Ci sono tanti buoni motivi per fare musica oggi giorno…quello primario, per il sottoscritto almeno, sta nel messaggio che viene inserito nelle songs, in cui il binomio liricostrumentale possa abbinarsi e fondersi per lasciare quel ‘qualcosa’ all’ascoltatore…e chiunque provi a far questo e lo ponga alle orecchie del mondo, di qualunque genere si tratti, dovrebbe essere degnato di un ascolto…
Quello degli OM, duo statunitense che tempo dietro ci aveva già fornito un assaggio della propria creatività (quel “Pilgrimage” ancora per molti tratti acerbo e scontato), è un messaggio difficile da capire…si potrebbe molto più facilmente congedarli con un misero ascolto, visto il prodotto non proprio adatto a tutti…”God Is Good” è qualcosa di più di un miscuglio rockdoompsichedelico…nonostante la produzione mediocre e la resa live dei suoni (in alcuni momenti risulta piuttosto discutibile la qualità), ci troviamo di fronte a una band che cerca di miscelare al ‘rock oscuro’ delle contaminazioni orientaleggianti o arabeggianti, unendo delle lyrics sussurrate e a tratti parlate che ineggiano a percorsi di vita sulle mitiche strade raccontate nei libri religiosi.
A livello di performance il duo CisnerosAmos ci regala una prova lineare, che serve a sorreggere un songwriting basilare e fermo, in cui sono gli arrangiamenti ad apparire come la vera ciliegina sulla torta. I venti minuti dell’opener “Thebes” che si snodano in una suite in crescendo (la batteria entra quasi all’ottavo minuto) forse sono l’esempio migliore della scelta musicale della band, dove ritornano in auge certe scelte compositivostrutturali care alle realtà di fine anni 60 (Pink Floyd su tutti), lasciando a un lieve strato di psichedelia il compito di plasmarne a pieno la forma. Anche “Meditation Is The Practice Of Death” gira sulla stessa ruota, cavalcando un mid tempo doom che appare più pressante e opprimente con l’innesto della voce. Le conclusive due parti di “Cremation Ghat”, entrambe strumentali, portano le onde su atmosfere meno meditative e sinistre, specie la parte II, piccolo vero gioiello di questo platter.
Difficile amarli, molto più facile snobbarli o ignorarli…non è il disco del secolo, e non è nemmeno un capolavoro. Ma è autentico.