Loading

SHINEBOX – Into the great void

Potrei indorare la pillola in tantissimi modi, ma ho sempre creduto che la sincerità paghi e quindi spiattello brutalmente la verità in faccia a chi interessa e ammetto che gli Shinebox mi sono piaciucchiati anche se sono in ritardo di almeno dieci anni per potere risultare interessanti. Mica poco. La loro ispirazione principale, a mio avviso, sono quel signor gruppo che furono i Finch che una mezza vita fa fece il botto mescolando post-hardcore e melodie pop-punk creando uno stile personale arricchito da un classe ed un gusto fuori discussione. Oggi, anno domini 2012, i nostri Shinebox se ne escono con un album che prende quelle influenze, chiamiamole pure emo senza vergognarci troppo, aggiungendoci però un po’ di roba più muscolare alla Underøath che bisogna aggiornare il suono e piacere anche alle nuove leve che se non c’è un po’ di metalcore dentro fa tutto schifo. Ora in apertura ho detto che Into the great void mi è piaciucchiato, vuoi perché i ritornelli sono azzeccati, qualche breakdown risulta gradevole, la registrazione è scarna ma per questo anche genuina, ma bisogna guardare in faccia la realtà ed ammettere che di acqua sotto i ponti dal vecchio millennio ne è passata. Se un genere come lo sludge può essere attuale oggi come vent’anni fa, una moda passeggera come fu questo tipo di musica può far sorridere chi come me all’epoca giusta si è ascoltato roba buona come Juliana Theory e Dufresne e anche merda come Matchbook Romance e Silverstein, ma apparire sostanzialmente inutile alle orecchie di chi è novizio a queste sonorità. I lati buoni li ho già descritti, i difetti sono quelli caratteristici del genere, solo più macroscopici del solito, ossia una certa prevedibilità nel songwriting, appesantita ulteriormente da una reiterazione del ritornello che viene riproposto infinite volte per ogni brano per essere certi che si parassiti nel cervello dell’ascoltatore. Mossa sleale degna dei peggiori Backstreet Boys. La voce del frontman Igor Lorenzetti è poi sì bella e melodica, ma difetta pesantemente di personalità e più di una volta dà quella sgradevole impressione di tremolio, mentre mi è piaciuta molto di più quella deputata a cori e urla, potente e rabbiosa. Sinceramente non credo che ci sia altro da dire, se non che questo è un album che consiglierei solamente agli emo dei tempi che furono che sono malauguratamente sopravvissuti a vari tentativi di tagli delle vene con le lamette e vogliono ritrovare i sentimenti e i cuori infranti delle loro inutili adolescenze. Per tutti gli altri un disco superfluo e perfettamente ignorabile.

  • 5/10

  • SHINEBOX - Into the great void

  • Tracklist
    1. We came as pirates
    2. No use for long speeches
    3. I give you nothing because nothing is what I've got
    4. Postcards from the ocean
    5. Into the great void
    6. Finding the right words
    7. Reason to care
    8. My life in grey
    9. Between earth and universe

  • Lineup
    Igor Lorenzetti. voce
    Emanuel Di Pietro. chitarra, voce
    Filippo Marsili. batteria
    Pierpaolo Battaglia. basso