Se vi chiedessero ‘come’ sareste dopo trent’anni cosa rispondereste? Vivi? Morti? In forma? Rincretiniti? Credo che nessuno possa saperlo. Si può solo cercare di mantenere viva quella parte fanciullesca presente in noi, di essere capaci di meravigliarsi e di meravigliare anche con i capelli grigi, di vivere facendo quel che più piace e di saper rinnovare il proprio spirito.
I Saga hanno fatto tutto questo: ”2020” taglia il traguardo della ventesima uscita inedita, riportando in sella alla band Micheal Sadler, voce carismatica e indomabile polistrumentista che ha contribuito a donare all’act canadese quel qualcosa in più. Il progressive/AOR messo in queste dieci tracce risente ancora di quel recente passato (Sadler è rientrato quando i brani erano già pronti), ma è riscontrabile una certa verve frizzante che, in molti casi, impone una band ancora capace di fare passi avanti.
La produzione solare funge da trampolino per una serie di songs quasi completamente keyboad oriented, dove una ricerca smisurata di suoni (in abbinamento a strumenti come il clarinetto o l’armonica) dona una rotondità piacevole; le performance sono degne di musicisti scafati come i fratelli Crichton o il duo Gilmour/Doerner, senza eccessivi fronzoli, mentre è da annoverare la prova vocale del ‘figliol prodigo’ Sadler, capace di dominare gli altri strumenti senza scendere nella volgare tirannia.
Ascoltando “Six Feet Under” o “One Of These Days” ci si accorge come i Saga abbiano un tiro eccezionale nonostante la particolare predilezione per le melodie. ”Anyway You Wanna Go”, “Ellery”, “Lost For Words” e la conclusiva “Till The Well Runs Dry” rappresentano gli highlight di un songwriting certamente non perfetto (se paragonato alle vecchie glorie) ma capace di suscitare interesse e, perché no, di apparire moderno; anche “Spin It Again” e “Another Day Out Of Sight” mostrano gli autentici tratti del Saga-sound, pur rimanendo leggermente sotto il livello di tensione dell’album.
“2020”, riconosciamolo, è un trattato di pace con i fans della vecchia guardia, quelli che avevano mal digerito un disco come “The Human Condition” e la voce di Rob Moratti…intenso, preciso e ammaliante: la Saga continua…