Prima di scrivere del disco in questione, è necessaria una breve premessa: siamo di fronte ai Keep of Kalessin 2.0. Considerate che in questo progetto è coinvolto Thebon, il cantante dei Kalessin, e che il chitarrista di questi ultimi, Obsidian C., è il fratello del signor Grønbech, la mente dietro i Khonsu. Questa rete di rapporti permette di capire per quale motivo in più frangenti sembra di ascoltare i Keep. Un altro nome che può venire in mente se si considera l’elemento dell’atmosfera ed i momenti più riflessivi e pacati, come l’intro della conclusiva “Va Shia”, è quello degli Oranssi Pazuzu. L’affinità stilistica tra Kalessin e Khonsu è certamente limitante per questi ultimi in termini di varietà creativa, ma non gli impedisce di consegnarci un disco decisamente piacevole, che coinvolge e si lascia ascoltare agevolmente nonostante il minutaggio elevato (arriva quasi all’ora).
Chi – come il sottoscritto – conosce a sufficienza i Keep of Kalessin, avrà quantomeno intuito a cosa andrà incontro nel momento in cui deciderà di ascoltare “Anomalia”. Da una parte c’è il metal catchy, irruento e melodico che abbiamo già avuto occasione di ascoltare in “Reptilian”; dall’altra c’è quell’atmosfera eterea, spaziale ed un po’ desolante che Obsidian & co ci hanno regalato con “Kolossus”. L’unione di questi due elementi ha permesso ai Khonsu di scrivere un disco decisamente suggestivo che fa sentire l’ascoltatore piccolo piccolo, mettendolo di fronte ad un ipnotico teatro di suoni e luci nello spazio profondo. Le luci in questo caso sono blu: godete della freddezza dell’artwork di “Anomalia”. Vi introdurrà alla musica dei Khonsu.
Prima di concludere, mi pare necessario citare qualche titolo particolarmente degno di essere ascoltato: “In Otherness”, “Inhuman States”, “Va Shia (Into The Spectral Sphere)”.
Questo disco potrebbe essere definito un plagio dei Keep of Kalessin. O anche un lavoro di gelido e non richiesto mestiere. Io ho scelto di premiare un prodotto gustoso che offre un’oretta di musica con le idee al posto giusto. E non è poco.