Difficilmente si riesce a fare tris. Oddio, è capitato in passato a molte band di cesellare tre gioiellini consecutivi facendo contenti pubblico e critica ma, specialmente oggi giorno dove la ‘richiesta’ è morbosamente famelica, rappresenta un traguardo degno del più impavido degli eroi.
Nel caso dei Circus Maximus il punto di partenza è stato incredibile, a tal punto che il debut del 2005 sia considerato come uno dei più interessanti album progressive metal degli ultimi anni. ”Isolate”, due annetti più tardi, mostrerà una band in fase di maturazione continua, con idee più personali e un sound melodico meglio elaborato. A quattro anni e mezzo di distanza “Nine” rappresenterebbe la terna completa, il disco che avrebbe portato l’act norvegese a livelli ancora più alti.
Invece qualcosa si è perso per strada: il songwriting, per quanto accattivante e avvincente, non riesce a far centro come in passato, complice una ‘strana’ ripetitività delle strutture e un tentativo di rendere le ritmiche ancora più aggressive che lascia un po’ perplessi. A livello strumentale la band è paurosamente impressionante, con performance che rasentano la perfezione e esemplificano la perfetta coesione tra i componenti; la produzione è oscura e limpida, come una notte nella nazione scandinava, mentre i suoni sono incredibilmente indovinati, precisi e affilati come lame ma senza perdere quella ‘lucidità’ tipica del prog metal.
Se l’inizio è impattante (ma non imprimente), con “Forging” e “Architect Of Fortune” a brillare, già da “Namaste” qualcosa scricchiola. ”Game Of Life”, “Reach Within” e “I Am” sembra cerchino di avventurarsi lungo un percorso scosceso e difficile, al punto che la successiva “Used” rappresenta il punto più basso di queste dieci songs; per fortuna i Circus Maximus hanno ancora qualcosa da mostrarci e il livello torna alto con “The One” e con la conclusiva (e lodevole) “Last Goodbye”.
Cari fans del 5-piece norvegese state tranquilli, “Nine” non è un disco da buttare o da dimenticare: si tratta di un disco riuscito solo a metà, con brani rappresentativi e capitoletti non all’altezza di quanto prodotto precedentemente. Ad ogni modo, rimangono una conferma di professionismo…