Quando nasci e cresci in un certo modo, non ci sono storie, tutta la tua arte risente degli ‘influssi vitali’. Ci sono band che si sbizzarriscono a cercare sempre qualcosa di nuovo, altre invece cambiano rotta prima che la crisi di idee (o peggio ancora, la noia) fungano da deterrente; e poi c’è chi segue sempre la propria via, quella che sente dentro e che mai tradirà in eterno.
Ora bestemmio: i Grave Digger sono gli Ac/Dc del heavy metal! Ah ah…sento già fiumi di imprecazioni arrivarmi addosso. Seriamente, se cercassi un esempio di band dal grande spirito e dalla solida incorruttibilità, credo che i Grave Digger sarebbero la prima scelta. A due anni da “The Clans Are Marching Again”, dischetto che aveva la presunzione di rievocare i fasti di “Tunes Of War”, i nostri approdano sulle coste greche e si cimentano con la mitologia dell’Ellade. Come sempre, da scafati autori di concept album, i Gravedigger riescono ad abbinare musiche e lyrics con estrema semplicità, dato anche il valore consistente del songwriting.
La produzione è feroce e scarna, come sempre nel caso dell’act teutonico, i suoni sono freddi e pungenti mentre le performance sono mirate al tiro e al sostenimento delle lyrics (sempre meno urlate) del buon Chris Boltendhal. Maggior cura è stata riposta nel mixing, dove tutto appare bilanciato, e nel mastering che, in questa sede, non uccide i piccoli arrangiamenti rendendoli inudibili.
A partire dall’intro “Charon” (curiosamente cantata in tedesco), si passa a veri assalti di fiamme e fuoco come “God Of Terror”, “Clash Of The Gods” e “Walls Of Sorrow”. I Gravedigger più tradizionali (e vincenti) arrivano con “Helldog”, “Medusa” e “Death Angel & The Grave Digger” (anche se quel riff palesemente copiato dalla mitica “Heavy Metal Breakdown” lascia un po’ di amaro in bocca), così come “Warrior’s Revenge” mostra lo status di forma del quintetto; chiude il singolone “Home At Last”, a dir il vero la canzone meno riuscita del platter, un midtempo che non lascia segno.
Dai Grave Digger ci si aspetta solo tiro, velocità, grandi cori e headbanging; benchè ci troviamo lontani dai capolavori “Tunes Of War” e “Gravedigger”, “Clash Of The Gods” rimane uno dei lavori migliori degli ultimi tempi, profondamente ispirato e altrettanto magicamente messo su traccia.