Ci sono piccoli fattori, nella vita, che rendono un’analisi piuttosto complessa: c’è l’influenza esterna, ci sono i mitici dubbi sulle proprie capacità di comprendere ciò che si sta passando al microscopio e entra anche la tendenza perfida a voler forzatamente far affiorare il maggior quantitativo di difetti. Ma il bello della musica è che è personale e ognuno la vive a suo modo.
Perdonatemi la prolissa introduzione, ma gli Huntress mi hanno fatto diventare matto. Giusto per presentarveli, sono un quintetto made in USA che si affaccia sul mercato discografico (quello che conta) per la prima volta con questo “Spell Eater”; hanno dalla loro una invidiabile esperienza live (riconosciuta anche a alti livelli) e non per questo l’austriaca Napalm Records si sta prodigando in ogni modo per pomparli a più non posso…il loro genere non è facilmente decifrabile, anche se l’etichetta li consegna al mondo come ‘heavy metal’; in realtà si passa dal power al thrash, girando ogni tanto per l’hard’n’heavy, basando la propria musica sulle capacità di Jill Janus, vocalist che in molti momenti riesce simpaticamente a ricordarmi la Doro più incazzosa…
A livello tecnico “Spell Eater” è un grande lavoro: produzione degnamente seguita, suoni caldi potenti che ti percuotono per tutte le dieci tracce, performance musicali ad hoc (senza infamia ne lode) e una discreta maturità nel concepire arrangiamenti e parti solistiche…le songs funzionano, ma c’è sempre qualcosa che non riesce ad arrivare completamente; ovviamente trattandosi di un debut ci troviamo al cospetto di un lavoro davvero consistente e ricco di sapore, ma al parere del sottoscritto è proprio la voce grintosa della vocalist che in certi momenti non lega con il resto.
Su canzoni come “Spell Eater”, “Sleep And Death” e “Eight Of Words” riusciamo a trovare una quasi perfetta affinità tra strumenti e musica, ma se prendiamo in considerazione “Snow Witch”, “Aradia” o “Terror”, l’eccessiva aggressività messa in gioco dalla talentuosa Jill rovina il fluire delle strutture, arrivando in un paio di momenti ad essere pressochè insopportabile (e faccendo skippare la traccia).
Sicuramente degli Huntress sentiremo parlare parecchio in futuro, visto che di sostanza ne hanno da vendere. L’importante è crescere e riuscire a trovare un miglior modo per combinare i due elementi fondamentali (voce e ritmiche), con la soddisfazione di poter estrarre dal cilindro ‘l’asso di spade’ invece che il misero otto.