Anche le belle favole, prima o poi finiscono: l’importante è donare a chi da sempre ti ha dato supporto un finale che sia degno di gloria e maestosità! Qualcuno, in ogni caso, la parola ‘fine’ la deve apporre ad ogni storia, prendendo il coraggio a due mani e riconoscendo a se stesso che è ora di proseguire in maniera diversa.
All’undicesimo rintocco, i Candlemass decidono di terminare sia la produzione di dischi in studio, ritagliandosi unicamente spazio per tour e festivals ,che il rapporto con il cantante Robert Lowe, per presunta incapacità a far rendere le songs dal vivo, che aveva magicamente interpretato i pensieri cupi di Leif Edling e soci sulle ultime uscite discografiche (“King Of Grey Islands”, “Death Magic Doom” e, appunto, quest’ultima fatica). Ad ogni modo, in questa sede, non è il futuro della band che ci interessa (si vocifera l’ingresso di Mats Leven), ma il nuovissimo lavoro della band.
Approdato fresco fresco sotto Napalm Records, il quintetto sciorina nove tracce che racchiudono tutta l’essenza del sound maturato in quasi trent’anni di carriera. Il songwriting rimane cupo e oscuro come sempre, caratterizzato dal grande lavoro di chitarre e dalla voce sempre profetica e allarmante, anche se rispetto al predecessore (“Death Magic Doom” del 2009) sembra che vi sia una maggiore ‘spinta’ verso lidi decisamente più heavy. “Psalm For The Dead” ha in se una produzione caotica e polverosa, un asso nella manica per la band svedese che dimostra di aver studiato il nuovo genito a fondo, delle performance live come sempre (in certi stacchi si sente la ‘umanità’ dei musicisti) e dei suoni opprimenti e neri come non mai; il mixing è volutamente ridondante mentre il mastering è l’unico punto in cui la band denota uno sguardo verso il futuro…
Le ‘legnate’ principalmente le troviamo con l’opener e song conclusiva del disco, ovvero l’energica “Prophet” e la più ariosa “Black As Time” (con tanto di intro inquietante)…”The Sound Of Dying Demons” è un vero attacco doom dalla cadenza funerea, dove entra in gioco anche una certa suggestione, mentre con “Waterwitch” e “Psalm For The Dead” i ritmi appaiono più sostenuti e violenti. Applausi per le strutture di “The Lights Of Thebe” e per la più orchestrata “Dancing In The Temple (Of The Mad Queen Bee)”, i due veri capolavori del disco, mentre “Siren Song” e “The Killing Of The Sound” strizzano l’occhio alle esperienze più datate del combo di Stoccolma.
I Candlemass ci regalano un addio degno del loro carisma; ad ascoltare i Candlemass del 2012 c‘è da incazzarsi, perché vien difficile pensare che una band che ha ancora numerose carte da giocare decida di fermare il proprio ego compositivo. “Psalms Of The Dead” è un must, un’opera completa e ricca da scoprire a ogni ascolto. Da veri maestri, i Candlemass concludono la propria carriera discografica nello stesso modo con cui l’hanno cominciata: intelligentemente. Stupendo, da avere.