Il loro ottimo demo del 2010 aveva fatto nascere grandi speranze, l’album del 2012 non ha fatto che alimentarle: si parla degli italianissimi Wind Rose e del loro debut “Shadows over Lothadruin”.
Basato su una storia fantasy scritta dal chitarrista Claudio Falconcini, l’album è imponente, in tutti i sensi: sedici tracce per più di un’ora d’ascolto, un salto indietro nel tempo in uno scenario epico alla Blind Guardian con sfumature prog, che non guastano.
Dopo la suggestiva introduzione narrata di “Awakening”, apre le danze “Endless Prophecy”, classico pezzo dai riff potenti e una ritmica che non lascia un attimo di respiro; in “Siderion” si avverte la fusione della musicalità medievale con le dissonanze progressive. Come in ogni album epic che si rispetti, non potevano mancare le ballad: “Son of a thousand nights”, dolce e triste ma non particolarmente emozionante, fa sentire l’influenza degli Angra; “Moontear sanctuary”, un brano d’effetto, toccante, colpisce dritto al cuore di chi ascolta.
In “The fourth vanguard” e “Majesty” l’abilità tecnica della band è ben messa in mostra: il solo di tastiera in stile Rhapsody, i virtuosismi della chitarra di Claudio Falconcini, i cori altisonanti, e ultime ma non meno importanti le notevoli prestazioni vocali di Francesco Cavalieri.
E arriviamo dunque al rovescio della medaglia: la durata considerevole di alcune canzoni (si pensi a “Majesty”, “Led by light” e “Close to the end”, che oscillano tra i sette e gli undici minuti) potrà compiacere gli appassionati del symphonic a tinte nordeuropee ma allontana di certo gli ascoltatori meno pazienti ed estranei al genere; le cinque tracce narrative vanno a rendere difficoltoso l’ascolto di un album già complesso di per sé per la ricchezza di contenuti.
“Shadows over Lothadruin” è l’ottimo lavoro di una band ad alto potenziale, da cui potersi aspettare grandi cose senza rimanere delusi.