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HORSEBACK – Half Blood

L’album più schizofrenico dell’anno? Ci si può scommettere fino all’ultimo centesimo senza rischiare di finire al verde, perché gli Horseback hanno realizzato un disco che si può definire psicotico addirittura a tre strati di follia sovrapposti. Per chi non avesse dimestichezza con la band della Carolina, bisogna spiegare che Horseback è sostanzialmente un progetto del polistrumentista e cantante Jenks Miller, uno di quei soggetti che si nutre di musica e divora quasi ogni genere alternativo esista sulla faccia della terra, cercando poi di condensarli nella sua creatura usando il suo stile unico. Le prime due tracce di Half blood sono quasi “canoniche”, almeno secondo lo stile di Jenks.

La cosa migliore per capirle sarebbe ascoltarle, perché una definizione scritta difficilmente rende giustizia allo stile degli Horseback, ma provo a fare del mio meglio. L’attitudine si avvicina molto al post-hardcore, ma con tempi molto più dilatati, un mood abbastanza positivo e lisergico, tendenzialmente ipnotico nella scrittura musicale, coadiuvato da una strumentazione e dei suoni parecchio vintage. Sulle vibrazioni positive che va a creare la musica si accanisce però la voce di Jenks, aspra, ruvida e cattivissima, quasi come che volesse sfregiare il lato più dolce della sua personalità e creare un conflitto costante tra i due lati del suo estro musicale. Proprio quando ci si comincia ad abituare a queste stranezze ed apprezzarne le mille sfaccettature, ecco che dal nulla compare un brano interamente elettronico che cambia completamente le carte in tavola! “Inheritance” fa sembrare Metal machine music di Lou Reed una filastrocca zuccherosa per bambini: tappeti di suoni disturbanti su cui si poggia un synth che ripete all’infinito una nota e una chitarra che si lancia nel noise più assoluto ad alienante. Le delicate note di pianoforte nella parte finale, ancora una volta una netta contrapposizione tra sensazioni positive e negative, giungono sostanzialmente come una liberazione e fanno rifiatare dopo una sofferenza che raggiunge quasi livelli fisici. Decisamente un brano strano e criptico, che comunque spalanca le porte ad “Arjuna”, canzone decisamente più elettrica e probabilmente il punto più alto di Half blood. Qui lo stoner irrompe nella composizione, così come quella particolare psichedelia che fa ciondolare la testa quasi inebetiti, per un brano che grazie alle sue rullate quasi costanti sembra sempre un crescendo. Ma l’esplosione non c’è mai, perché gli Horseback vivono anche di un certo minimalismo sonoro, quindi il culmine lo si raggiunge in realtà nell’implosione stessa del brano, quando le tastiere nella coda cullano delicatamente verso uno stato di trance. Il trittico conclusivo “Hallucigenia” è un viaggio lunghissimo attraverso territori ambient e drone che spinge l’ascoltatore verso stati di estasi o paranoia totali, a seconda delle sensazioni personali. Se nella prima parte l’uso della voce ancora più aspra e cadenzata può spingere la proposta musicale ai confini del depressive black e risultare interessante e particolare, gli ultimi 18 minuti interamente strumentali, molto vicini al drone psichedelico, rischiano di stancare chi aveva apprezzato i brani “suonati”.

Il titolo stesso dell’album, Half blood, spiega la natura stessa di questo lavoro così ambivalente e disomogeneo, che sembra quasi essere stato composto sotto gli effetti di LSD, alternando momenti esaltanti a bad trip che rovinano un po’ l’esperienza generale. Esperimento riuscito a metà ma comunque da provare, quantomeno per sentire qualcosa di veramente unico nel panorama musicale attuale.

  • 7/10

  • HORSEBACK - Half Blood

  • Tracklist
    1. Mithras
    2. Ahriman
    3. Inheritance (the changeling)
    4. Arjuna
    5. Hallucigenia I: Hermetic gifts
    6. Hallucigenia II: Spiritual Junk
    7. Hallucigenia III: The emerald tablet

  • Lineup

    Jenks Miller: voce, strumenti