dorata di Nino Laurenne (Sonic Pump Studios) così come l’artwork di Seth Siro Anton fungono da ciliegina sulla torta…
So di aver già effettuato uno studio report dettagliato, ma come non citare songs come “C4” o la successiva “Don’t Know What You Need” come le più immediate, assieme al singolone “Emerge”…ma il vero estro esce con i capitoli più ‘sperimentali’, come l’opener “The Darkest Hour” (che arrangiamenti!), “Triskelion” (uno degli highlight) e l’intensa “Deep Water”. Applauso meritato anche dalla acustica “Boogeyman” e dalla più scanzonata “We Got The Tragedy”, che danno una visione caleidoscopica ai quasi settanta minuti di “Emerge”.
Se con “You Die And I…” la decisione di alzare il livello è stata annunciata al mondo, con “Emerge” arriviamo a constatare che niente può fermare i Bejelit da questo momento. Un disco potente, ricco, ben filtrato e servito come un coctail alcolico spaccagambe, dal quale riprendersi sarà dura.
“You Die And I…” meritò questo voto per il coraggio di cambiare atteggiamento e per l’umore nero che permeava le strutture, “Emerge” lo merita per la professionalità e per il salto di qualità nel songwriting.